La capacità di osservazione e la preparazione scientifica dei bambini e dei giovanissimi stupisce sempre di più. Naturalmente gli stimoli che ricevono sono sempre maggiori e anche la relativa facilità con cui riescono ad accedere ad informazioni di base che possono aiutarli a comprendere il mondo che ci circonda.
La curiosità poi è un elemento fondamentale che fa da trampolino per nuove scoperte e ricerche, da sempre. E’ stata una combinazione di tutte queste cose, insieme ad una progetto scolastico di scienze, che hanno fatto sì che una ragazzina di soli 13 anni, Lauren Arrington, abbia ottenuto dei risultati notevoli per la biologia marina.
Come riporta il Palm Beach Post, Lauren si era semplicemente proposta di studiare un particolare tipo di pesce predatore estremamente invasivo: il pesce leone (Pterois volitans).
Questo pesce, di origine non autoctona, sta mettendo a rischio le coste della Florida dove Lauren vive perché sta velocemente distruggendo le specie locali e potrebbe far scomparire il 90% delle coste.
Mentre era a pesca con il padre, un biologo marino (buon sangue non mente), la ragazza osserva un pesce leone nei pressi della foce del fiume Loxahatchee e si prefigge di studiare fino a che punto questo pesce possa essere pericoloso e se fosse stata possibile, come sembrava, la sua risalita sul fiume, cosa che avrebbe potuto, in breve tempo, mettere a repentaglio un intero ecosistema.
I pesci leone hanno un’apparenza davvero strana,
quasi mostruosa e che sembra appartenere alla notte dei tempi. Sono striati e dotati di spine avvelenate su tutto il corpo e sono conosciuti per avere un appetito enorme, quasi insaziabile. La loro origine è nell’Oceano Pacifico, diffusi in tutto il sud-est asiatico.
Lauren inizia a studiare l’adattabilità del pesce leone nelle acque dolci e il suo comportamento con le altre specie. Per due settimane diluisce l’acqua salata in una vasca con cinque pesci leoni catturati.
Scopre che possono sopravvivere fino a ridurre di 1/6 la salinità dell’acqua dell’Atlantico. Si ferma solo quando capisce che avrebbe potuto uccidere i pesci e il suo progetto non sarebbe più potuto essere presentabile a scuola.
Alcuni scienziati si sono subito mostrati interessati alla sua ricerca scolastica e hanno riconosciuto la validità del suo lavoro, condotto con grande rigore, e hanno deciso di continuarla.
La pubblicazione scientifica uscita lo scorso Febbraio “the Environmental Biology of Fishes” la cita come fonte e le riconosce un vero tributo come riportato dal Sun Sentinel.
Un enorme risultato per una ragazzina di quell’età che si rivela molto promettente.
Questi studi, oltre a rivelare la grande pericolosità che potrebbe potenzialmente avere la diffusione del pesce in acque dolci, possono supportare la ricerca nel tentativo di limitare la sua espansione, a discapito di altre specie.
Fonte: Aol