“Si avvisano i cittadini che fino al 31 dicembre 2014 è vietato l’utilizzo dell’acqua per il consumo alimentare, l’igiene personale e per altri usi nelle zone dei Municipi XIV (ex 19°) e XV (ex 20°) servite dagli acquedotti dell’Arsial: Malborghetto, Camuccini, Piansaccoccia, Monte Oliviero, Santa Maria di Galeria, Brandosa, Casaccia-S.Brigida.
Già dal pomeriggio di oggi, domenica 2 marzo, si provvederà ad assicurare la fornitura idrica con punti di rifornimento sul territorio.
Si tratta di un provvedimento di tipo precauzionale e senza carattere d’urgenza.”
E’ questo il comunicato pubblicato (appena tre ore fa) sulla pagina Facebook ufficiale di Roma Capitale.
Detta comunicazione informa la cittadinanza della promulgazione di un ordinanza comunale datata 21 Febbraio 2014 e protocollata presso il Dipartimento Infrastrutture e Manutenzione Urbana del Comune di Roma il giorno 24 Febbraio.
L’informativa raggiunge la cittadinanza, attraverso lo strumento del social, ben 10 giorni dopo la pronuncia dell’ordinanza e solo oggi (come si legge nel comunicato, che invece recita “già oggi”) si incomincerà ad assicurare la fornitura idrica a chi non può utilizzare l’acqua del proprio rubinetto.
La notizia è trapelata ed è stata resa nota dalla stampa prima ancora che il Comune informasse i cittadini, questo “ritardo” sta facendo discutere (tuonano anche gli utenti Facebook – vedi foto qui allegata)
L’acqua che scorre attraverso le condutture degli acquedotti dell’Arsial non è potabile, ma non può nemmeno essere usata per cucinare o per lavarsi.
Il comunicato parla genericamente di “altri usi”.
Certamente, dinnanzi a questa definizione, è lecito domandarsi se non si intenda “sconsigliabile” ogni utilizzo . Si sta forse suggerendo al consumatore di non aprire i rubinetti?
Il “divieto” sulla pagina Facebook viene definito come precauzionale, questa definizione innesca una contraddizione linguistica difficile da comprendere perché se di precauzione si trattasse sarebbe inutile e non proficuo parlare di divieto, mentre sarebbe conveniente e opportuno parlare di consiglio o indicazione d’utilizzo dell’acqua.
Precauzione o divieto che sia, resta il fatto che per ben 10 mesi dovranno “restare all’asciutto” le case di oltre quattromila abitanti di Roma Nord: l’acqua che esce dai rubinetti di questi cittadini, consumatori e contribuenti è stata dichiarata come non è sicura.
Di quest’acqua è stato detto che contiene agenti chimici pericolosi.
L’esame delle acque è stato effettuato dall’Asl Roma C, il referto è chiaro: acqua con caratteristiche non adatte al consumo umano.
L’Ordinanza è disponibile in rete a questo indirizzo: http://comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/acquedotti_arsial.pdf
Primavalle, Labaro e Giustiniana sono le aree colpite dal disagio.
Affinché la fornitura idrica ritorni sicura l’acquedotto va risanato. In che modo l’amministrazione intende porre rimedio?
Il sindaco Ignazio Marino ha dato mandato all’Acea di risanare gli acquedotti “incriminati”. Tali acquedotti, però, al momenti sono gestiti da Arsial, l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura.
Affinché il loro ripristino possa essere affidato ad Acea, gli acquedotti coinvolti dovranno essere oggetto di un trasferimento a Roma Capitale, solo in un secondo momento potranno passare da Roma Capitale ad Acea. (In pratica burocraticamente è necessario un doppio trasferimento di competenze e responsabilità.)
Ma non è finita qui, la situazione si complica per una norma che regolamenta i rapporti tra Acea e Roma Capitale: Acea, per statuto, può acquisire solo reti idriche perfettamente a norma e quella dell’Arsial, almeno per il momento, non è affatto a norma.
«Siamo aperti a qualsiasi acquisizione – dicono fonti di Acea – per il momento Ato 2 sta procedendo alla sistemazione della rete Arsial con fondi della Regione, ma dobbiamo ancora fare una valutazione dell’impatto finanziario che questa operazione avrà sulle nostre casse». (Fonte Il Messaggero)
Ai cittadini dovrà essere assicurata la fornitura di acqua, ciò sarà fatto (almeno secondo i piani) mediante punti di rifornimento dislocati sul territorio. 300 le vie oggetto del provvedimento secondo l’ordinanza promulgata dal sindaco.
In pratica taniche alla mano i cittadini dovranno recarsi presso autocisterne posizionate nelle pubbliche vie e dovranno caricarsi l’acqua che gli occorre. L’acqua deve bastare a far tutto giacché con quella del rubinetto pare che non sia possibile nemmeno lavarsi. Di fatto le quantità d’acqua che i cittadini dovranno trasportare dalle autocisterne alle abitazioni non sono irrilevanti e il disagio è enorme se si considera che questi trasporti eccezionali dovranno susseguirsi per ben 10 mesi.