Nonostante due condanne per moleste su minori, un bidello, originario della Campania, ha continuato indisturbato a lavorare presso diversi istituti scolastici di Roma, a stretto contatto con i bambini, fino alla terza denuncia seguita da un ulteriore condanna.
È una triste realtà italiana fatta di falsi dichiarati che, accantonati e non opportunamente controllati e/o verificati, “purificano” chi di fatto pulito non è.
Tentativi, purtroppo ben riusciti, di rifarsi, ma solo sulla carta, una nuova vita, di rendere lindo un passato impuro, agendo nuovamente indisturbato, cadendo ancora una volta in tentazione, “collezionando” nuove piccole amicizie e rendendo le stesse delle nuove giovani vittime.
Ma torniamo ai fatti.
R.C., 62enne campano, ha lavorato indisturbato come bidello per circa 20 anni presso diversi istituti scolastici nonostante su di lui pendessero ben due condanne per molestie sessuali su minori.
Come è stato possibile tutto ciò?
L’uomo, nell’effettuare le domande di assunzione, forniva autocertificazioni false, omettendo i suoi precedenti e dichiarandosi incensurato.
La prima condanna.
La sua prima denuncia risale al 1991 quando fu accusato di violenza sessuale su un minore. Fu poi condannato, con sentenza definitiva emessa otto anni più tardi (1999), ad un anno e 9 mesi. La pena fu patteggiata e sospesa, ovvero l’accordo tra le parti gli evitò il carcere pur “macchiando” la sua fedina penale.
Per nulla “avvilito” da tutto ciò, l’uomo presenta domanda presso un nuovo istituto scolastico fornendo, come detto in precedenza, un’autocertificazione che lo rende incensurato.
La seconda condanna.
Nel 2005, mentre lavora presso una scuola media romana, l’istituto “Gioacchino Belli”, C. subisce una seconda denuncia per molestie verso minori: la vittima, una bambina di 12 anni.
Ecco i fatti di quella seconda violenza esposti sul Messaggero:
“Tre alunne non avevano partecipato a una gita scolastica e giocavano a nascondino rincorrendosi. Lui ne afferrò una, dodici anni: «Vieni – le disse secondo la sentenza – ti indico un posto sicuro». Poi la portò in una classe vuota, dove le alzò le braccia («Ma quanto sei alta…») e poi una gamba «appoggiandosi su di lei». La ragazzina restò di sasso e quando nella classe entrarono le compagne scoppiò a piangere. Nel giro di un quarto d’ora il tam-tam arrivò alla preside: denuncia, allontanamento e alla fine la condanna per pedofilia arrivata nel 2007 (due anni di carcere con rito abbreviato)”.
La terza condanna.
Nulla di tutto ciò purtroppo riuscì ad arrestare la sua “carriera” di bidello; nuova certificazione falsata e nuovo lavoro in un nuovo istituto, stavolta una scuola elementare… tutto cambia, tranne le sue inclinazioni.
Nel 2008 infatti arriva la terza denuncia: vittima un bambino di 10 anni, alunno dell’istituto comprensivo F. Guicciardini, la scuola elementare “Ruggiero Bonghi”.
Ecco il raccapricciante racconto che il bambino ha reso alla polizia giudiziaria riportato da Il Fatto Quotidiano:
“Quando andavo in bagno mi seguiva, mi stringeva, mi spingeva contro il lavandino oppure contro il termosifone, si strusciava e rideva. Gli chiedevo di smettere, ma lui continuava, dicendomi che era solo un gioco”.
Il 24 gennaio scorso arriva la terza condanna: 6 anni di carcere per “Atti sessuali con minorenne”.
“Mio figlio l’ho salvato in tempo dal peggio – è la dichiarazione della madre della vittima riportata dal Messaggero – anche se sono stati per noi anni difficili: certi abusi non si cancellano. Ma la mia battaglia l’ho portata avanti soprattutto affinché non succedesse ad altri bambini. Perché i malati vanno curati e tenuti fuori dalla scuola».
“I mostri sono due – dichiara la madre del bambino, parole riportate da Il Fatto Quotidiano – uno è il bidello, malato ed evidentemente non idoneo a questo lavoro. L’altro mostro, a mio avviso anche più responsabile, è chi delle istituzioni lo ha legittimato a svolgere attività accanto ai bambini. Mi chiedo come abbia fatto a continuare a lavorare senza che nessuno verificasse i suoi precedenti”.
Inerente a quest’ultima riflessione è l’ulteriore decisione presa in questi giorni dal Tribunale, quella inerente la condanna inflitta allo Stato, un risarcimento provvisionale di 20mila euro.