TUFFO NELL’UNIVERSO DEI FRATELLI DEI BAMBINI DISABILI – LA RABBIA E LA GELOSIA
Io non sono solo la mamma di Isabella, una principessa di 6 anni che a causa di una nascita difficile è rimasta cerebrolesa, ma sono orgogliosamente anche mamma di Eleonora, 5 anni, e Francesco, 3 anni, che adoro. Vorrei parlarvi di loro.
Un paio di anni fa mi sono imbattuta in un invito di un’associazione che si occupa di bambini neurolesi. C’era scritta una parola che non avevo mai sentito in vita mia, sibling, ovvero i fratelli e le sorelle di bambini (e adulti) disabili. Mentre la leggevo un fremito mi ha corso giù per la schiena, se la vita emotiva dei fratelli dei bambini disabili era così particolare da coniarci addirittura una parola, allora forse valeva la pena approfondire l’argomento.
Partecipare a quel convegno mi ha fatto aprire gli occhi. Fino ad allora vivevo nell’illusione che la mia vita di “diversamente mamma” riguardasse esclusivamente l’impegno profuso per Isabella, mentre crescere Nora e Franci fosse semplicemente “normale”, visto che loro erano bambini “normali”…
Ho capito invece quanto la loro vita, in particolare emotiva ma non solo, sia diversa da quella degli altri bambini.
Vorrei subito dire che non è tutto una catastrofe, ma è indiscutibilmente tutto più difficile e articolato.
In particolare, questa volta vorrei condividere con voi l’espressione di rabbia e gelosia che spesso a questi bimbi è ingiustamente preclusa.
In ogni famiglia, quando nasce un secondogenito, è naturale che il bambino nato per primo nutra un sentimento di gelosia per le attenzioni che il nuovo arrivato gli “ruba”, e la rabbia che egli prova, tormentato dal pensiero che adesso mamma e papà non sono più tutti per lui, fatica a trovare libero sfogo.
Ora, nel mio caso credevo di averla fatta franca, in quanto Isabella è la primogenita, e l’arrivo di Eleonora non aveva apparentemente inciso sull’andamento del nostro ménage. Che granchio avevo preso! In realtà, Eleonora è nata per seconda, ma è stata fin da subito più indipendente da sua sorella, inevitabilmente più “grande”. Capitava quindi che alla sera, all’ora della pappa, in cucina ci fosse una gran confusione; quando Isabella è molto stanca urla molto, ed è inconsolabile. Devo confessare che alle volte veniva mal di testa anche a me.
Comunque, Eleonora resisteva stoicamente per un po’, poi esplodeva rimproverando (a modo suo) Isabella, e palesando una rabbia verso sua sorella che mi feriva.
Mi veniva voglia di dirle: “ma non vedi che può fare diversamente? Non ti accorgi che Isabella è disabile, che con lei ci vuole pazienza? Come ti permetti?”, e spesso, senza utilizzare questi termini, la sgridavo, rimproverandola per questi suoi sentimenti che ritenevo oltraggiosi.
In realtà, aveva ragione da vendere…
Quando l’ho capito (non per grazia ricevuta, ma perché una specialista ne ha parlato a un seminario), ho cambiato musica. Ho cominciato a permettere a Eleonora di esprimere il suo disagio, la sua rabbia e il suo risentimento perché il comportamento di sua sorella assorbiva tutte le mie attenzioni.
Sia chiaro, non è che la cosa mi sia costata poco, facevo molta fatica a entrare in quell’ordine di idee, ma razionalmente mi rendevo conto che in effetti Nora ne aveva tutti i diritti.
Piano piano, ho anche cominciato a rassegnarmi a lasciare urlare Isabella, a concentrarmi su sua sorella, e mi sono resa conto che, anche in un’atmosfera caotica e rumorosa, a Nora importava più delle attenzioni che riceveva da me che del livello di decibel nella stanza.
Vi dirò di più: il vero trionfo è stato quando ho imparato anche io a gestire l’ansia che il comportamento e l’inconsolabilità di Isabella mi creava, ma di questo vi parlerò un’altra volta.
Ho cominciato a fare dell’ironia con Eleonora, a dire: “uffa, stasera Isabellona è proprio nera, eh?” “accidenti, Isabella, sei proprio una brontolona”, e mi sono accorta che lei era entusiasta di condividere con me i suoi sentimenti, era appagata dal fatto che non solo la capivo, ma anzi la incoraggiavo. L’atmosfera è gradualmente diventata più distesa, e devo ammettere che tutto ciò ha fatto bene anche a Isabella, che ha capito di non essere la padrona del mondo, e cominciato a farsi coinvolgere maggiormente dalle coccole che io e Nora le facevamo.
Da quando Eleonora è stata incoraggiata a renderci partecipi dei suoi risentimenti, mi sono resa conto che ha incominciato a costruire con sua sorella un rapporto più completo, che si sta evolvendo in forme di affetto che credevo impensabili. All’inizio, di fronte alle “intemperanze” di sua sorella, la soluzione che Eleonora trovava era l’isolamento; si chiudeva in un silenzio ringhioso e, se poteva, cercava spazio in altre stanze. Evitava quando le era possibile di trovarsi con Isabella quando lei era nervosa o arrabbiata. Adesso, invece, se sente che sua sorella è irritabile la cerca, le si avvicina, la coccola, cerca di trovare qualcosa che la distragga. Credo sia perché non vede più in questo stato d’animo di Isabella una “minaccia” al suo legame con me.
Parlo di Eleonora e non di Francesco non per dimenticanza, ma perché lei è la secondogenita, e gestire l’ultimo nato è stato sicuramente meno sconvolgente; tanti errori li avevo già fatti… Inoltre, Franci è nato in un contesto più diversificato rispetto a Nora, intendo dire che mentre Nora in famiglia aveva solo Isabella come riferimento, Francesco aveva due sorelle, una con disabilità e una “sana” (so che molti detestano queste definizioni, ma a me piace chiamare le cose con il loro nome, senza ipocrisie).
Ciò che la mia esperienza mi insegna, quando si deve crescere un fratellino o una sorellina di un bambino disabile, è che spesso, nei rapporti tra di loro, le cose sono diverse da come le vediamo noi genitori. Non intendo dire che siano più complicati, ma di sicuro sono più complessi e articolati su diversi piani rispetto alle relazioni tra fratelli normodotati. Non si tratta di gelosia per un bimbo più piccolo che “ruba” l’affetto della mamma e del papà, di rabbia per un fratellino che tocca i suoi giochi, o comunque di dinamiche destinate in qualche modo ad una “fisiologica” risoluzione. Si tratta di una concorrenza che spesso viene vista “sleale”, in quanto Isabella ha un deficit che durerà per sempre, e la mamma corre sempre da lei, incondizionatamente. Non ci sono giochi da condividere, ma, agli occhi di Eleonora e Francesco, il prezioso tempo che la mamma dedica a Isabella.
Siccome non posso fare a meno di dedicare più tempo all’accudimento di Isabella, ho trovato la mia personale soluzione per un rapporto sereno con i miei figli nella libertà di espressione dei sentimenti. Non posso essere con te mentre costruisci la torre con i mattoncini, ma quando mi chiami a guardarla accorro, lasciando un minuto Isabella da sola, e ti farò tante feste, e ti ascolterò mentre mi racconti come l’hai costruita, e mi sembrerà la torre più bella del mondo. E se nel frattempo Isabella protesta, ti guarderò negli occhi, e ci faremo una risata.
Alla prossima, amiche!