I dati provvisori appena pubblicati dall’ISTAT disegnano una Italia povera di lavoro, quindi povera di danaro, slanci ed iniziative economico produttive vitali ed in crescita.
Tutto soffre la crisi economica … e la crisi non pare passata, non sembra superata né a fronte dei numeri indicati dall’ISTAT , né a fronte del malcontento comunemente diffuso.
I giovani e le donne sono disoccupati:
– restano senza occupazione il 28,9% dei giovani e il 10% delle donne.
Questi dati preoccupano tanto per l’importanza del lavoro, quanto per la ricaduta sociale che la disoccupazione determina in punto di impoverimento collettivo.
Le donne sono a casa? Le donne lavorano poco o rinunciano a lavorare? Perché?
I dati ISTAT scoprono una realtà nota, tristemente nota: famiglia e lavoro non è iù un connubio felicemente possibile.
Molte sono le mamme che rinunciano al lavoro dopo la nascita dei bambini. E le ragioni sono evidentemente economiche: lavorare frutta meno o poco più di asili, nidi e babysitter, perciò, se non ci sono nonni o zii a tempo pieno, lavorare diviene una operazione economicamente sconveniente.
Ciò è tanto più vero quanto più precario ed incerto è il lavoro. Un contratto a sei mesi offre alla mamma la sicurezza del futuro di suo figlio?
Le donne rinunciano al lavoro anche quando l’occupazione non è flessibile, orari rigidi e lunghi, part time negati o impossibili, sono ulteriori cause della mancata occupazione femminile.
Una politica che non pensi alla donna come ad una mamma prima di tutto, una politica che non riconosca il privilegio della maternità persino sul lavoro, è una politica che non promuove, né sostiene la donna e con essa la famiglia.