Nella giornata di ieri lo spettro di un nuovo attentato ha scosso l’America, in particolar modo gli abitanti di Washington DC: si contano almeno 13 morti nella strage avvenuta al Washington Navy Yard.
Definito “il cuore pulsante della Marina degli Stati Uniti”, il più grande cantiere navale di cui dispone la marina USA, nonostante i sistemi di sicurezza, il WNY è divenuto scenario di una cruenta sparatoria ai danni di coloro che transitavano nel cantiere stesso.
Secondo le prime indicazioni fornite dal sindaco della città, Vincent Gray, il bilancio sarebbe di 13 morti, tra cui il killer, e diversi feriti, tra i quali 3 ricoverati in condizioni critiche. Il primo cittadino ha inoltre precisato che “Non ci sono al momento indicazioni che si tratti di un atto di terrorismo”.
Il capo della polizia di Washington Dc, Cathy Lanier, aveva reso noto, attraverso alcuni giornali locali, l’ipotesi che il killer deceduto avesse avuto dei complici: “La nostra più grande preoccupazione è che ci siano potenzialmente altre due persone armate che non abbiamo ancora localizzato”.
Allarme poi rientrato in serata.
Stando ad alcune testimonianze, Aaron Alexis, questo il nome dell’assassino deceduto durante la strage, imbracciando un fucile ed impugnando una pistola, avrebbe sparato volutamente all’interno della base navale, mirando alle persone che transitavano fuori una caffetteria.
Veterano della Marina, Alexis, nato a Brooklyn ma residente da tempo a Fort Worth in Texas, fu congedato nel 2011 per cattiva condotta.
Le autorità sospettano che si sia “intrufolato” all’interno della base utilizzando un tesserino di una persona non ancora accertata. Al momento del ritrovamento del suo cadavere infatti, vicino al corpo è stata rinvenuta la tessera del sottoufficiale Rollie Change, il cui ruolo assunto nella vicenda non è stato ancora chiarito.
Intanto si cerca di far chiarezza sul movente, sulle ragioni che hanno spinto l’ex militare a compiere tale folle atto.