Qualche giorno fa il Comitato scientifico nominato dal Ministero della salute ha bocciato il metodo Stamina messo a punto dal Professor Vannoni.
Il metodo, che utilizza le cellule staminali in malattie neurologiche gravi era stato da sempre avverso da esperti e scienziati, ma aveva dato una flebile speranza a quei malati che fino ad oggi non avevano alcuna cura alternativa.
Il caso della piccola Sofia era diventato l’emblema della lotta di Stamina.
Malata di leucodistrofia metacromatica e destinata a fine certa, la bimba, dopo una serie di infusioni di staminali aveva goduto di un minimo di miglioramento.
La trasmissione Le Iene, con Giulio Goria, aveva portato avanti la lotta dei genitori di Sofia per far si che la figlia accedesse alle cure compassionevoli con il metodo del Professor Vannoni.
All’indomani della bocciatura da parte del comitato scientifico, Caterina Ceccuti, mamma di Sofia, scrive una lettera aperta al ministro Lorenzin.
“Io e mio marito la invitiamo a visitare Sofia di persona. Solo così, a nostro avviso, potrà raccogliere realmente, e non per sentito dire, le informazioni che le sono necessarie a prendere una decisione obiettiva sul futuro, sulla salute e sulla dignità di questi piccoli cittadini e delle loro famiglie malate di negligenza e di abbandono, che ora più che mai sono sotto la sua diretta responsabilità”.
Non ha niente di scientifico la lettera di Caterina, solo un’ accorata richiesta di aiuto per una bimba che soffre, e che ha visto una piccolissima speranza balenare nel suo futuro, e poi spegnersi per volere non suo, né dei suoi cari.
Sofia, così come altri bimbi che non hanno cura e speranza di salvezza, sono tutti appesi al filo della speranza.
Che dà loro un professore, che forse è visionario, che non intende curare nessuno, come ha più volte detto lui stesso, ma che potrebbe però regalare anche un solo giorno in più di amore a questi bambini.
Nessuno si aspettava parere favorevole dal comitato, tantomeno il professor Vannoni, che nella rosa dei nomi componenti il comitato aveva immediatamente individuato gli stessi che criticavano il suo metodo.
“Non è stata una scelta imparziale” dice Vannoni.
Quando un comitato scientifico viene incaricato di dare parere su questa o quella cura deve assicurarsi che gli effetti del farmaco o della cura non siano dannosi nel lungo termine più della malattia che sono chiamati a curare.
“Primum non nocere”, questa è la prima cosa che si impara alla facoltà di medicina: per prima cosa non deve far male.
Può una mamma di una bimba che non sa se vedrà viva la figlia domani, essere preoccupata di quali effetti collaterali abbia una cura tra un anno, o tra sei? Certamente tutti i bimbi che aspettavano una cura compassionevole, così come tutti quei malati che manifestavano davanti a Montecitorio non lo erano.