Gli scienziati della scuola di medicina dell’Università del Massachusetts (Umass Medical School) sono stati i primi ad avere stabilito che un cromosoma X normalmente presente nel patrimonio genetico, può essere reindirizzato e programmato per neutralizzare il cromosoma in più che è responsabile della trisomia 21, anche conosciuta come sindrome di Down, una malattia genetica caratterizzata da un deterioramento cognitivo.
La scoperta fornisce la prima prova per dimostrare che il difetto genetico responsabile della sindrome di Down può essere soppresso nelle cellule in coltura (in vitro). Questo spiana la strada ai ricercatori per poter studiare le patologie cellulari ed identificare i percorsi del genoma implicati nella malattia, un obiettivo che fino ad ora sembrava inafferrabile. Ciò che si è fatto aiuterà gli scienziati a capire i meccanismi biologici di base che sottendono la malattia e potranno aiutare a stabilire i potenziali obiettivi terapeutici per le future terapie. I dettagli dello studio, della dottoressa Jiang e della sua équipe, sono stati pubblicati nel numero on line della rivista Nature.
“Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a numerosi progressi per lo studio di malattie genetiche causate dalla mutazione di un singolo gene, a partire dagli studi fatti con la coltura delle cellule in vitro e per proseguire poi con studi “in vivo” e portando la nostra esperienza in veri casi clinici.” Così dice la dottoressa Jeanne B. Lawrence, biologa e genetista, una delle principali fautrici della scoperta.
“Al contrario, la correzione genetica di centinaia di geni in un cromosoma è sempre rimasta al di là delle nostre possibilità. La nostra speranza è che per chi vive con la sindrome di Down, ciò che abbiamo scoperto possa aprire una serie di molteplici possibilità per studiare e, in un futuro, curare la malattia attraverso una terapia cromosomica.”
Nasciamo tutti con 23 paia di cromosomi, inclusi i due che regolano il sesso, per un totale di 46 in ogni cellula. Le persone con la sindrome di Down sono nate con tre, invece di due, coppie del cromosoma 21 e questa trisomia 21 causa il ritardo cognitivo, uno sviluppo precoce dell’Alzheimer, un grosso rischio di avere leucemia infantile, difetti cardiaci e disfunzioni endocrine e immunitarie. Al contrario delle malattie genetiche causate da un singolo gene, la correzione di un intero cromosoma nelle cellule trisomiche è sempre stato ritenuto impossibile, anche nelle cellule in coltura.
Sfruttando la potenza del gene RNA chiamato XIST, che normalmente è il responsabile per l’annullamento dei due cromosomi X che si trovano in mammiferi di sesso femminile, gli scienziati hanno dimostrato che la copia extra del cromosoma 21 responsabile della sindrome di Down può essere annullato allo stesso modo, almeno in laboratorio, per ora, con cellule staminali derivate dal paziente.
La funzione naturale del gene XIST, situato sul cromosoma X, è quella di annullare in modo efficace uno dei due cromosomi X nelle cellule femminili, rendendo così i geni x-correlati, simili a quelli degli individui maschi che hanno un solo cromosoma X. L’ XIST viene prodotto precocemente quando si sviluppa uno dei due cromosomi X della femmina, e questo gene unico trasforma il cromosoma X e modifica la sua struttura in modo che il suo DNA non possa più interagire, produrre proteine e altri componenti. Questo rende il cromosoma inattivo!
Proprio da queste sperimentazioni nascono e si sviluppano gli studi della dottoressa Jiang e della dottoressa che hanno iniziato a collaborare nel 2009 quando hanno iniziato ad ipotizzare che la possibilità che l’annullatore di cromosomi XIST potesse in qualche modo aiutare ad annullare il cromosoma 21 nelle cellule trisomiche.
Il loro lavoro ha dimostrato che il gene XIST può essere immesso in una specifica locazione utilizzando sofisticate tecnologie. La conseguenza di tutto ciò è che le cellule trisomiche hanno smesso di riprodursi e il 21° cromosoma è stato inattivato.
Tutto ciò ha evidenziato le potenzialità della sperimentazione che potrebbe davvero portare ad una svolta definitiva per la cura di questa malattia genetica. La prossima tappa sarà lo studio su modelli di cavie di laboratorio.
Fonte: http://www.umassmed.edu