Col ciuccio a nanna, grandi e piccini.
Piccolo e indispensabile oggetto, è presente in ogni casa dove c’è un neonato: se ne trova anche nelle borse delle mamme, nelle retine di passeggini e in qualche cassetto come scorta.
Il ciuccio, usato per la tranquillità del bambino ma anche per il quieto vivere di tutta la famiglia, messa, a volte, in subbuglio dal pianto del più piccolo che non conosce regole se non il proprio istinto ed in effetti, più che un’abitudine, è un’esigenza.
Il primo istinto del bambino è quello di mangiare e la natura lo dota di questo meccanismo orofaringeo che lo porta a succhiare.
Il seno materno o il biberon soddisfano i languori dello stomaco ma non sempre questi collimano con il bisogno di coccole e di essere rassicurati per un rumore o una luce improvvisi o per trastullarsi in un bel sogno oppure rifugiarsi per un incubo.
Il bambino, per ogni suo bisogno, comunica con l’unico linguaggio che conosce: il pianto, esternando ogni forma di disagio mentre tenta di introiettare tutto ciò che lo rapporta col mondo esterno per trarne sicurezza e conforto e lo fa succhiando.
Piangendo attira l’attenzione ed esprime ogni sorta di richiesta, mentre attraverso la suzione ottiene la compensazione ad una mancanza o soltanto per raggiungere serenità e soddisfazione.
Fin dai tempi antichi, l’adulto aveva notato questo atteggiamento del neonato (talvolta vediamo bambini che succhiano a vuoto, durante il sonno, o che succhiano il dito) ma soprattutto che l’appagamento raggiunto con la suzione al seno non riguardava solo la sazietà. Abbiamo notizie del ciuccio che, attraverso qualche pittura, ci giungono dal medioevo, anche se in forme e materiali diversi.
La motivazione psicologica di questa azione è da ricercare in tutte quelle dinamiche che il bambino, in modo molto naturale e istintivo, mette in atto per raggiungere uno stato di serenità. Il solo fine è quello di attirare a se e introdurre, addirittura dentro di se, come per un vorace pasto, l’attenzione esterna.
Ma quello che succede dopo è prettamente chimico.
Tramite la soddisfazione o l’appagamento al quale arriva succhiando, il bambino si calma, raggiunge uno stato di benessere e questo stato fa produrre al suo organismo serotonina che è un calmante naturale, creando un circolo virtuoso.
I genitori, sanno che il bambino si calma col ciuccio, per quasi tutte le sue necessità ma è, tuttavia necessario che facciano una piccola indagine riguardo il disagio del piccolo espresso col pianto, senza esagerare col ciuccio, perché potrebbero trovarsi impreparati qualora il bambino non si calmasse e loro non riuscissero a capirne la causa.
Il ciuccio quando calma il piccino, tiene tranquilli anche i grandi ma questa sana abitudine, diviene malata se se ne abusa, come quando si obbliga chi il ciuccio non lo vuole o chi lascia che un bambino in età scolare o giù di li abbia ancora il ciuccio.
Evidentemente, in quest’ultimo caso, c’è qualcosa di irrisolto nel bambino ma anche nei genitori.
Il piccolo è fermo ad una ricerca nella quale i genitori lo hanno bloccato nella fase compensatoria: tu chiedi, io ti do.
Sono però altrettanto delicati sia il momento e sia le modalità del distacco dal ciuccio che non devono mai provocare conflitti coi coetanei. Il bambino non deve vivere in modo frustrante questa fase ed è in grado di confrontarsi con i compagnetti e decidere se sia giunto il momento di essere uno di loro o non ancora.
L’aiuto che può dare il genitore deve riguardare la gestione dei tempi con piccoli accorgimenti come, per esempio, far sì che il ciuccio sia usato solo per dormire e lasciarglielo a disposizione, anche all’asilo, ma raccomandandosi con lui, di gestirlo per l’ora del sonnellino pomeridiano.
Successivamente, si può dire che “il suo amico” lo aspetta a casa con la mamma o i fratellini e potrà riprenderlo al suo rientro.
Gli educatori degli asili sono abituati a questo tipo di dialogo e sanno che non devono interferire, se non, ricordando la promessa fatta alla mamma o al papà, di prendere il ciuccio solo per il riposino.
Del resto, è facile che un bambino si abitui all’abbandono graduale del ciuccio in una struttura perché molti interessi lo impegnano e lo gratificano come e più del ciuccio.
Attraverso i compagni e le attività proposte, anche il bambino più restio, presto o tardi, si dimenticherà del suo primo amico.