I bimbi che svolgono attività guidate ottengono migliori risultati nei test di memoria e progrediscono più velocemente nel linguaggio e nelle abilità matematiche
Viviamo in una società piena di stimoli; diventa quasi un lavoro riuscire a seguire e vagliare quelli che maggiormente ci aggradano e che decidiamo di sfruttare. Inevitabilmente anche i nostri bimbi, fin da piccoli, ricevono una serie di input che colpiscono la loro curiosità, stimolano l’apprendimento tramite esperienze cognitive, accelerandone il processo. Non di raro si sente affermare dalle persone più anziane quanto i bimbi di questa generazione siano “svegli”.
Sicuramente esiste una maggiore attenzione rispetto alla crescita fisica e mentale del bambino, anche grazie al progresso. I bambini che frequentano asili nidi e scuole materne seguono una sorta di lavoro didattico proposto dalle educatrici, mentre fino a qualche decennio fa la tendenza era quella del gioco libero sotto l’osservanza di regole di ordine predisposte dagli adulti.
La rivista Child Development ha pubblicato un articolo secondo il quale bambini cui vengano proposte attività mirate ad opera delle educatrici, svilupperebbero una maggior attitudine all’apprendimento del linguaggio e amplierebbero le proprie capacità matematiche, rispetto ai bambini che non vi partecipano. L’ascolto della lettura di storie, l’apprendimento di filastrocche e canzoni, l’educazione musicale ma anche l’introduzione di attività fisica guidata, come avviene con l’introduzione della psicomotricità nel percorso scolastico, hanno stimolato, incrementandole, le capacità dei bambini.
La rivista Brain Research ha riportato una ricerca che avvalora i benefici non solo fisici ma anche mentali della pratica sportiva. I bambini sportivi di 9-10 anni avrebbero un ippocampo più sviluppato e dunque una maggiore capacità mnemonica. Il richiamo ai vecchi latini è quasi scontato, l’avevano capito loro già 2000 anni fa “mens sana in corpore sano” (mente sana in un corpo sano). Un gruppo di ricercatori dell‘Università dell’Illinois ha condotto una ricerca scientifica studiando, tramite risonanza magnetica, le misure delle aree cerebrali di una cinquantina di bambini e potendo stabilire che bambini avvezzi a pratiche sportive avevano un ippocampo più sviluppato rispetto a coetanei che non praticavano sport. Un ippocampo più sviluppato porta ad una maggior facilità di apprendimento e a una maggior capacità di memorizzare.
La rivista Proceedings of the National Academy of Sciences riporta un’altra interessante ricerca. Gli stimoli cognitivi, attraverso il gioco, la socializzazione, la sperimentazione, sviluppano sia il benessere fisico che lo sviluppo cerebrale, e questa non è una novità. Sembra invece che questi input agiscano nell’ipotalamo sulla leptina, che è un ormone originato dal tessuto adiposo e che avrebbe il merito di mandare al cervello un segnale di sazietà. Ricordiamo che l’obesità è una malattia molto diffusa ed in crescente e preoccupante aumento, un effetto “chimico” come quello descritto, contribuisce a tenere sotto controllo la sovralimentazione del bambino.