“È di vitale importanza che i bambini siano in grado di mostrare il proprio dolore sin nei primi giorni di vita in modo tale che possano comunicare il loro disagio o dolore ai genitori”.
È quanto dichiarato dalla dottoressa inglese Nadja Reissland alla BBC on-line, una delle autrici che hanno condotto uno studio sulle espressioni facciali del feto realizzato grazie alla collaborazione di due università del Regno Unito.
I team di ricercatori, operanti presso la Durham e la Lancaster University, hanno monitorato 15 donne gravide, 7 attendevano un maschio e le altre 8 una femminuccia, osservando i movimenti del feto attraverso la codificazione, fotogramma per fotogramma, di ecografie in 4D, per un totale di quattro sedute per mamma effettuate nell’arco del secondo e terzo trimestre di gestazione, ossia dalla 24° alla 36° settimana di gravidanza.
L’analisi si è rivolta in particolar modo alle espressioni facciali dei bebè che aumentavano, migliorando, proporzionalmente con l’avanzare della gravidanza.
“L’obiettivo dell’indagine – ha spiegato la dottoressa Reissland alla Bbc – è comprendere quali espressioni possano essere collegate allo sviluppo normale, in modo da riuscire in futuro a identificare sin dal grembo materno eventuali patologie e problemi del nascituro. Al momento non è ancora chiaro se i feti riescano ad avvertire il dolore né sappiamo se le espressioni facciali si riferiscano alle loro sensazioni”.
La ricerca ha evidenziato che i feti si allenavano maggiormente ad assumere un’espressione facciale legata al dolore e/o alla tristezza. Una tendenza che la dottoressa ha così spiegato:
“L’esercitazione potrebbe essere dettata dal fatto che è di vitale importanza per i bambini essere in grado di mostrare la propria sofferenza appena nati per comunicare qualsiasi disagio o disturbo in tempo”.
L’intera ricerca è stata pubblicata su Plos One.