Palazo Chigi; la mattina in cui giurava il cosiddetto governo di servizio al Paese; i carabinieri a garantire la sicurezza delle Piazze del Potere romano; una famiglia che passeggia, la mamma incinta col papà ed un altro bambino piccolo; all’improvviso un uomo solo, disperato e “folle”; senza preavviso gli spari, lo sgomento e il sangue.
Questo lo scenario della sparatoria che questa mattina ha ferito l’Italia intera, scosso il popolo e turbato le istituzioni.
Il brigadiere Giuseppe Giangrande, di 50 anni, e il carabiniere scelto Francesco Negri, di 29 e una donna incinta sono le vittime del più eclatante gesto di “disperazione contemporanea” compiuto in questi tempi di crisi, carenza di lavoro, povertà e sbandamento sociale.
I Carabinieri erano in servizio e svolgevano la fondamentale funzione di garanti e supervisori dell’ordine pubblico. I sampietrini dinnanzi a Palazzo Chigi si sono però macchiati del loro sangue come in un conflitto tra realtà e aspirazioni, Stato e speranze, vita e sopravvivenza, uno scontro animato da un uomo non folle ma follemente disperato.
Gli spari sotto Palazzo Chigi somigliano ai suicidi degli imprenditori, la somiglianza è data dalla motivazione e dalla disperazione umana. Tuttavia questi spari pubblici, in un luogo di tutti, nella piazza baciata dal sole e vissuta dalla gente comune, di inscusabile hanno l’assalto violento ed inaccettabile al sistema. Quando dentro il sistema la contestazione assume connotazioni violente significa che sono offese, agonizzanti e perse la democrazia, l’onestà e la lealtà.
Lucido, così è apparso l’attentatore alle forze dell’ordine che lo hanno arrestato. E la sua faccia schiacciata su quegli stessi sampietrini che un momento prima aveva sporcato di sangue ne dimostra l’ “isolamento” oltre che la debolezza.
Eccola la faccia dell’attentatore:
Luigi Preite questo è il nome dell’uomo.
‘Non è uno squilibrato, non ha mai sofferto di patologia psichiatriche’ , lo dice il fratello, attonito ed incredulo, quando viene raggiunto telefonicamente dai cronisti. Lo stesso fratello precisa agli organi di stampa che Luigi è un uomo provato dalla vita, forse letteralmente in disfacimento a causa della crisi economica, ma sicuramente sano di mente e non squilibrato.
- Ha dunque sparato per disperazione quest’uomo? E la disperazione che diviene violenza cosa indica, quanto pesa e quanto è pericolosa?
Luigi Preiti, classe 1964, nacque in Calabria ma per anni ha lavorato e vissuto ad Alessandria dove aveva anche radicato la sua famiglia. Si è separato dalla moglie appena 2 anni fa. E la separazione pare che sia stata determinata dalle difficoltà economiche dell’uomo, difficoltà che nel tempo si sono aggravate infatti il Preiti avrebbe perso anche il lavoro.
Dopo la perdita del suo lavoro da muratore Luigi Preiti, lasciando il figlio con la mamma, sarebbe tornato a vivere a Rosarno, in Calabria. Le difficoltà economiche, soprattutto il limite del lavoro che scarseggia ovunque, avrebbero costretto quest’uomo a fare ritorno alla casa paterna. A Rosarno sarebbe riuscito a vivere grazie all’ospitalità dei genitori e a qualche lavoro occasionale.
Insomma Luigi Preiti sarebbe l’emblema dei padri separati, disoccupati, precari e poveri dell’iatlia contemporanea.
‘Sono sconvolta, non riesco ancora a credere che lo abbia fatto’ ha dichiarato l’ex moglie di Luigi Preiti, raggiunta dalla stampa.
Questo gesto scellerato non potrà che essere motivato precisamente ed esattamente solo da colui che lo ha commesso. Pare che subito dopo essere stato fermato Luigi Preiti abbia dichiarato di essere stato animato dall’intenzione di colpire i politici. Questa presunta confessione attende conferme ufficiali. Tuttavia è innegabile che l’attentato al potere da lui compiuto mostri, come una ferita sanguinante, tutto il dolore ed il male che si muove nelle viscere del Paese.
Oggi ci sono “tre Italie”: quella disperata e dilaniata dalla crisi, quella politica e dilaniata dai conflitti e quella civile. Quest’ultima è la sola Italia positiva e propositiva. Però il problema resta uno: per salvare l’Italia disperata l’Italia civile dovrebbe accedere alle istituzioni e cambiarle dall’interno, tale meccanismo di scardinamento dei vecchi poteri implicherebbe un radicale cambio della guardia e una reale rivoluzione delle coscienze e della morale. Sino ad ora l’Italia politica non si è mostrata propensa alle rinunce, senza esse non si può neanche sperare nel cambiamento.
Ma dinnanzi a gesti malsani, assurdi, biasimevoli e meschini come gli spari nella piazza di Palazzo Chigi chi deve interrogarsi e come si pulisce il sangue che ha macchiato i sampietrini?