Sono cominciate le votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica Italiana.
Da oggi, e fino alla nomina, i 1007 elettori verranno confinati in un “conclave” che dovrebbe essere acattolico.
Tutti i Senatori, i deputati e 58 delegati eletti dai consigli regionali avranno a disposizione tre scrutini per eleggere il presidente con la maggioranza assoluta dei votanti, cioè due terzi. dalla quarta votazione sarà sufficiente soltanto la maggioranza assoluta, cioè il 50 oercento più uno dei voti. In pratica 504.
Mentre questo articolo è pubblicato le cose potrebbero già essere più chiare: la prima elezione è avvenuta senza nomina, entro oggi dovrebbero esserci le altre due votazioni che prevedono una maggioranza dei due terzi dei votanti.
Da domani la quarta.
I nomi sembrano fatti, ma i giochi ancora no.
Lo schema tripartisan formatosi all’indomani delle elezioni del 25 febbraio si scontra anche su questo campo.
Il Movimento 5 stelle ha indetto in questi giorni le Quirinarie: dieci nomi da votare in internet. I vincitori usciti da queste consultazioni sono stati Milena Gabanelli, Gino Strada e Stefano Rodotà.
La Gabanelli ha sciolto ieri la sua riserva personale dichiarandosi non disponibile a tale alta carica.
Strada lo aveva già fatto ancor prima della giornalista.
Sembra chiaro dunque che il “papabile” per il M5S è Rodotà.
A sinistra si è fatto il nome in queste ore di Romano Prodi e Franco Marini. A Berlusconi è spuntato quasi un sorriso quando alcuni giornalisti hanno chiesto un commento su quest’ultimo.
Il centrodestra ha timidamente sussurrato Gianni Letta. E paradossalmente, Amato, o ancor più paradossalmente Massimo D’Alema.
Ma chi sono questi signori che potrebbero a breve abitare il Quirinale?
Tra i tanti nomi due si ergono più degli altri: Stefano Rodotà e Franco Marini.
Franco Marini, primo in ordine alfabetico: classe 1933, abruzzese, sindacalista, a capo della corrente interna DC negli anni 90 ereditata da Donat Cattin, Ministro del Lavoro nel 1991 nel governo Andreotti.
Nel 1994 confluì nel Partito Popolare Italiano, nel quale fu segretario fino al 1997.
Dopo una breve esperienza come parlamentare europeo, dal 2002 fu il responsabile organizzativo della Margherita.
Presidente del senato nel 2006 al secondo governo Prodi, venne sostituito nel 2008 da Schifani allorché abbandonò il ruolo.
Alle elezioni del 2013 si è candidato con il PD, ma non è stato rieletto.
Stefano Rodotà. Anche lui ottuagenario come il suo sfidante Marini, nasce a Cosenza. Professore Universitario viene eletto deputato nelle liste del Partito Comunista Italiano, sebbene con una precedente militanza con il Partito Radicale di Pannunzio.
Nel 1983 diventa presidente del Gruppo Parlamentare della Sinistra Indipendente
Nel 1989 viene nominato da Occhetto Ministro Della Giustiza nel governo ombra del PCI, e subito dopo confluisce nel PDI, nel quale diventerà Presidente.
Nel 1992 viene eletto Vice Presidente della Camera dei Deputati, ed entra a far parte della famigerata Commissione Bicamerale.
Anche lui farà esperienza come membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, e verrà eletto al Parlamento Europeo nel 1989.
Ma Rodotà è meglio conosciuto per il ruolo svolto dal 1997 al 2005 come Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali.
Saranno loro dunque a sfidarsi a singolar tenzone per il colle?
E sarà il nome di uno di loro a uscire vincitore dall’insalatiera (così viene nominata l’urna nella quale si introducono i biglietti con i nomi)?
Certo, raccogliere l’eredità di Re Giorgio Napolitano sarà dura per tutti. Il Presidente dimissionario ha avuto un ruolo e una caratura che sarà difficile oscurare. Sarà invece facile fare confronti, nei quali in molti potrebbero uscirne non vincitori.
Però vale la pena ricordare che se si eleggesse un presidente che garantisse la continuità di questo governo non ancora formato, e dunque non si andasse ancora ad elezioni nel breve termine, in molti sarebbero contenti di continuare la legislatura, non fosse altro che per intascare il bello stipendio da onorevole.
Personalmente io penso che come ad ogni vigilia, vige il detto “Chi entra papa esce cardinale”. Sarà così anche in questo conclave?
Potrebbe.
Se così fosse la sorpresa la riserverebbero gli outsider.
Qualcuno mai nominato ma magari pensato. Il famoso asso nella manica.
Anche se già molte vignette circolano, di Bersani che dicendo di averlo, si presenta in canottiera!!
Io vorrei provare a scommettere su questo totonomi puntando su un nome, outsider, che senz’altro mi farà perdere, ma mi piace farlo lo stesso. Annamaria Cancellieri.