Oscar Leonard Carl Pistorius nasce il 22 novembre 1986 a Johannesburg, Sud Africa. Era al liceo quando si presenta in palestra, situata in un garage di proprietà di Jannie Brooks a Pretoria, in compagnia di un gruppo di coetanei che volevano migliorare la loro forma fisica.
Inizialmente seguì qualche corso di boxe, rugby, pallanuoto. Brooks disse che ci volle un po’ prima di realizzare veramente che Oscar non avesse le gambe. “ Era uno dei tanti, faceva tutto quello che facevano gli altri e con lo stesso ritmo” ha dichiarato l’allenatore.
Pistorius è nato con una grave malformazione alle gambe, i peroni erano essenti, cioè quelle ossa lunghe più esterne che con la tibia formano lo scheletro della gamba, tra il ginocchio e la caviglia; anche i piedi erano malformati.
I genitori, Sheila e Henke, appartenenti a una famiglia benestante di Pretoria, raccolgono informazioni ovunque e decidono, in accordo e su consiglio dei medici, di amputare entrambe le gambe del piccolo all’altezza del ginocchio: Oscar aveva undici mesi.
“Fu una decisione enormemente sofferta – testimonia il dottor Gerry Versfeld, il chirurgo ortopedico che praticò l’operazione – è facile ora dire che era la decisone più giusta, ora che Oscar Pistorius è un’icona vincente dello sport, ma non lo fu allora dove tutto era ancora da scrivere”.
Quando Oscar arrivò alla scuola elementare “Constantina Kloof” aveva cinque anni e camminava sulle sue rigide protesi in fibra di vetro.
Tutti ricordano che era solito correre in ogni situazione possibile. “Tra le aule e i campi dove ci allenavamo c’erano due rampe di scale – ricorda Tessa Shellard, che è stata la sua insegnante di matematica ed educazione motoria – io rabbrividivo sempre perché lui correva immancabilmente giù di volata. Chiudevo gli occhi e mi aspettavo cadesse prima o poi, ma non è mai successo”. “Le sue gambe strofinavano una contro l’altra e aveva enormi vesciche sui moncherini ma lui non si faceva problemi e praticava rugby, cricket, calcio e qualsiasi altra cosa”. ”Non era molto veloce a causa delle sue protesi pesanti ma nelle gare atletiche interregionali faceva delle volate incredibili che facevano ben presagire dove sarebbe arrivato”.
Il suo atteggiamento sicuro di poter affrontare tutto lo rende ben presto famoso tra i suoi compagni. Durante una gara di triathlon annuale, un compagno lo porta sulle spalle mentre lui sorregge le sue protesi, arrivato alla piscina butta le sue “gambe” sul bordo e si tuffa dritto dentro, nella prova ciclistica fece 20 chilometri senza un lamento.
A 13 anni ha iniziato a frequentare la Scuola superiore maschile di Pretoria. “Durante il colloquio per l’ammissione mi preoccupavo di sapere come avrebbe reagito un ragazzo senza gambe in un ambiente un po’ rude, a volte difficile, con alti e bassi tra i 1500 adolescenti della scuola – rivela l’allora preside Bill Shroeder – ma la mamma mi disse che lo avrebbe affrontato come era solito fare per tutto, lo aveva cresciuto come fosse completamente normale”. Molto del suo successo è infatti attribuibile al fatto che è sempre stato trattato come un ragazzino normodotato.
“Oscar partecipava a tutte le attività della scuola senza essere particolarmente notato quando, durante un incontro di rugby, un giocatore della squadra avversaria lo affrontò, lo afferrò e le sue protesi gli rimasero tra le braccia, lui non se ne curò e corse dritto verso la meta, trascinandosi, penso che l’altro ragazzo invece abbia ancora gli incubi!”
Una tragedia colpì Pistorius quando aveva solo 15 anni: la madre morì a seguito di una grave reazione allergica al trattamento effettuato per una sospetta febbre malarica. Il ragazzo reagì buttandosi a capofitto nello sport, benché subì anche un infortunio al ginocchio giocando a rugby nel 2003. Iniziò a praticare atletica leggera proprio come forma di riabilitazione all’Università di Pretoria.
Meno di un anno dopo partecipò alle Paralimpiadi di Atene a soli 17 anni, vincendo l’oro nei 200 metri e il bronzo nei 100, battendo anche atleti amputati singoli più quotati di lui. Fin dal 2005 esprime il desiderio di poter partecipare con i normodotati per le Olimpiadi di Pechino del 2008. Il preside Shroeder ricorda ancora: “Nel giro di pochi mesi divenne un’icona e il mio impegno più gravoso era di mantenere sulla retta via un ragazzo che era invidiato e osannato da tutti.”
Intanto, la sua richiesta di partecipare alle Olimpiadi 2008 viene respinta, poi accettata ma purtroppo non riesce a realizzare il tempo minimo sufficiente per poter gareggiare.
Vince comunque la medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Pechino nei 100 metri, nei 200 e 400 metri.
Hugh Herr, direttore dell’Istituto di Biomeccatronica del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e caro amico di Pistorius sottolinea che i fianchi di Oscar funzionano come un motore potentissimo, gli permettono anche di riposizionarsi più velocemente e completare con enorme successo le competizioni come i 400 metri, la competizione da lui preferita, con un tempo personale di 45.07 secondi, impensabile per una persona con arti amputati.
Nel 2012 partecipa alle Olimpiadi di Londra ottenendo di andare in semifinale dei 400 metri, classificandosi poi 8°.
Un successo dopo l’altro per questo atleta che ha saputo abbattere pregiudizi e difficoltà, non si è mai arreso di fronte a nulla, sempre con il sorriso sulle labbra.
Un successo sportivo e personale, diventa infatti anche testimonial per moltissime aziende, una rivista sudafricana lo aveva recentemente votato come la celebrità più sexy del paese… tutto questo fino a quella fatale notte di San Valentino.
Ora Oscar deve lottare per la gara più impegnativa della sua vita… l’accusa di omicidio per aver sparato alla propria fidanzata, la modella trentenne Reeva Steenkamp, uccidendola.
Tratto da: http://www.dailymail.co.uk