27 gennaio 1945. L’Armata Rossa entra ad Auschwitz (Oswieçim), in Polonia, e abbatte i cancelli di uno dei tre principali campi di concentramento nazista situati nel complesso di Auschwitz-Birkenau-Monowitz. In quella data, intorno alle 15.00, il mondo scopre la “vergogna” di Auschwitz. I soldati sovietici della Prima Armata del Fronte Ucraino, comandata dal maresciallo Koniev, trovano e liberano circa 7.650 prigionieri ancora in vita.
In ricordo di quella data e dell’abbattimento dei cancelli del campo di sterminio di Auschwitz molti Stati hanno istituito una giornata della memoria.
In Italia, con Legge 20 luglio 2000 n. 211, è stato istituito il “Giorno della Memoria”, in ricordo della Shoah (lo sterminio del popolo ebraico), delle leggi razziali, della persecuzione italiana dei cittadini ebrei, degli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché di coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati (art. 1).
«Quest’anno – ha detto Andrea Riccardi, ministro per l’Integrazione e la Cooperazione – la giornata è dedicata agli ebrei che resistettero con le armi ai nazisti. È importante far conoscere ai giovani aspetti meno noti della storia della distruzione degli ebrei in Europa. È giusto ricordare chi partecipò alla Resistenza europea e italiana».
La scelta del tema di quest’anno deriva dalla concomitanza con il settantesimo anniversario della rivolta degli ebrei del Ghetto di Varsavia del 1943, «che scelsero di morire con le armi in pugno invece che passivamente – ha detto Renzo Gattegna, presidente delle Comunità ebraiche italiane – anche se sapevano che era una lotta senza speranza. I nazisti – ha continuato Gattegna – hanno vinto sul piano militare, ma secondo noi la vittoria morale va ai combattenti del ghetto, che hanno dimostrato che lottare contro il nazismo era possibile».
Quella del Ghetto di Varsavia non fu una rivolta isolata. Altre prime ve ne furono nei ghetti, a partire dal 1942, fino a sfociare anche nei campi di sterminio nelle rivolte del 1943 e del 1944. «Una rivolta – ha spiegato Riccardi – che è stata prima civile, ad esempio facendo fuggire i bambini o insegnando loro la lingua ebraica, e poi armata. La resistenza degli ebrei è stata nel difendere i propri figli, nell’allontanare la morte, nel far sopravvivere i valori, nella stessa preghiera, nell’autodifesa. Bisogna far emergere, come senso di questa giornata, come si possa resistere anche a mani nude. Obiettivo del Giorno della memoria è non dimenticare per non ripetere».
In Italia, in occasione del “Giorno della Memoria”, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione (in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado) su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere (art. 2 L. 211/2000).
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Articolo scritto in collaborazione con www.vitadadonna.com