Primo sciopero nazionale di ginecologi e ostetriche.
Il 12 febbraio prossimo 15mila operatori sanitari incroceranno le braccia. In quella data ginecologi e ostetriche non effettueranno nessun parto programmato, niente induzione di parti, nessun esame clinico né visite specialistiche né ecografie (eccetto le emergenze). I circa 1.100 interventi stimati per il 12 febbraio, di cui 600 cesarei, non ci saranno e dovranno essere rinviati o anticipati.
L’astensione al lavoro, proclamata durante la conferenza stampa alla Fondazione Primoli a Roma, riguarderà, oltre i punti nascita ospedalieri del Servizio Sanitario Nazionale, anche i consultori familiari e gli ambulatori ostetrici extraospedalieri.
Lo sciopero è stato indetto dalle principali associazioni di categoria: Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani), Sigo (Società italiana di ginecologia), Agui (Associazione ginecologi universitari), Fesmed (Federazione sindacale medici dirigenti), Agite (Associazione ginecologi territoriali), Sieog (Società italiana di ecografia ostetrica e ginecologica e metodologie biofisiche) e Aio (Associazione italiana di ostetricia).
Il 12 febbraio quindi si fermerà l’attività di tutti i punti nascita degli ospedali pubblici e privati, dei consultori e degli ambulatori ostetrici.
Sotto accusa i tagli della spending review alla Sanità e altre manovre finanziarie che negli ultimi anni – hanno spiegato le associazioni di ginecologi ed ostetriche – “hanno messo in ginocchio l’assistenza sanitaria anche in settori chiave come quello del ‘percorso nascita’”. Alla base della protesta anche il contenzioso medico-legale giunto “ormai a livelli insostenibili” e che “sta ponendo in seria crisi il rapporto medico-paziente, con ricadute gravi per la dignità e la serenità professionale dei sanitari e costi crescenti per il Ssn a seguito del fenomeno della medicina-difensiva”.
Lo sciopero come “scelta estrema” e ultima arma da usare, hanno affermato ginecologi ed ostetriche, per “cercare di smuovere l’opinione pubblica, le istituzioni e la politica”.
Le associazioni di categoria chiedono “la certezza del finanziamento per la sanità; l’impegno ad applicare immediatamente la riforma dei punti nascita, approvata ormai due anni fa; e la garanzia di misure cogenti sulla responsabilità professionale in sanità”.
E, in vista delle elezioni di febbraio, se le forze politiche non dovessero aderire alle loro proposte, i 15mila operatori minacciano anche di non andare votare, con uno “sciopero elettorale” che prevederà la riconsegna dei certificati elettorali ai Comuni in occasione del voto.