L’inseminazione intra citoplasmatoca dello spermatozoo, meglio conosciuta come Icsi compie venti anni.
Una tecnica che ha rivoluzionato l’approccia all’infertilità maschile ed alla procreazione assistita.
Il dottor Suter, specialista nella fertilità, spiega che l’Icsi è la tecnica più utilizzata nei casi d’infertilità maschile e di insuccesso della fivet.
La nascita del primo bambino mediante fecondazione in vitro risale al 1978, mentre quella ottenuta con Icsi è datato 1992e si stima che da allora siano nati circa 2,5 milioni di bambini grazie a questa tecnica.
In Italia quasi l’80% delle coppie che ricorrono alla fecondazione assistita si sottopongono a tale tipo di inseminazione.
Il dottor Suter spiega che “tecnicamente prevede una fecondazione “manuale” in vitro. Ovvero, il seme maschile, opportunamente valutato, viene introdotto nell’ovocita con degli speciali aghi con l’aiuto di un microscopio. Questo permette allo spermatozoo di superare la membrana dell’ovocita e di arrivare direttamente alla fecondazione”. L’intervento è necessario per poter sopperire alle difficoltà del seme maschile nel perforare la membrana esterna dell’ovocita. La Icsi interviene quando ci si trova di fronte a situazioni nelle quali la quantità degli spermatozoi è molto bassa, o quasi nulla, e l’indice di motilità è basso. L’Icsi consente di valutare lo spermatozoo migliore e di stabilire fin da subito il grado di maturità dell’ovocita e, proprio per queste caratteristiche viene utilizzata anche in situazioni particolari di fallimenti pregressi.”
L’Icsi però essendo una tecnica molto invasiva nei confronti dell’ovocita necessita di una particolare esperienza da parte dello specialista al fine di non danneggiare l’ovocita scelto per essere fecondato.