Il passaggio dalla scuola dell’infanzia a quella primaria rappresenta un momento in cui la didattica cambia considerevolmente: già il setting con cui si propone un’ aula scolastica muta, difatti, se durante la scuola dell’infanzia la forma dei banchi può essere esagonale, ottagonale o comunque attorniante la cattedra, con l’inizio della scuola dell’infanzia i banchi sono disposti principalmente in maniera frontale rispetto alla cattedra per favorire un maggior paradigma insegnamento-apprendimento.
Intorno ai sei anni il bambino acquisisce delle risorse cognitive più evolute rispetto al passato, durante il quale esplorava la realtà attraverso il gioco ed attività corporee; con l’ingresso delle scuola primaria egli si trova al cospetto di alcune discipline che gli permetteranno una prima formazione di cultura generale.
Pertanto, seppure viene lasciato spazio alla creatività attraverso giochi o disegni, è necessario seguire un programma didattico per ogni disciplina presentata, scandito nel corso dell’anno scolastico.
Tale programma deve essere appreso dai bambini, i quali se non raggiungono i requisiti minimi di profitto, possono non essere ammessi all’anno successivo.
Ovviamente non sono utilizzate metodologie di insegnamento- apprendimento standard, ma questi devono contestualizzarsi in base alla capacità di rendimento dell’intero gruppo classe, in particolare, sarebbe poco concepibile che un insegnante non tenga conto del fatto che il bambino della prima classe si sta imbattendo in un nuovo circuito scolastico verso il quale si può sentire disorientato.
Pertanto la perizia del/degli insegnate/i consiste nell’adattare le proprie metodologie didattiche al temperamento, al livello di apprendimento nonché alla personalità dei piccoli.
Per tal motivo, per garantire loro uno studio corretto e produttivo, bisogna tener conto di variabili da non sottovalutare assolutamente: innanzitutto capire se la scuola utilizza il tempo continuato oppure no; ovviamente nel primo caso lo studio a casa deve essere assolutamente ridotto se non nullo per una serie di motivi.
Innanzitutto il bambino è stanco e non abituato a svolgere compiti a casa, successivamente è doveroso che questi coltivi altri interessi oltre le materie scolastiche, cosicchè in lui possa forgiarsi un’identità poliedrica che comprende anche le sue velleità e non solo le materie imposte dall’istruzione scolastica.
Un’altra variabile da considerare per quanto riguarda il dosaggio dei compiti concerne l’argomento specifico che si sta trattando in quel medesimo momento: se ad esempio si è giunti in una parte più complessa del programma è necessario che il docente centellini sia le spiegazioni che i compiti a casa in modo tale che i discenti possano “digerire bene” il contenuto.
Come detto precedentemente, le consegne per casa devono essere assolutamente adattate all’andamento del gruppo classe, pertanto va assolutamente affievolita “la corsa alla fine del programma” finalizzata spesso a dimostrare di essere stati capaci di raggiungere il “traguardo al momento giusto”, ma soprattutto è importante infondere nei piccoli che, qualora ci sia la presenza di compiti da svolgere a casa, è importante studiare in primis per accrescere la propria cultura e poi, se c’è questo desiderio, per far contenti mamma, papà e la maestra.
A tal proposito, proprio all’inizio della scuola primaria, se un bambino non è aiutato dai genitori e si cimenta da solo nei suoi compiti, qualora commetta degli errori, è necessaria una correzione che fornisca un incentivo a “fare meglio” piuttosto che una deleteria sgridata.