Aveva pochi giorni di vita il neonato che è morto all’ospedale «San Giovanni Addolorata» di Roma perché del latte gli è stato iniettato per via endovenosa al posto della soluzione fisiologica.
Il fatto è accaduto circa dieci giorni fa, ma la notizia è stata diffusa solo adesso e c’è ancora molto da chiarire. Secondo alcune fonti, sono stati gli stessi genitori del bambino a presentare denuncia all’autorità giudiziaria, dopo la morte del figlio; secondo altre, la stessa madre – una donna di origini filippine – sarebbe sotto inchiesta perché non avrebbe denunciato l’accaduto.
Sta di fatto che, oltre ad indagare su chi siano i responsabili di questa tragica ed assurda morte, si dovrà anche far luce sul perché la denuncia del fatto (da parte del personale sanitario o di alcuni familiari) sia avvenuta con tanto ritardo.
Il bimbo, venuto alla luce prematuro alla 30a settimana, era stato trasferito, per mancanza di posti al reparto di terapia intensiva, dal nosocomio Grassi di Ostia dove era nato al reparto di neonatologia dell’ospedale San Giovanni – considerato un centro di eccellenza – per ricevere le cure adeguate date le sue condizioni di salute.
Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha disposto l’invio immediato degli ispettori del Ministero all’ospedale San Giovanni di Roma per acquisire tutte le informazioni sulla morte del bambino.
Quello che tutti si chiedono è come sia possibile che una soluzione fisiologica possa essere stata scambiata con un latte e come sia possibile che un bambino possa morire perché, in ospedale, il luogo dove avrebbe dovuto ricevere le cure, qualcuno possa essersi “distratto” al punto da scambiare un flacone di soluzione fisiologica con uno contenente latte.
Tre inchieste sono già state aperte (una da parte della Procura di Roma, una interna al nosocomio ed una del Ministero della Salute), la cartella clinica è stata sequestrata ed avvisi di garanzia sono già stati inviati ad alcuni medici e infermieri che lavorano nel reparto di neonatologia del San Giovanni.
Tutte le ipotesi sono al vaglio degli inquirenti, non solo un caso di malasanità, ma anche – terribile, quanto impensabile – l’intenzione da parte della madre del bambino di non volere il figlio.