Togliere il ciuccio al bambino, consigli pratici
Quando un bambino arriva ad emanciparsi dal ciuccio vuol dire che ha conquistato un più alto grado di sicurezza, consapevolezza di sé ed affrancamento dal genitore di riferimento (comunemente la mamma).
Nel processo di crescita del bambino il riscatto dal ciuccio ed allo stesso modo la liberazione dal pannolino rappresentano tappe essenziali. Il bimbo col ciucco (o col pannetto) è piccolino, senza, invece, è “cresciuto” e dimostra che sta diventando grande!
Spesso togliere il ciuccio o togliere il pannolino vengono considerati cambiamenti difficili, innovazioni complesse da introdurre nella vita del bambino. Non di rado l’approccio a queste naturali innovazioni è più temuto dai genitori che non traumatico per i bambini.
Ogni bambino istintivamente è portato alla crescita, in questo senso il bimbo che dimostri di essere pronto ad emanciparsi dal ciuccio o dal pannolino non dovrebbe avere particolari problemi a modificare le sue abitudini. Il compito dei genitori è quello di accompagnare il bambino nel processo di crescita e di prepararlo ad affrontare i cambiamenti che il suo percorso di sviluppo pretende e pretenderà.
- A che età va tolto il ciuccio? Come il genitore può aiutare il bambino a rinunciare al ciucciotto?
Quando si ragiona sul ciuccio è bene partire da un presupposto essenziale: il ciuccio non è un vizio e di norma sino all’età di 24 mesi il suo uso non è in nessun modo dannoso né sconsigliato o sconsigliabile. Questo assunto deve fondare ogni discussione relativa al ciucciotto sia essa afferente al primo utilizzo, alle modalità di somministrazione o al suo abbandono.
- “Il ciuccio non è un vizio” – Come spiegare alle nonne, ricche di consigli e giudizi, che il ciuccio non è un vizio?
Il bambino che tiene in bocca il ciuccio ciuccia. Ciucciando il pupo esercita sulla goccina di plastica o caucciù che porta tra le labbra un’attività che in gergo medico viene chiamata suzione. La suzione è un istinto e rappresenta l’atto naturale che consente al neonato di attaccarsi al seno della madre.
L’istinto della suzione è connesso sia alla fame (intesa come fisiologico bisogno di nutrirsi) sia all’ “urgenza” di accudimento e di contatto che il neonato avverte già subito dopo la nascita. Il bambino che si attacca al seno o ha fame o ha bisogno di coccole. In quest’ottica il seno ha una doppia funzione: soddisfa l’appetito e rassicura, nell’uno e nell’altro caso rappresenta ciò che con più naturalezza permette una buona crescita fisica ed emotiva.
Il ciuccio altro non è che un “sostituto del capezzolo” e come tale assolve a funzioni auto consolatorie, ciucciando il “capezzolo artificiale” il bambino, pur non godendo della medesima consolazione che viene dall’abbraccio con la mamma, riesce comunque a sfogare la tensione ed a rilassarsi. Non a caso il ciuccio placa il pianto, serve quando il piccolo deve fare la ninna ed è indispensabile nelle situazioni “critiche”, per esempio dal dottore o dopo una caduta.
Affinché il ciuccio adempia alla sua comune funzione di strumento consolatorio è necessario che il genitore ne “regolamenti” l’uso.
È auspicabile che il ciuccio non diventi un’appendice del bambino perché un uso costante e incondizionato può determinare un rapporto di dipendenza non proficuo. In questo senso vanno evitati i “ciucci – collanina” ovvero le catenine col ciuccio legato e penzolanti sugli abiti del bimbo. Se il piccolo dispone del ciuccio liberamente (e ciò sicuramente avviene quando lo porta attaccato agli indumenti con la catenina) facilmente ne farà un uso improprio adoperandolo di continuo e non in relazione al soddisfacimento di un bisogno mirato. Questa “promiscuità” col ciuccio potrebbe viziare l’atto di ciucciare e potrebbe persino determinare una dipendenza del bambino dal ciucciotto. È preferibile che i genitori usino offrire il ciuccio solo quando serve: per la ninna, per calmare un pianto difficile da controllore o per rendere meno gravosa la visita pediatrica.
Non di rado il ciuccio diviene un “alleato” indispensabile della mamma e del bambino. L’alleanza col ciuccio può avere i suoi lati positivi ma non va enfatizzata né oltremodo caricata. Per le passeggiate brevi e rilassanti il ciuccio potrebbe non servire e in tali occasioni, quando si avvicina il compimento dei 24 mesi, non è una cattiva idea “dimenticarlo” a casa di tanto in tanto.
Senza ciuccio non si muore, al massimo si piange un po’ di più ma le coccole sono sempre riuscite a curare ogni malinconia.
Il ciuccio va messo da parte intorno ai 24 mesi, gradatamente andrebbe eliminato e normalmente un bimbo a 3 anni non dovrebbe più farne uso.
Ci sono bambini che manifestano forti difficoltà a staccarsi dal ciuccio. Non è superfluo ribadire che l’uso eccessivo del ciuccio rappresenta la prima causa di un attaccamento morboso che nel tempo diviene difficile da vincere. A volte la “dipendenza da ciuccio” investe anche noi mamme, non di rado è il genitore stesso a “sentirsi confortato dalla presenza del ciuccio”.
Per mettere da parte il ciuccio mamma e papà per primi devono rilassarsi, prepararsi a consolare pianti apparentemente “inconsolabili” e rinunciare alla praticità del “tappo” che spegne ogni ansia del bambino.
Incominciate spezzando le catene, ovvero eliminando le catenine che legano i ciucci agli abiti ed ai cuori dei vostri bimbi.
Una eliminazione graduale del ciuccio aiuta il bambino a liberarsene senza traumi e riduce il rischio del ricorso al pollice come sostituto del succhietto.
Incominciate, dunque, a lasciare il ciuccio a casa solo quando fate spostamenti brevi, nei giorni in cui avete mete divertenti e rilassanti per il bambino, in occasioni di svago coinvolgenti per il pupo e ricche di distrazioni (ad esempio il ciuccio non servirà affatto se avete intenzione di portare il bambino alle giostre, a mangiare un gelato o a fare un giro sul triciclo).
Prima di far sparire il ciuccio limitatene l’uso a circostanze prestabilite e per esigenze mirate (come la ninna).
Quando si educa un figlio la regola aurea a cui un genitore non deve mai trasgredire è la coerenza. Una volta maturata la decisione di eliminare il ciuccio è assai deleterio tornare indietro. Per evitare problemi è indispensabile un buon coordinamento tra tutte le persone deputate all’accudimento del bambino: mamma, papà, nonni, zie, maestre e baby sitters devono coalizzarsi per aiutare il piccolo a lasciare il ciucciotto.
- Coinvolgere il bambino nella scelta di lasciare il ciuccio è giusto e doveroso. Ma come si fa a “spingere” il bambino a rinunciare al ciucciotto?
<<I bimbi col ciuccio sono bebè, quelli senza sono grandi!>>
Questa affermazione semplice mette in luce un principio essenziale e assai facile da comprendere: i bambini che rinunciano al ciuccio diventano grandi. Offrire ai bambini la possibilità di dimostrarsi grandi si traduce per loro in una proposta sempre allettante. È bene, in tal senso, stimolare l’osservazione critica del bambino sollecitandolo a notare che i bimbi grandi, oltre ad avere le scarpe belle, le biciclette splendide ed a salire sugli scivoli più alti, non hanno più il ciuccio. L’elogio al bambino grande che ha rinunciato al ciuccio aiuta il piccolo a comprendere che il ciucciotto è roba da bebè.
Non tagliate i ciucci, non intingeteli in sostanze disgustose, non sporcateli e non deturpateli. I bambini sono esseri intelligenti bisogna solo avere la pazienza di promuovere le loro consapevolezze.
Rinforzate positivamente i comportamenti corretti dei bambini: se il piccolo accetta di andare al parco senza ciuccio dopo i giri sulla giostre fategli i complimenti. Davanti al bambino raccontate alle mamme che incontrate ed agli amichetti quanto è bravo senza ciuccio e come sta diventando grande.
Mia figlia ha lasciato il ciuccio lo scorso gennaio. Quello appena trascorso è stato il suo primo anno di scuola, a settembre, con la timidezza di una piccola anticipataria di 30 mesi, ha incominciato la materna.
Nell’ottica di un abbandono graduale del ciuccio, d’accordo con le educatrici, abbiamo imposto una regola di base: mai il ciuccio a scuola. Altri bambini lo indossavano ma la mia principessa non ha mai ceduto forte della complicità con noi adulti che tendevamo a farle osservare come apparisse grande e bella rispetto ai bimbi che ancora portavano il ciucciotto.
Grazie alla emancipazione raggiunta alla materna, abbiamo potuto contrarre sempre di più i tempi di utilizzo del ciuccio; negli ultimi tempi la mia piccolina adoperava il ciuccio solo per la ninna.
Addormentarla senza ciuccio mi sembrava un’impresa impossibile. Io per prima, da mamma e come donna che lavora, ero spaventata dall’idea di toglierle il ciuccio; spesso mi domandavo come avrei fatto alla sera stanca, provata dalla fatica della casa, del lavoro e dei bimbi a gestire i suoi pianti e le sue ansie.
Alla fine, con un pizzico di pazienza e con tanto amore, ce l’abbiamo fatta e tutto sommato è stato persino più semplice di quanto non mi aspettassi.
Ritenendo il coinvolgimento del bambino essenziale ho approfittato dell’arrivo in casa di un cucciolo di cane: giunto l’amico peloso in casa nostra la mia bambina è divenuta “la piccola padroncina”. Il cane ha fatto si che lei non si sentisse più l’ultima nata di casa, tutt’altro, con l’ingresso dell’animale in famiglia la bambina ha avvertito la responsabilità di divenire “proprietaria” di un cagnolino.
Il ciuccio, a quel punto, sarebbe servito più al cane che a lei?
Le spiegai che da quel momento in poi quando il ciuccio cadeva in terra doveva essere gettato “per ragioni di igiene” e che se le fossero caduti tutti i suoi ciucci non avremmo potuto acquistarne altri poiché non ne esistevano in commercio per bimbe così grandi.
Di fatto arrivò il giorno che cadde anche il terzo ed ultimo ciuccio. La notte che seguì fu più o meno insonne ma fu la prima senza ciuccio!
Il giorno successivo alla materna le maestre accolsero con gioia festante la notizia della notte trascorsa senza ciuccio, gli elogi alla bambina furono sinceri, evidenti e mirati.
Per parte mia le regalai un bambolotto che senza ciuccio si dispera e piange e nei giorni successivi passammo diverse ore a consolare quel bambolotto piangente.
Più volte nelle prime settimane senza ciuccio la mia bimba si è svegliata di notte e più volte ha pianto, ci sono volute coccole e pazienza, siamo ricorsi spesso all’aiuto del bambolotto, al latte caldo col miele e persino a qualche dvd di Peppa Pig all’alba … ma ciò che conta è l’ottenimento del risultato.
Togliere il ciuccio tra i 24 e i 36 mesi è fondamentale un uso prolungat del ciuccio può arrecare danni alla dentizione ed al palato del bambino. I pediatri informano i genitore dei possibili danni da ciuccio. I pericoli più comuni e ricorrenti sono rappresentati da:
– Deformazioni del palato;
– Malocclusioni che si manifestano in un difetto di chiusura della bocca;
– Crescita difforme dell’osso premascellare;
– Denti cosiddetti “da coniglio”.