Ciò che per prima và considerata è la voglia del bambino di fare sport. E’ indubbio quanto lo sport faccia bene a livello di crescita psico-fisica del bambino, ma non và forzato a praticare attività sportiva. Deve essere un piacere, un desiderio del bambino, un divertimento. Diversamente, l’imposizione da parte dei genitori può arrivare ad essere una violenza, nel pieno mancato rispetto delle inclinazioni del bambino.
Solitamente le scuole di avviamento alla pratica sportiva si rivolgono a bambini dai 5 anni in poi, possono essere proposte attività agonistiche e non; ciò che è importante è che il denominatore comune rimanga il divertimento e non il risultato. Esistono corsi di avvio all’attività motoria, proposti al bambino in forma ludica, come la psicomotricità, che preparano, avvicinano, invogliano la scelta successiva di uno sport. Si tratta di corsi diversificati che si propongono di fornire al bambino basi motorie e coordinative.
Accade spesso che i genitori (e qualche volta gli allenatori), spinti dalla passione per uno sport, sovracarichino emotivamente il figlio, nutrendo aspettative di riuscita sulle doti del bambino. Non abbiamo campioni in casa, abbiamo bimbi che si vogliono divertire, che vogliono giocare, confrontarsi con i propri pari. Se dovessero eccellere in qualche disciplina, si vedrà in futuro, per ora lasciamo che siano semplicemente bambini.
Il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) che promuove e coordina le attività sportive nel nostro paese, suggerisce quattro punti “fisico-formativi” da osservare per l’avviamento allo sport dei bambini.
1. Aspetto auxologico: tra i 5 e i 6 anni il bambino “si allunga”, ovvero cresce in lunghezza, sopratutto l’apparato osseo; risulta quindi un disequilibrio tra crescita muscolare e ossea. Ovviamente si tratta di indicazioni di massima, in quanto sono presenti fasi alterne di “turgor” e “proceritas” ovvero momenti di aumento ponderale cui segue una crescita in altezza. Può capitare che la colonna vertebrale si tenda e si incurvi dando vita a problematiche come cifosi e scoliosi. Dai 7 anni il corpo aumenta la capacità respiratoria, ecco che un’adeguata attività fisica aiuta a sviluppare anche la gabbia toracica. E’ invece dagli 8 anni che aumenta la massa e l’apparato muscolare.
2. Aspetto psicologico-sociale: a 5 anni il bambino cerca i pari con cui “scontrarsi e incontrarsi”; ci si confronta, esce l’aggressività sana che può essere canalizzata nel gioco; è ancora l’età dell’egocentrismo in cui il bambino ha una forte percezione del sè e il mondo circostante funge da contorno. Già solo un anno dopo, a 6 anni, il bambino acquisice un buon livello di autoidentificazione, ovvero comincia a capire che gli adulti lo osservano, lo giudicano, lo gratificano e lo rimproverano. A 7 anni questo processo di identificazione sfocia nella voglia del bimbo di mettersi alla prova, per sperimentare le proprie capacità, mentre a 8 anni il bambino comprende i “modelli”, le richieste proposte dall’adulto cercando una realizzazione personale.
3. Processo di laterizzazione: il bambino acquisisce dominanza (processo di evoluzione neurofisiologica) secondo un processo evolutivo. Si tratta di quella caratteristica fisica grazie alla quale “il lato sinistro del corpo ha una funzione di sostegno, appoggio e difesa, mentre il destro di attacco, slancio e offesa” per i destroidi, mentre per i mancini il discorso è inverso. Una volta maturata la laterizzazione, il bambino controlla i suoi movimenti con precisione. Ecco perchè è importante tener conto del livello di laterizzazione, che si conclude con l’adolescenza solitamente, per proporre attività sportive adeguate.
4. Apprendimento delle discipline: sicuramente il primo passo è l’insegnamento al bambino di una buona attività motoria, ovvero a compiere gesti semplici per grado, che sono poi alla base di una disciplina sportiva più strutturata. Correggere l’errore và bene, ma a stimolare il successo è anche la gratificazione del raggiungimento di un obiettivo.
Seguendo queste norme, il bambino verrà tutelato nella sua crescita.
A questo punto si prospetta una prima scelta: sport individuale o di squadra? Vari sono i pro e i contro, sicuramente lo sport di squadra favorisce la socializzazione e l’obiettivo si raggiunge con la coperazione, mentre l’individuale punta sul miglioramento delle doti del bambino e la responsabilità di successo è del singolo.
Non esiste una scelta migliore di un’altra ma una scelta idonea alle caratteristiche di ciascun bambino.