Una giornata mondiale dedicata alla gentilezza? Viene da chiedersi perché mai sia necessaria. Ragionevolmente sarebbe un po’ come ritenere necessaria una giornata mondiale dedicata al respiro con un motto del tipo: “Ricordati di respirare, altrimenti rischi il fine vita, game over, ciao ciao!”.
Ma poi… basta uscire di casa, prendere l’auto e in un attimo il dubbio trova risposta: la gentilezza va ricordata in un mondo che dimentica l’empatia smarrendola dietro ogni angolo. La fila al supermercato, la spocchia di chi, in ogni luogo di lavoro abusa del suo piccolo potere, la scortesia spicciola e ingiustificata e persino la disattenzione di quella persona qualunque che ti spintona per strada e non si volta nemmeno per scusarsi con lo sguardo.
Giornata mondiale della gentilezza, perché si celebra
In un mondo senza scusa, grazie e in cui il sorriso (anche quello sociale) è un bene in via di estinzione, forse è il caso di riflettere su chi nutrirà la gentilezza dei bambini.
Dalla sua istituzione nel 1998, la giornata internazionale della gentilezza ha lo scopo di sollecitare le comunità umane ad onorare, ogni giorno, principi fondamentali quali l’empatia, la condivisione e la compassione.
“Questo giorno ci dà la possibilità di riflettere su uno dei principi più importanti e unificanti dell’umanità: empatia, compassione e gentilezza”, questa la traccia di intenti per come definita dall’Unesco rispetto alla celebrazione del World Kindness Day.
Come educare i bambini alla gentilezza, 3 consigli per i genitori
1- Grazie è un parola arricchente;
2- Scusa significa “mi dispiace per il tuo dolore” ed è una parola che cuce e sana;
3 – Se vedi una persona in difficoltà o triste, non girarti mai dall’altra parte.
Educare i bambini a ringraziare non è più così scontato
È sempre più difficile incontrare ragazzini e bambini capaci di un semplice “Grazie”. L’assenza di questo riscontro socio-emotivo sottrae spazio alla gentilezza perché dissuade dalle azioni altruiste, infatti compierle senza ricevere l’arricchimento di un ringraziamento è molto meno motivante.
Pertanto, bisognerebbe innanzitutto istruire i bambini a ringraziare come se la parola “Grazie” fosse un dono conferito per sottolineare il buono del mondo. Il miglior modo per coltivare il grazie nel cuore dei bambini è dare loro l’esempio, la prossima volta che andrai al bar ringrazia chi ti porge il caffè, fallo al ristorante, alla biglietteria al mattino, eccetera.
Nessun grazie cade mai nel vuoto o va nel mondo senza un ritorno, ogni volta che ringraziamo qualcuno ci arriva un’onda di riconoscenza trasformata in sorrisi, attenzioni, energia positiva, fateci caso!
Educare i bambini a chiedere scusa come riconoscimento delle conseguenze del loro agito
In una società sempre più incalzata dall’individualismo, i bambini sono disabituati a revisionare i loro agiti in relazione con gli altri, genitori, fratelli, amici, insegnanti e, infine, estranei. Questo rallenta le competenze sociali e ci isola.
Inoltre, la nostra sta diventando una cultura dell’Io preminente, ovvero restiamo egocentrici anche da adulti e i nostri comportamenti di relazione ne risentono diventando molto spesso comportamenti egoistici. Troppe volte le scuse sono pronunciate solo per convenienza familiare o sociale.
Ai bambini andrebbe insegnato, invece, che si chiede scusa perchè si riconosce di avere cagionato un dolore e si lavora per ricucire quella ferita, quel male, quella violazione. Anche qui nulla è possibile senza il buon esempio.
Giornata Mondiale della Gentilezza, ma stiamo diventando tutti indifferenti
Complice l’iperconnessione e la tempesta di immagini deumanizzate che ci piovono addosso ogni giorno, siamo sempre meno sensibili alla sofferenza altrui. L’indifferenza al patire umano incomincia, in maniera sempre più preoccupante, ad interessare anche i bambini ai quali dovremmo trasmettere valoro come la pietas, l’empatia, la condivisione dell’umano sentire.
La prima educazione empatica avviene nei contesti sociali della scuola, dello sport (o della parrocchia per chi la frequenta) e il compito principale di noi adulti dovrebbe essere quello di dissuadere i bambini dalla competizione spronandoli ad avere col gruppo un atteggiamento supportivo e di vicinanza e coesione nelle difficoltà anche solo del singolo.
La spinta all’egoismo dipende fortemente dal fatto che la società di oggi fonda tutto sul possesso e intanto sentiamo di poter possedere perchè abbiamo ottenuto, anche a discapito di altri, ma questo materialismo va frenato prima che deprivi i giovani di qualche battito del loro stesso cuore.