Il commovente monologo di Elena Santarelli è un accorato invito a tutte le mamme che quotidianamente si trovano ad affrontare gli sguardi accusatori di coloro che, pur non vivendo il loro stesso identico calvario, si sentono in diritto di sentenziare sulla loro vita, ma soprattutto hanno la pretesa di poter puntare il dito contro di loro, ritenute colpevoli per aver “rubato” ai loro figli malati dei piccoli e rari momenti di libertà.
Commovente monologo di Elena Santarelli a Le Iene.
Nel corso della puntata de Le Iene andata in onda martedì 16 Novembre, la showgirl Elena Santarelli, la cui partecipazione è stata anticipata in sostituzione di Ornella Vanoni, assente per motivi di salute, si è esibita in un commovente monologo.
Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, l’ex modella non ha parlato della malattia del figlio, il piccolo Giacomo “Jack” Corradi, bensì ha deciso di raccontare una parte della sua vita da mamma, quella di un genitore divenuto inerme spettatore della dura battaglia combattuta dal proprio bambino.
“Questa sera non vi parlo della malattia di mio figlio ma di come si torna a vivere durante e dopo la malattia. Io mi sono vergognata di farlo”.
Da novembre 2017 a maggio 2019, giorno in cui la Santarelli ha annunciato pubblicamente che Jack aveva vinto la sua battaglia su un tumore cerebrale maligno, la showgirl ha dovuto combattere non solo contro la paura e l’angoscia di vedere ogni giorno suo figlio stare male e non poter fare nulla per alleviare le sue sofferenze, ma anche contro il mondo esterno che cercava di farla sentire costantemente una mamma sbagliata.
“Ho sentito parole che mi hanno fatto sentire sporca tipo: “Ma come fai a lasciare tuo figlio solo?”. Mi sono vergognata di tornare a lavorare, di uscire a cena con mio marito, persino di andare dal parrucchiere quando ho sentito un’altra donna sussurrare: “Che cazzo ci fa qui la Santarelli? Io con un figlio malato starei a casa”. E a casa ci tornavo, mi buttavo subito sotto la doccia, per pulirmi dallo sporco che mi avevano appiccicato addosso”.
Durante il monologo di Elena Santarelli, la sua voce a tratti rotta dall’emozione lascia trasparire il dolore provato per quei giudizi subiti, per quegli occhi inquisitori, per quelle parole accusatorie che l’hanno fatta sentire sbagliata e “sporca”, una mamma inadeguata.
“Fai schifo”, mi dicevo, “ma cosa stai facendo?”. Grattavo via lo smalto appena messo sulle unghie perché mi sentivo male ad essermi presa un pezzo di vita per me. Quegli sguardi, quelle parole, ti dicono che c’è solo un posto dove puoi stare: al fianco di tuo figlio che si sta ancora curando. Quegli sguardi ti proibiscono di essere altro dalla malattia”.
Nel monologo di Elena Santarelli traspare tutto l’odio della nostra società malata, sempre alla costante ricerca del capro espiatorio, della vittima sacrificale alla quale addossare le colpe delle proprie frustrazioni spacciate per i mali del mondo.
E le mamme sono al giorno d’oggi un facile bersaglio, nulla di ciò che fanno verrà considerato corretto ed ogni loro gesto finirà sul banco degli imputati, esposto all’inesorabile giudizio di chi, pur parlando senza cognizione di causa, cerca di affossare gli altri nel tentativo, a mio parere disperato, di erigere se stesso.
Monologo di Elena Santarelli: “Non abbiate paura di tornare a vivere”.
Ma c’è un motivo ben più intimo ed empatico che impediva alla Santarelli di riservarsi quel pezzo di vita e di gioire per la guarigione del suo bambino:
“È il senso di colpa per la fortuna che hai avuto, perché tante amiche che ho conosciuto in ospedale, mamme come me, oggi non hanno più i loro figli. E quella fortuna non sentivo di meritarla più di loro”.
Nonostante il clima di inadeguatezza e paura nel sentirsi costantemente sbagliata, mamma Elena ha trovato non una ma diverse mani tese, ad allungarle sono state proprio quelle mamme che più di tutti hanno sofferto, madri alle quali è stato portato via un significativo pezzo del loro cuore.
“Ho cercato di nascondere la mia felicità, ma quelle mamme mi hanno detto “Non ti devi vergognare” ed è solo grazie a loro, a Valeria, ad Elena e Valentina, che mi sono state accanto, che ho potuto tornare a vivere tutte le mie emozioni e finalmente mi sono liberata. Oggi sono grata che i miei uomini Giacomo e Berdardo siano con me e sono grata di aver imparato questa lezione, una delle poche che posso insegnare alle mie amiche donne”.
“Non sentitevi sporche, non sentitevi in colpa. Mi sono sentita una madre sbagliata, ma non voglio farlo più e non fatelo neanche voi. Non abbiate paura di tornare a vivere”.