Quando una maestra dice a una mamma: “Suo figlio si distrae sempre, non sta mai attento, ha la testa tra le nuvole, eccetera”, sostanzialmente sta facendo riferimento a un concetto ampio e importante che, però, non necessariamente equivale alla identificazione di un problema patologico: ciò a cui si riferisce è l’attenzione. Rilevare che uno studente non mantiene alta la concentrazione, è facile alla distrazione o si perde nei propri pensieri non può rappresentare una diagnosi di problemi di attenzione nei bambini in età scolare, diciamolo subito!
Tuttavia, dinnanzi a una maestra che tira in ballo l’attenzione di un bambino, quello che interessa il genitore diventa in un attimo comprendere se il figlio possa o meno avere un deficit attentivo.
Non tutti i cali attentivi, soprattutto quelli individuati nel contesto scuola, dove hanno un peso specifico una pluralità importante di stimoli, dipendono da un disturbo.
Come riconoscer problemi di attenzione nei bambini e quando il calo attentivo è solo una condizione passeggera e superabile?
Lo scopo di questo scritto, per come Vitadamamma lo vuole portare alla vostra attenzione, è dare ai genitori degli strumenti semplici e immediati per riconoscere i campanelli d’allarme di problemi di attenzione nei bambini, distinguendo, però, quelle situazioni in cui il bimbo va solo spronato all’interesse e aiutato a mantenere un’attenzione più sostenuta.
Questo testo aspira ad attrarre anche l’attenzione delle famiglie che hanno scelto l’homescholing poiché quella attentava è una competenza spesso sottovaluta che, però, toccherà trasversalmente tutta la vita del bambino, futuro adulto, ed è un’attitudine che va potenziata.
In relazione ai suggerimenti di potenziamento domestico dell’attenzione. Con lo scopo di sostenere e innalzare i limiti attentavi del bambino, sia chiaro a tutti che qui si esula da casi di deficit attentavi (rispetto ai quali descriveremo solo i campanelli di allarme, cioè gli indicatori precoci principali), mentre parleremo di giochi validi per portare l’attenzione in palestra e farle fare i muscoli!
Prima di stabilire come un genitore possa riconoscere i sintomi di eventuali problemi di attenzione nei bambini, cerchiamo di capire che cos’è l’attenzione.
L’attenzione è quel meccanismo che consente a ciascuno di noi di selezionare gli stimoli utili in un momento “x” escludendo selettivamente tutti gli altri non “salienti”, cioè inutili per lo scopo “y” che stiamo perseguendo proprio nel dato momento “x”.
Se il bambino è applicato nella costruzione del lego tiene alta l’attenzione sul libretto di istruzioni e sui pezzi a disposizione, non potrà lasciarsi distrarre dal gatto che salta sulla libreria dietro di lui e quindi tenderà ad ignorarlo. Allo stesso modo, in un piano d’azione molto diverso, l’autista impegnato in un sorpasso in autostrada saprà concentrarsi sulla guida senza lasciarsi distrarre dalla musica o dal cellulare che suona proprio in quel momento.
Questa banale definizione e i nostri esempi concreti ci bastano a intuire come l’attenzione abbia a che fare con la concentrazione, e questo vale nel bambino come nell’adulto, laddove la differenza sta solo nell’allenamento a mantenere la concentrazione (ricordiamo ancora una volta che stiamo dibattendo fuori da ragioni patologiche).
In realtà la psicologia del pensiero ci insegna proprio quello che i bambini devono imparare dalla concreta sperimentazione nella vita, ovvero che la concentrazione non è una cosa diversa dall’attenzione, essa è la capacità di mantenere l’attenzione alta per un periodo di tempo prolungato e isolandosi dalle interferenze.
Ovunque vi sono interferenze, cioè elementi di distrazione e intervengono che si giochi, che si legga, che si studi. Il bambino però ha bisogno di fare molta esperienza prima di riuscire ad isolare le interferenze collocando e mantenendo l’attenzione sul compito, ovvero sull’attività che sta compiendo, fosse anche su un gioco.
Come si educa l’attenzione, ovvero come possiamo “portarla in palestra”?
Non disturbate il bambino piccolo mentre gioca, questo consiglio è anche un precetto montessoriano ed è una indicazione di importanza poiché permette al bambino di mettersi alla prova da solo facendo esperienza, sempre crescente, di concentrazione nella sperimentazione dei suoi spazi e nella gestione in essi degli stimoli.
I giochi di incastro quando i bambini sono piccoli, i puzzle a pezzi grossi, gli unisci i puntini e i puzzle a incastri sempre più piccoli, i moderni diamond painting sono tutti giochi che favoriscono lo sviluppo attentivo, come il lavoro a maglia, l’uncinetto, il cucito, il ricamo, ma anche i lego.
Sarebbe auspicabile interpretare e vivere queste attività come palestre ludiche dell’attenzione.
- A 18 mesi favorite i giochi di incastro – con uno scolapasta e degli scovolini si può creare un gioco ad incastro montessoriano a costo quasi zero;
- Tra i 3 e gli 8 anni intraprendete la via del cucito per potenziare l’attenzione – in questo link vitadamamma vi propone alcune esperienze ludiche di cucito selezionate per età;
- In base all’età e non appena il bambino saprà distinguere e orientare in sequenza lettere e numeri favorite il classico gioco dell’unisci i puntini e non disdegnate nemmeno i labirinti.
Recenti studi, invece, dimostrano che l’esposizione a stimoli acustico-visisvi veloci può interferire negativamente con lo sviluppo attentivo del bambino. La stessa televisione non va abusata prima dei 3 anni di vita del bambino perché può negativamente interferire con lo sviluppo emotivo, relazionale e percettivo: luci e suoni emessi dal video rappresentano stimolazioni troppo più veloci di quelle che il bambino può incontrare nella realtà fenomenica e ciò può indurlo a provare molto interesse per le stimolazioni elettroniche con un ridotto o addirittura scarso interesse per le stimolazioni fenomeniche e concrete.
Come riconoscere problemi di attenzione nei bambini?
L’attenzione di un bambino “si perfeziona” intorno al settimo anno di vita, ovvero quando il piccolo già riesce ad avere una capacità percettiva matura identificando conseguenze e ricadute di azioni semplici, nonché le basilari competenze comparative.
L’attenzione più matura permette al bimbo tra i 6 e i 7 anni di accedere con successo ai primi saperi scolastici, è infatti sulla base dell’attenzione che il bimbo riceve informazioni dal mondo esterno, le incamera, le metabolizza, le riutilizza e sulla loro base apprende, laddove apprendere vuol dire anche acquisire comportamenti nuovi.
Il dato anagrafico dei 7 anni non è casuale poiché una diagnosi di disturbo attentavo viene normalmente compiuta in ragione di una sintomatologia precoce che si manifesta già prima di quell’età.
I sintomi precoci di problemi di attenzione (in gergo medico detti ADHD) nei bambini sono:
- difficoltà a completare qualsiasi attività che richieda concentrazione;
- difficoltà di ascolto: il bambino sembra non ascoltare ciò che gli viene detto, chiesto o comunicato;
- eccessiva vivacità: e si badi bene che non è eccessivamente vivace un bimbo che corre, si arrampica o si sporca in giardino, lo è un bambino che non conosce il limiti alla corsa in casa, si arrampica sui mobili malgrado le spiegazioni dei genitori o non riesce a stare seduto a tavola o nel banchetto, è fisicamente insofferente e incontenibile;
- facile propensione alla distrazione anche durante il gioco comune;
- continua tendenza a passare da un’attività all’altra senza mai concluderne nessuna;
- propensione ad interrompere l’altro, incapacità di sostenere un discorso fermandosi quando l’interlocutore dialoga, tendenza a rispondere prima che l’interlocutore finisca di porre la sua domanda, nonché sostenuta frequenza di risposte irruente;
- incapacità di coordinare il proprio lavoro con quello degli altri nelle occasioni di gruppo.
Questa sintomatologia può dare luogo a ritardi di apprendimento delle competenze base come leggere e scrivere, nonchè a difficoltà di socializzazione.
Se le mamme e i papà notano più di questi sintomi prima dei sette anni d’età è opportuno parlarne col pediatra.
Se alcuni di questi sintomi , invece, intervengono con l’accesso alla scuola primaria o dopo il 6°\7° anno di età, prima di pensare frettolosamente a un disturbo fisiologico, è consigliabile, in primissima istanza, indagare l’adattamento del bambino e la sua felicità e soddisfazione di vita soprattutto nell’ambiente scolastico. Non si dimentichi che, fuori da condizioni fisiologiche, l’attenzione del bambino ha bisogno anche di stimoli positivi.