“Non piangete, sono con Me”, sussurra Gesù all’orecchio di chi crede nell’aldilà, ma la morte nel mondo non si è mai palesata tanto quanto ora e con tanta diffusività e paura, persino con la ferocia del dolore sordo di chi non può vedere un corpo nè piangere sulla carne fredda che si diparte. La morte di una persona cara per Covid-19 è stata anche questo: assenza della materialità del lutto.
Il lutto, dopo la morte di una persona cara per Covid, è profondo e complesso:
perché è accaduto proprio a me, a noi, come posso evitare che succeda ancora, quando tutto questo si fermerà? E’ con queste domande che il moderno essere umano ha a che fare e su esse arde e pinge l’animo di chi ha subito il lutto della morte di una persona cara per Covid.
Il TheGuardian raccoglie la testimonianza di una donna afroamericana che ha perduto la mamma durante la pandemia di Covid-19, quello che il lettore incontra è un vissuto profondo carico di storicità, intriso di una cultura a metà tra cielo e terra e ricco di suggestioni sentimentali. Leggere la storia di questa donna equivale ad accumulare ancora altra consapevolezza sulla malattia.
Ci sono culture che dinnanzi alla morte sentono il bisogno di entrare in contatto con il passato, realizzano una linea di continuità che traccia il ricongiungimento dell’oggi col domani.
Ne viene un insegnamento di vita che questa Pandemia può estendere a tutti.
Il lutto di una donna afroamericana dopo la perdita della mamma, cosa succede nel cuore di chi resta dopo la morte di una persona cara per Covid.
La mamma di questa testimone del dolore della pandemia da Covid-19 risiedeva in una casa per anziani, la telefonata del suo decesso è arrivata come arrivano tutte le telefonate di questo tipo: un’onda di ghiaccio che congela ogni cosa dentro e fuori dal corpo, mentre i ricordi prendono il sopravvento nella consapevolezza che non c’è più spazio per nessun futuro.
“Perdere mia madre durante una pandemia è stata un’esperienza surreale e confusa.
[.. .] Ho imparato che ci sarà sempre un’altra tappa del viaggio per guarire. Ma il modo in cui lo gestisco ora influenzerà come mi sentirò quando sarà finita.”
Il lutto per i morti del Covid-19 dovrebbe appartenere a tutti e tutti dovremmo comprenderlo: il modo in cui gestiamo questo dolore e il suo carico emozionale influenza il nostro modus vivendi determinando anche quanto spazio lasciamo al virus perché oramai questa battaglia si gioca fortemente sulla nostra responsabilità.
“Siamo sempre in questa modalità: vai, vai, vai .. . basata sul vivere in una cultura che dice che non sei abbastanza a meno che tu non stia facendo costantemente qualcosa“, riporta il racconto del TheGuardian a testimonianza di quanto sta accadendo nella vita di questa donna. In vero, la pandemia ha cambiato l’andamento del metronomo delle nostre vite: ci costringe a rallentare riflettendo sui gesti e allargando gli spazi. La distanza non è solo una posizione fisica.
“Quindi, per curare davvero il tuo corpo e per riconnettere il tuo sistema nervoso, devi spingere contro quell’idea (l’idea di fare sempre qualcosa, ndr.), ricordare la cultura oppressiva da cui provieni e riqualificare quella voce interiore che continua a dire: – Devo fare altre 300 cose.”
Oggi la sola cosa da fare è sopravvivere allo stress che il virus inocula nella mente prima ancora di infettare e oltre l’infezione.
Come si sopravvive a queste morti che sono arrivate insieme a qualcosa di inspiegabile e subdolo? Come farsi una ragione per la morte di una persona cara per Covid-19?
Il lutto ha sempre un retroscena che ritorna trasversalmente e diversamente nelle culture di ogni tempo: la memoria dell’amore:
“Vedere mia madre in me stessa è come un modo per affrontare il dolore”, è questo il suggerimento che arriva da una cultura lontana e ricca di umano trasporto verso il concetto di dipartita.
“Se ci rendiamo conto, wow, se perdo mia madre, il mio partner o i miei amici, quella persona vive con me, invecchia con me, viaggia e impara con me.Allora la nostra vita non è così triste “, si legge tra le righe della toccante testimonianza.
“Allunghi la mano e ami di più i bambini che sono ancora vivi, l’altro genitore, gli amici, gli estranei. Vediamo la nostra persona amata in loro, continuiamo attraverso di loro “.
Il messaggio, allora, vuole essere duplice: rispettare le morti rispettando la malattia, ovvero non disconoscendola con comportamenti imprudenti, e, allo stesso tempo, rispettare la memoria dell’amore che non solo aiuta il singolo a superare il dolore della morte dei propri cari, ma aiuta la collettività a scavalcare i limiti che il Covid ha imposto.
Abbiate cura di non smettere di amare.