Le mamme non hanno mai avuto paura della febbre quanto ora, causa protocollo anti-covid la febbre contratta da un bambino inserito in un tessuto scolastico tende a comportare quasi automaticamente il ricorso al tampone laringo-faringeo: i pediatri sono stati chiarissimi sul fatto che il tampone resta il solo screening capace di escludere la sussistenza di una infezione da Coronavirus. Pertanto è di evidenza il perché i pediatri ricorrano ai tamponi ai primi sintomi sospetti di Covid-19.
Questo scritto prende spunto dai dati sui tamponi praticati ai bambini in età scolare dalla Ulss 3 Serenissima di Mestre, Venezia: dal 14 settembre ad oggi, quindi in circa due settimane, sono stati praticati 1.670 tamponi, tutti prescritti dai medici di famiglia su bambini e ragazzi sintomatici.
13 tamponi su 1.670 hanno dato esito positivo, e monitorando la catena dei contatti diretti hanno condotto alla scoperta della positività anche di 3 operatori scolastici.
Perché i pediatri ricorrano ai tamponi ai primi sintomi sospetti di Covid-19 e quale garanzia dà questa pratica?
“Dei 175 istituti nel territorio dell’Azienda sanitaria, che accolgono 97.878 tra studenti, le scuole coinvolte da almeno un caso di positività risultano 16”, (Citazione da IlGazzettino) questa la sintesi in numeri di quella che può definirsi una allerta tamponi e la situazione di Mestre è solo un esempio, probabilmente sovrapponibile a molti altri in diversi luoghi del Paese.
I sintomi sfumati dei malanni stagionali sono tanti, dalla nausea a vomito, dalla cefalea all’incapacità di percepire gli odori o i sapori con precisione, dalla spossatezza alla tosse e la febbre è il minimo comune denominatore di quasi tutti i coronavirus.
PRECISAZIONE – una comune affezione gastrointestinale può alterare la percezione del sapore: “Mamma, ho la bocca amara“, come un comune raffreddore può ostruire le vie aeree impedendo di percepire debitamente gli odori; al contrario i sintomi caratterizzanti dell’infezione da Coronavirus sono l’assenza di percezione del sapore (nulla sa di nulla), detta ageusia o forte indebolimento, ovvero disgeusia, e l’assenza di percezioni olfattive, detta anosmia.
La generica confondibilità dei sintomi del Covid-19 rende ancora più difficile il rilascio delle certificazioni valide per il rientro a scuola degli studenti: per scongiurare l’affezione da Coronavirus9, i medici di base tornano a chieder il tampone.
Non solo i pediatri ricorrano ai tamponi ai primi sintomi sospetti di Covid-19, eseguono anche il tampone, cosiddetto No-Covid, come condizione di sicurezza per la riammissione a scuola dello studente.
Ed ecco che il tampone sembra diventare il must-have della stagione scolastica 2020\2021, a tutto danno della continuità didattica dei bambini e dei ragazzi, come di quella lavorativa dei genitori, nonché della loro comune buona serenità.
Se il bambino ha la febbre si fa il tampone per scongiurare una infezione da Covid;
se il bambino ha avuto anche solo il moccolo al naso, si fa il tampone per scongiurare che abbia sintomi sfumati di Covid-19 e non si concede una certificazione valida per il rientro in aula senza un tampone No-Ccovid.
Senza considerare che per un solo positivo in classe il tampone è assicurato a tutti e per la positività di un insegnante con cattedra estesa a più classi vale la stessa pratica del tampone a tappeto. Un sistema giusto in teoria, ma reggerà nella pratica? E quanti tamponi rischiamo di fare?
Citiamo di nuovo IlGazzettino che riesce a chiarire con semplice efficacia quando l’estensione dell’indagine epidemiologica sia necessaria, ovvero quale possa definissi come un “contatto diretto”, posto che a fronte di un caso di positività si eseguono tamponi su tutte le persone che con lui sosto state a stretto contatto o a contatto diretto:
Per “contatto stretto”, si intende una persona che vive nella stessa abitazione di un caso Covid, un contatto fisico diretto come la stretta di mano, oppure non protetto come toccare fazzoletti di carta usati, una relazione “faccia a faccia” a distanza inferiore a due metri e di almeno 15 minuti, un contatto in un luogo chiuso senza protezioni, un operatore sanitario e infine una persona che abbia viaggiato seduta in qualsiasi mezzo di trasporto (Citazione da IlGazzettino).
Soprattutto in relazione alla certificazione valida per la riammissione in classe dopo un’assenza per sintomatologia simil-influenzale, è naturale chiedersi se il tampone possa essere baipassato: febbre (pari a 37,5), tosse, difficoltà respiratorie, affaticamento, congiuntivite, congestione nasale, sintomi gastrointestinali, alterazione del gusto e dell’olfatto, mal di gola, mal di testa e dolori muscolari sono sintomi facilmente riscontrabili in chiunque durante i cambi di stagione, ovvero quando il corpo è disabituato all’abbassamento della temperatura, piuttosto che in inverno a causa della più rigida temperatura ambientale.
Eppure è sufficiente che il bambino o il ragazzo abbia accusato anche uno solo di questi sintomi perchè il pediatra (dopo 3 o 5 giorni di vacanza scolastica, seconda dei casi) sia costretto a certificare l’assenza di una infezione da Covid-19. E qui casca l’asino, anzi il tampone: nessun pediatra può escludere la patologia infettiva da Coronavirus senza un tampone.
I pediatri ricorrano ai tamponi ai primi sintomi sospetti di Covid-19 per prevenire focolai di diffusione del virus, laddove da sempre si dice che le scuole sono incubatori.
Così, da un lato il Ministero chiede ai pediatri un certificato escludente ogni affezione infettiva (Covid compreso), dall’alto esiste solo lo screening del tampone per scongiurare il pericolo Covid, ma farlo a tutti potrebbe portare il sistema al collasso!?
In vista della stagione invernale avete idea di quanti nasini coleranno?
A Treviso e Rovigo, come riporta la fonte di questo scritto, è già partito un acerbo botta e risposta tra Ulss e medici di base: la prima chiede ai secondi di assolvere al loro ruolo di “filtri” tra un comune raffreddore e la necessità di un tampone.
Per sovraccarico di richieste e per minimizzare il pericolo di contagio del personale sanitario, i pediatri e i medici di base finiscono col prescrivere il tampone, anche senza visita in presenza e con triage telefonico.
Sempre IlGazzettino dà voce all’esperto: “ … il pediatra deve eseguire la visita in modo da comprendere se serva o meno il tampone […].”
La discrasia, però, sta nel sistema: il Ministero vuole assicurare la salubrità dell’ambiente scolastico ma la medicina non ha altro che il tampone per escludere con certezza l’infezione.
I tamponi potranno coprire il numero di richieste che si presume accompagneranno l’ondata influenzale o il sistema rischia il collasso? Ai posteri l’ardua sentenza.
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