“La scuola riapre o no?” Ce lo stiamo chiedendo in tanti, la domanda sorge spontanea dinnanzi al crescente numero di casi nonché all’incertezza sulla sostenibilità delle norme anti-Covid e del distanziamento tra gli studenti.
Non esiste una soluzione unica per la riapertura della scuola, un primo grande errore che in molti stanno commettendo è esattamente questo, ovvero uniformare date e soluzioni, mentre è tautologico, anche solo da ricordare, che in un’Italia tanto diversa da luogo a luogo il Covid-19 ha persino amplificato delle diversità.
La scuola riapre o no?
Ci sono scuole enormi, per spazi e logistica, in luoghi poco popolati di studenti e, all’opposto, ci sono scuole piccole in luoghi sovraffollati di bambini e ragazzi, solo per fare un esempio.
Ci sono paesi piccoli e isolati e altri grandi e in perenne contatto con città limitrofe, volendo portare un diverso esempio.
D’altro canto, ci sono famiglie per cui i doppi turni potrebbero essere un disastro e, alla stessa stregua, le entrate a orari differenziati, persino diversi tra i vari figli, potrebbero essere egualmente disagevoli e incompatibili con la vita lavorativa.
La scuola, per la quale si cercano affannosamente delle soluzioni talvolta impossibili, non dovrebbe essere analizzata, come invece sta accadendo, isolatamente dal sistema famiglia, quindi dal sistema produttivo e dal correlato sistema Paese.
La scuola riapre o no con doppi turni e ingresso e uscita differenziati?
Ragioniamo attraverso qualche esempio pratico: i doppi turni possono garantire il distanziamento a fronte di una logistica limitata dal rapporto mq a disposizione – alunni fruitori della scuola.
Ma questi stessi doppi turni si conciliano con le esigenze lavorative dei genitori, soprattutto ne hanno debitamente tenuto conto? La probabile risposta è: “No, non ne hanno tenuto conto”, esattamente come la DaD, così come proposta e strutturata in Italia, non ha saputo tenere conto del fatto che la scuola stava letteralmente entrando nelle case e nelle vite private degli studenti e delle loro famiglie.
L’ingresso e l’uscita differenziati possono arrecare alle famiglie disagi simili a quelli che potrebbero comportare i doppi turni?
Intanto differenziare ingressi e uscite di cinque minuti può rasentare il ridicolo, se non la presa in giro: tutti sappiamo che l’affollamento di macchine, mamme e studenti, auto private per il trasporto o pulmini sono fattori ritardanti ai cancelli delle scuola; non è questo un traffico capace di un ricambio in 5 minuti!
Inoltre se una stessa famiglia ha due o tre figli nel medesimo istituto, cosa che sovente accade, il distanziamento orario dell’uscita equivarrà a una più lunga attesa ai cancelli che, moltiplicata per i differenti genitori come per i diversi mezzi di trasporto privato, che caricano bambini e ragazzi appartenenti a classi diverse, rappresenterà, a sua volta, un potenziale di traffico statico notevole e “invincibile”.
Agosto è passato o quasi eppure nella maggior parte delle scuole italiane sono mancati investimenti strutturali di riorganizzazione degli spazi: più che ai banchi, il cui bando è ancora aperto e il cui arrivo a scuola è ancora un’incognita, forse andavano abbattuti muri, eliminati corridoi, sfruttati spazi “trascurati”, alzati tramezzi e unite aule, eventualmente anche sacrificati temporaneamente laboratori e teatri. Ma le scuole non hanno i fondi per i lavori strutturali o comunque le opere di questo tipo richiedono tempi biblici tra autorizzazioni, burocrazia, attivazione dei lavori, realizzazione e collaudi. Peraltro non è stato questo l’orientamento principale del Ministero, la priorità, per così dire.
Mentre tutt’ora ci sono moltissimi presidi che ancora cercano spazi e aule esterni alla scuola sul loro territorio, il Cts (Comitato tecnoco scientifico) stupisce tutti e, con verbale datato 12 Agosto, annuncia che “nelle situazioni temporanee in cui fosse impossibile garantire il prescritto distanziamento fisico (cioè il metro di distanza tra le rime buccali), si può anche derogare purché si usi la mascherina chirurgica”.
Cosa vuol dire questo?
Di fatto i presidi potranno anche usare i banchi doppi che hanno in dotazione nelle aule (così si risolve il problema dei banchi singoli annunciati, criticati e ancora in alto mare) e il 14 settembre l’apertura della scuola è salva, ovviamente sotto la responsabilità dei dirigenti, con tante preghiere a Gesù Bambino perchè tenga il Covid lontano dalle scuole e, più oggettivamente, nella roulette russa di un virus che promette ancora di essere altamente infettivo.
Ad onor del vero il Cts precisa che queste situazioni di mancato distanziamento andranno “corrette il prima possibile”, il prima possibile quando? Non si sa e nemmeno si sa come … ma il tempo, però, stringe e le famiglie restano in un limbo di incertezze che impedisce loro qualsiasi progettazione sicura e sensata.
Ma le mamme si sentono sicure rispetto alla riapertura delle scuole?
Non sono state istituite infermerie scolastiche, un triage scolastico in caso di sospetti sintomi Covid avrebbe certamente supportato la sicurezza delle mamme e potenziato il senso di affidamento con cui i ragazzi devono essere lasciati a scuola.
Diciamolo fuori dai denti .. . saranno moltissime le mamme che lasceranno i figlia scuola sospirando: “Speriamo che vada tutto bene”.
La scuola riapre o no? Mentre in Italia ci poniamo questa domanda in Germania alcuni istituti fanno retromarcia e chiudono.
La Germania, che peraltro ha avuto regole di riapertura diverse rispetto alla territorialità, sta già facendo retromarcia chiudendo alcuni istituti scolastici a pochi giorni dalla riapertura.
Il carico di responsabilità che l’Italia ha imposto sulla dirigenza scolastica, cioè sui presidi, che come datori di lavoro sono persino responsabili della salute del corpo docente, è oggi, in emergenza Covid-19, enorme. Peraltro con linee guida di estrema genericità persino in relazione ai sintomi “suggestivi” (questo il termine usato nel decreto ministeriale) che possono evocare l’infezione Sars-Cov-2 e richiedere l’isolamento di uno studente.
Si noti che la persona interessata, che dovrà immediatamente essere isolata e dotata di mascherina, così si legge nel decreto ministeriale, per esempio in una scuola elementare, potrebbe essere un bimbo asmatico eventualmente in preda a una crisi. In mancanza di un medico a scuola (medico che avrebbe la possibilità di identificare la causa di un sintomo e di indirizzare docenti e familiari) il suddetto bimbo potrebbe trovarsi ad essere isolato. A fronte di ciò chi ci dice, prima dell’apertura degli istituti, come e dove verrà eventualmente isolato un bambino con sintomi “suggestivi”, in che modo e a che condizioni ciò accadrà?
Un isolamento siffatto potrebbe non tenere conto delle specificità di un caso, come l’esempio dell’asma? E soprattutto in che misura potrebbe essere traumatico?
La scuola riapre o no? Le famiglie hanno bisogno di chiarezza!
La DaD è stata accantonata come l’origine di ogni male e messa da parte come un fallimento, in questi giorni sono uscite le linee guida per la didattica a distanza, non salve da ogni genericità e libertà di interpretazione, ma comunque destinate a sopperire alla scuola in caso di nuovo lockdown.
La domanda sorge spontanea, se queste linee guida dimostrano indirettamente che la DaD è indispensabile in tempo di pandemia perché ad oggi non è stata in alcun modo potenziata?
Perché anziché parlare di banchi e di un impossibile distanziamento non si sono cercati gli strumenti migliori per rendere la DaD più funzionale, più suppletiva delle lezioni in presenza e meno invasiva e coinvolgente per le famiglie?
L’università Bicocca di Milano si è recentemente interessata allo studio della DaD monitorando 7mila nuclei familiari con figli minorenni, a queste famiglie è stato inviato un questionario sottoposto solo a un genitore, per ragioni di verità e aderenza alla realtà delle risposte, le domande sono state indirizzate al genitore che si è occupato di seguire i figli nella DaD.
Rapporto DaD lavoro femminile: in pericolo l’occupazione di molte mamme.
Intanto si registra un primo dato: a rispondere sono state per il 94% le donne, il che vuol dire che la DaD è gravata prevalentemente sulle mamme.
A fronte dei risultati di questo studio, tornando a un punto messo in luce poco sopra: il 65% delle madri ritiene che la didattica a distanza non sia compatibile con il lavoro, men che meno con le libere professioni e il lavoro a partita IVA.
Il 30% delle mamme lavoratrici potrebbe decidere di lasciare il proprio lavoro in casso di nuovo lockdown e nuova DaD. Questi dati non sono trascurabili e dimostrano come la scuola non possa né mettere a arrischio la salute dei ragazzi e delle famiglie né trascurare di armonizzare la didattica integrativa e alternativa con le esigenze della famiglia e della società.
Insomma l’estate sta quasi per finire e la scuola è ancora in alto mare?