Gli studenti più fortunati hanno perduto tre mesi di scuola, altri anche molto di più;
alcuni bambini hanno avuto il privilegio di una quarantena domestica e senza il trauma di pareti colpiti dalla patologia o genitori impegnati in prima linea, ma tanti bimbi hanno letteralmente perduto qualcuno e altri hanno temuto per quei genitori che sono stati esposti al virus sui luoghi di lavoro, basti pensare a medici, infermieri, personale sanitario;
certi studenti hanno potuto usufruire subito della DaD (con tutti i suoi limiti), altri non hanno nemmeno un cellulare;
alcuni giovani ancora fanno pasti regolari, certi “ultimi” sono diventati inaspettatamente figli di poveri o peggio di genitori indebitati fino al collo.
Tutti questi ragazzi meriterebbero però una stessa ricompensa: vivere l’ ultimo giorno di scuola.
Consentire agli studenti delle ultime classi dei singoli cicli (5å elementare, 3å media, 5°superiore) di potersi riunire a scuola (all’aperto o, ove possibile, anche nella loro aula) per celebrare l’ultimo giorno dell’anno scolastico 2019-2020, è questo l’auspicio della viceministra Pd all’Istruzione.
Anna Ascani, questo il nome della viceministra, fa appello al comitato tecnico scientifico perché si vagli una ipotesi di riapertura per le classi conclusive dei singoli cicli e limitatamente al solo ultimo giorno di scuola. Lo stesso appello lo rivolge alla ministra in carica, Lucia Azzolina.
E’ nel corso di un’intervista a “la Repubblica” che la viceminstra chiarisce la portata emotiva di una simile possibilità: “Se proprio non si potrà dare il via libera per un incontro a scuola, immaginiamo allora un museo: l’ultima visita di istruzione nell’anno in cui gite e mostre sono saltate per l’emergenza“.
Ultimo giorno di scuola, facciamone un diritto dei ragazzi e dei bambini a cui il Covid ha portato via un po’ di vita.
I ragazzi sono stati privati del loro diritto a crescere e a formarsi in un contesto altro rispetto alla casa, esclusivo, libero dalle pressioni domestiche e svincolato dalla “iper-protezione” di mamma e papà.
Rinunciando al luogo della scuola, i nostri figli hanno rinunciato a quel posto in cui si formavano come membri della società, ovvero come individui sociali in correlazione con gli altri e incardinati in un sistema fatto di relazioni e scambi, compromessi e incontri. Questa rinuncia, che è cosa altra rispetto agli apprendimenti, avrà un peso specifico su tutta la loro crescita: la futura generazione ha perduto mesi di relazioni sociali e esperimenti di condivisione e interrelazione.
Non possiamo prevederne gli effetti sull’animo degli uomini e delle donne di domani.
Garantire ai ragazzi l’ ultimo giorno di scuola va al di là delle formalità burocratiche:
permetterebbe loro di restituire senso a un lungo percorso bruscamente interrotto per salvaguardare la salute pubblica, non sarebbe un addio ma il simbolo di una speranza e gli consentirebbe di riappropriarsi della scuola considerata come quell’insieme complesso, vasto e importante di ricordi cumulati negli anni.
L’ ultimo giorno di scuola permetterebbe agli studenti di ritrovare la speranza negli occhi degli amici e degli insegnanti, potrebbe essere una cura per un male intimo ancora asintomatico: la paura del domani.
Considerando che la fase due è empiamente iniziata e che si è data presino facoltà agli amici di rincontrarsi, non è impossibile pensare a una riunione per classi nell’androne o nel giardino della scuola, con mascherine, guanti e distanze di sicurezza.
Peraltro, diciamolo senza mentire, le adunate di ragazzi in strada non sono infrequenti e portano in sè un potenziale molto più pericoloso di quello che potrebbe essere un ultimo giorno di scuola come pensato dalla viceministra Ascani.
Da mamma, da blogger e da studentessa di scienze della formazione, ritengo che un ultimo giorno di scuola andrebbe concesso, a scaglioni, a tutte le classi, a tutti gli studenti e a tutti i docenti perché non c’è bambino o ragazzo che non abbia bisogno di recuperare la speranza, i ricordi di un anno abbandonato all’improvviso, lo sguardo avvolgente di quella stessa professoressa o maestra che lo ha tante volte accarezzato, sorretto e abbracciato senza nemmeno sfiorarlo.
Per noi genitori la scuola è spesso solo il luogo della formazione, ai nostri figli lo descriviamo come quel posto dove “devi andare per imparare e devi comportarti bene“, questa visione limitante non corrisponde a ciò che la scuola è e rappresenta per i ragazzi.
Gli studenti vivono la scuola con intensità e emozionalità esclusive della loro età, la scuola è per loro tanta roba insieme: è amicizia, lotta per l’affermazione della propria personalità, sofferenza, gioia, allegria e paura, rabbia e incontro, la scuola è vita con tutto ciò che comporta e realizza. I ragazzi che hanno perduto la scuola hanno perso un po’ della loro vita.