Saranno i ricordi dei nostri figli a raccontare, in un giorno ancora lontano e attraverso le loro memorie rielaborate, l’esperienza del Covid-19. Sarà solo allora che noi, e il mondo tutto, potremo capire qual è stato il peso del Covid sui bambini. Un ruolo particolare lo hanno i figli degli infermieri e dei medici, quei bambini che hanno dovuto improvvisamente capire perchè la mamma o il papà non potevano essere abbracciati o peggio perchè non potevano coabitare con loro.
Una cosa è certa, più le famiglie sono state coinvolte dal Covid, ovvero più il Coronavirus le ha attraversate e interessate, più i bambini ne porteranno le tracce.
Mentre una quarantena in lavoro agile è un privilegio non di tutti, molti genitori hanno perduto il lavoro, altri hanno dovuto continuare a lavorare in condizioni di rischio, altri ancora si sono ammalati e tantissime famiglie hanno dovuto dire addio a qualcuno di caro.
Tra le tante realtà, indicative del forte peso “parallelo” del Covid sui bambini, colpisce diritto al cuore quella dei figli degli infermieri. A dimostrazione del fatto che nel corso dell’emergenza Covid l’attenzione rivolta ai bambini è stata troppo spesso poca, raramente si è parlato dei figli degli infermieri e dei medici, quei bambini che spesso, per essere protetti, sono stati isolati dai genitori e affidati ai nonni oppure sono stati istruiti a restare a distanza di sicurezza dal genitore.
Non di rado i bimbi hanno dovuto soccombere a una visione adultizzata del problema Covid e, più nello specifico, troppo raramente i figli degli infermieri e dei medici hanno avuto menzione.
L’ordine delle professioni infermieristiche di Bologna parla su Facebook dei figli degli infermieri e lo fa attraverso la voce di una di quelle donne che a lungo abbiamo chiamato “eroe“: a prestare la sua testimonianza è l’infermiera Milena Racioppi, infermiera di Pronto soccorso e 118 a San Giovanni in Persiceto in provincia di Bologna. Milena è una mamma infermiera che testimonia la fatica, l’impegno e il dolore di distaccarsi dai propri bambini per proteggerli.
Dopo essere entrati in contatto con i primi pazienti Covid, Milena e suo marito, entrambi infermieri, hanno scelto di isolare se stessi dai figli lasciando questi ultimi alla cura esclusiva dei nonni.
“Sia io che mio marito abbiamo vissuto l’isolamento, perché avevamo avuto i primi contatti con i pazienti Covid. I nostri figli erano già a casa dei nonni. Dopo, la cosa più sensata per abbassare il rischio di contagiarli era lasciarli dai nonni e io ho pensato: – meno male che non sono a casa.“
E’ con queste parole che Milena ritorna con la memoria ai primi momenti dell’emergenza, quelli in cui la maggior parte delle mamme e dei papà infermieri, medici e sanitari tutti sono stati chiamati a predisporre un “protocollo familiare e domestico” di tutela dei loro cari.
In questa circostanza così difficile e ignota, almeno in fatto di conseguenze e implicazioni poiché il Covid si conosceva allora meno di oggi, i figli degli infermieri e dei medici hanno avuto un ruolo indiretto: sono stati costretti a una deprivazione affettiva che li ha forzosamente chiamati a diventare grandi all’improvviso.
“Deve rimanere traccia di tante cose importanti riguardo a questa pandemia, ma credo che sia importante e necessario che quello che i figli dei sanitari vivono in questo momento non vada perso, in futuro tutti loro saranno la memoria di tutto ciò che stiamo vivendo e nulla deve andare perduto.”
Milena sorride quando confessa: “Non siamo degli eroi, noi facciamo il nostro lavoro.” I veri eroi sono i figli degli infermieri e tutti i bambini memoria storica del Covid.
Questa nuova patologia ha spezzato le famiglie, le ha divise, ha portato i figli dei pazienti, del personale sanitario, dei medici e i figli degli infermieri lontano dai genitori. La nostra comunità sociale non era pronta all’isolamento.
I bambini si sono trovati a vivere una circostanza che ha interessato i genitori restandone coinvolti direttamente ma senza avere il tempo di metabolizzarla e comprenderla. Questo, associato anche all’isolamento in cui la malattia e la sua assistenza spingono, ha fatto nascere nei bambini un nuovo senso di paura, cioè ha instillato in loro la paura di qualcosa mai conosciuto prima. Questa paura è un nuovo sentire rispetto al quale nessuno di noi è confortato dall’esperienza e che indistintamente ricade su tutti.
Voce di Napoli ha raccolto dalla voce di Ivana Modica, un’altra infermiera mamma, la testimonianza di chi ha combattuto in prima linea lasciano la famiglia a casa e tornando dalla famiglia ogni giorno con la paura del mostro invisibile. Ivana è impegnata nella lotta al Covid presso il Cotugno di Napoli e ad ogni turno lascia a casa una bambina di 11 anni.
“Mamma i tuoi pazienti hanno bisogno di te, tu devi andare in ospedale“, queste le parole della bimba di Ivana.
“In questa emergenza l’assistenza è fondamentale. Noi stiamo mettendo da parte i nostri problemi e la nostra famiglia“, le parole di Ivana ci ricordano che l’infermiere è prezioso per la comunità ma è e resta umano, nello svolgere il loro lavoro contro il Covid gli infermieri hanno in parte perduto la loro umanità trasformando se stessi in eroi contro un Mostro sconosciuto. Nessuno di noi deve dimenticare che dietro l’umanità degli infermieri c’è quella delle loro famiglie e del loro figli.
I figli degli infermieri hanno rinunciato agli abbracci dei genitori, talvolta alla convivenza con loro, hanno dovuto compenetrarsi nelle loro scelte e esigenze professionali. Questi bambini sono dei veri eroi come tutti i figli dell’intero personale sanitario.