Il 27 novembre alle 10:30 si sono tenuti i funerali delle due sedicenni morte mano nella mano sull’asfalto di Corso Francia a Roma. L’ultimo saluto a Gaia e Camilla ha avuto luogo nella parrocchia del Preziosissimo Sangue in via Flaminia Vecchia a Roma. Intanto è agli arresti domiciliari il 20enne che era alla guida del Suv che ha impattato, probabilmente violentemente, contro le ragazze, l’immagine della vettura col muso accartocciato è l’impressionante testimonianza di una morte violenta e immediata.
Per Gaia e Camilla, sull’asfalto grigio di Corso Francia restano i fiori, i pupazzi e le lettere lasciate dagli amici come dai comuni cittadini.
L’incidente mortale sta scuotendo il Paese nel profondo perché sembra essere figlio della velocità, della guida imprudente, della giovinezza spensierata e di un destino così fatale da togliere il futuro a due giovani donne. Per di più la famiglia di Gaia era già stata colpita da un dolore consumato sull’asfalto: nel 2011 il papà Edward aveva perso l’uso delle gambe in un incidente in moto.
Come sono morte Gaia e Camilla?
Uno dei testimoni chiave ha da subito messo l’accento sull’elemento velocità:
– Ho visto arrivare l’auto di Pietro Genovese, andava molto veloce.
E di fatto la velocità è un elemento chiave nelle motivazioni dell’arresto, il magistrato che lo ha disposto, ha scritto:
– (Pietro Genovese, ndr.) ha ignorato i rischi.
Il 20enne, presunto responsabile della morte di Gaia e Camilla, era alla guida di un Suv, correva e aveva bevuto, così la stampa nazionale riassume il contesto del dramma. Il peso della vicenda si fa, se possibile, ancora più gravoso in ragione dei precedenti del Genovese, già in passato “gli era stata ritirata la patente di guida per violazione al codice della strada“.
Va detto per chiarezza di informazione, che IlMessaggero ha raccolto la fondamentale testimonianza di uno dei due passeggeri del Suv, un giovane amico dell’autista che sedeva proprio al suo fianco: il ragazzo sostiene che a causa della pioggia, della inusuale provenienza delle due ragazze (che avevano scavalcato il guardreil e attraversato col rosso ) e della loro corsa nel buoi, vederle ed evitare l’impatto era impossibile.
Pioveva, era buio, ma ricordo perfettamente cos’è successo: ho visto due sagome apparire dal nulla e poi il corpo di una di loro rimbalzare sopra il cofano. (Fonte dichiarazione IlMessaggero).
Le circostanze della morte di Gaia e Camilla sono state ricostruite grazie a quattro i testimoni, tutti automobilisti che al momento dell’incidente erano in transito su Corso Francia e, loro malgrado, hanno assistito allo schianto mortale.
Le due ragazze erano poco distanti da casa, stavano rincasando poco dopo la mezzanotte, il loro coprifuoco era scattato e correvano verso le rispettive famiglie, avevano avvisato le mamme e il sicuro uscio domestico sembrava a un passo.
Si tenevano per mano come fanno le amiche del cuore a quell’età, le compagne fedeli, le alleate giovani e cariche di sogni, le vicine di banco che a scuola condividono i giorni e le ore.
Senza ponderare bene i pericoli e le circostanze, mano nella mano hanno scavalcato il guardrail e attraversato con il rosso.
Uno dei testimoni ricorda che il semaforo pedonale era diventato rosso da poco dando il via libera al transito delle autovetture.
La loro condotta è stata messa agli atti come incautamente spericolata, così l’ha definita il giudice.
Il comportamento non cauto delle giovani vittime di Corso Francia non attenua però la responsabilità dell’automobilista che le ha colpite in pieno. Il Suv “percorreva una strada all’interno di un agglomerato urbano in un punto caratterizzato dalla presenza di case e locali notturni a velocità elevata e con un tasso di alcol nel sangue superiore al limite consentito – scrive il magistrato – […] pur non avendo voluto cagionare l’incidente ha violato le regole di diligenza e prudenza che si richiede a ogni automobilista al fine di scongiurare situazioni di pericolo proprio e altrui“.
La stampa riporta un dato non secondario: la notte dell’incidente, avvenuto tra il 21 e il 22 dicembre intorno alla mezzanotte, l’automobilista alla guida del Suv aveva un tasso alcolemico di 1,4 nel sangue, mentre il limite stabilito dalla legge è di 0,5 grammi per litro.
Anche qui, ad onor del vero, va aggiunto l’importante aggiornamento che viene dalla fonte stampa IlMessaggero, uno dei passeggeri del Suv smentisce lo stato di ubriachezza dell’autista:
Aveva bevuto un paio di bicchieri di vino, ma non era ubriaco o drogato: nessuno quella sera aveva fumato canne.(Fonte dichiarazione IlMessaggero – aggiornamento al 28 dicembre 2019, ore 6:30).
E’ la stessa stampa nazionale a sostenere – proprio in queste ore – che alle tracce di alcol probabilmente non se ne accompagnavano altre di varie sostanze stupefacenti o comunque non è ascrivibile correlazione tra queste ultime e l’incidente. Le parole del giudice, come riportate dalla stampa, sono chiarificatrici.
Il giudice esclude l’aggravante dell’assunzione di stupefacenti “perché non è in alcun modo provato lo stato di alterazione psicofisica dovuto all’uso delle droghe, infatti le sostanze riscontrate sebbene presenti ben potevano essere state assunte da Genovese in epoca precedente all’incidente“. E aggiunge: “lo stato di ebrezza dell’indagato era tale da diminuire certamente la prontezza di riflessi alla guida, senza tuttavia porre il guidatore in stato di incoscienza”. (Aggiornamento alle 11:22 del 27.12.2019)
Gaia e Camilla sono morte sul colpo, lo conferma l’autopsia:
l’esame autoptico sui corpi è stato eseguito il 23 dicembre, il medico legale ha confermato che Gaia e Camilla sono morte sul colpo.
La causa del decesso è da attribuire allo sfondamento della scatola cranica immediatamente successivo al violento impatto con il Suv ed è escluso che i corpi siano stati trascinati o colpiti da altre autovetture.