Jolanda è morta a otto mesi di vita per le percosse e i maltrattamenti reiteratamente ricevuti dal padre: la situazione è precipitata quando l’uomo ha fatto ritorno dalla comunità di recupero in cui aveva intrapreso un percorso di disintossicazione, era un tossicodipendente, e tutto sarebbe principiato dalla sua avversione per la figlia, probabilmente nata con la colpa di non essere un maschio. I giornali titolano bimba morta a 8 mesi, ma il titolo più giusto sarebbe accompagnato da un un punto di domanda:
bimba morta a otto mesi, perchè? E la risposta è semplice: perchè nessuno ha fermato il mostro!
La morte di Jolanda porta le lancette dell’orologio indietro nel tempo di decenni in punto di discriminazione di genere, mentre, in fatto di violenza, ci riporta a inaudite barbarie che persino gli uomini primitivi avrebbero riconosciuto come disumane. Eppure Jolanda è morta senza che nessuno fermasse suo padre.
Bimba morta a otto mesi di vita, la mamma consegna alle autorità un agghiacciante racconto di violenze e sevizie:
“Mio marito mi picchiava e infieriva su Jolanda“, ma questa sintesi non basta a spiegare come, il 22 giugno scorso, una piccolissima creatura di appena 8 mesi sia giunta alla morte con un corpo dilaniato dalle ecchimosi e dai segni di una violenza ripetuta nel tempo.
“Fino a due mesi fa mia figlia ha goduto di ottima salute, ma quando mio marito è tornato dalla comunità la situazione è cominciata a degenerare. Ha ricominciato a maltrattare Jolanda praticamente tutti i giorni. Quando gli dicevo di portare nostra figlia in ospedale, mi rispondeva che non era il caso perché per le condizioni in cui era ci avrebbero arrestati. Prima dei pizzicotti mio marito prendeva in braccio la bambina la stringeva folte al suo viso e strofinava il viso contro il suo fino a farle male“.
La mamma di Jolanda giustifica se stessa raccontando agli inquirenti dei suoi tentativi di urlare forte affinché il vicinato la sentisse e si allertasse, riporta alla luce i ricordi di una lunga segregazione e narra di sua figlia a cui il papà negava ogni bene perché avrebbe voluto un maschio. Ma può un padre uccidere piano piano mentre nessuno riesce a vedere, fermare e opporsi fermamente e fisicamente alla violenza?
“Giuseppe l’afferrava alla gola e al mento e la scuoteva. Mio marito prendeva mia figlia dalle guance, con una sorta di pizzicotto e, stringendola, la sollevava in alto. Mia figlia cominciava a piangere. Io non protestavo perché altrimenti mi avrebbe picchiata.”
In giurisprudenza si insegna agli studenti che la condizione di choc emotivo è soggettiva: di fatto non tutti reagiscono all’ampio concetto di paura nello stesso modo e ciò che può bloccare una persona, per stravolgimento emotivo, potrebbe avere un effetto minore o persino irrisorio su un’altra. Traducendo ciò in relazione alla bimba morta a otto mesi, si deve riconoscere che probabilmente la mamma di Jolanda ha vissuto in una condizione di relegazione psicologica e di insostenibile terrore: il marito la spaventava a morte! Malgrado tutto questo, anche qui vale una domanda che in molti si pongono: è possibile che l’istinto di protezione di un figlio non prevalga su qualsiasi paura?
Immacolata Monti, la mamma di Jolanda, la bimba morta a otto mesi, consegna agli investigatori un racconto struggente:
Giuseppe Passariello, il papà killer di Jolanda, “Avrebbe voluto un altro maschio. E ha cominciato, quando aveva quattro mesi, a dare (a dare alla piccola Jolanda, ndr) dei pizzicotti e a dirle che non la voleva“, così mamma Imma dà un movente all’orrore della morte di sua figlia aggiungendo che pur di non lasciarla scappare e affinché non rivelasse a nessuno ciò che viveva, il marito teneva madre e figlia in casa privandole di ogni contatto con amici e parenti.
Ma ancora una domanda si fa strada: nessuno nella comunità di Sant’Egidio di Monte Albino ha notato alcuna stranezza in quella famiglia e in quell’isolamento che Immacolata racconta come serrato?
Giuseppe non si fermava neanche davanti al pianto disperato della bambina, “Deve capire chi è il padre“, diceva. Lo racconta Immacolata giurando di aver tentato di fermare la furia del suo uomo, evidentemente, però, non è riuscita affatto in questo intento.
“Mi diceva che dovevo farmi i fatti miei anche quanto maltrattava mia figlia.”
Per correttezza di informazione va detto che i servizi sociali del Comune erano allertati, le segnalazioni di alcuni vicini avevano fatto sì che la macchina burocratica si avviasse: il vicinato aveva di fatto notato i pianti strazianti della bambina. Ma dove si sono fermati i “soccorsi” prima della tragedia è ancora cosa da stabilire.
La bimba morta a otto mesi per le percosse e i maltrattamenti del papà era già una creatura sfortunata: sebbene il padre non ne fosse a conoscenza, Jolanda era affetta da una ridotta mobilità agli arti superiori e sin dalla nascita affrontava un percorso medico di assistenza e cura.