Ai genitori di oggi manca il coraggio: per questo i genitori non sanno educare i figli?
Il noto psichiatra Paolo Crepet intitola un suo libro “Il coraggio. Vivere, amare, educare”. Associare il termine coraggio al verbo educare non è un’occasione di mero dibattito intellettuale, oggi risponde a un’esigenza sociale: i genitori mancano di coraggio nell’educazione dei figli nella misura in cui sono sempre meno di esempio e acquisiscono sempre meno un “ruolo” educativo ripiegando su amicizia e confidenzialità, a tutto danno dell’educazione e della formazione.
Se gli adulti perdono di vista il coraggio, nella loro veste di mamme e papà diventeranno incapaci di assumere decisioni e prendere posizioni: questo è il ritratto dei genitori che non sanno educare, formare e orientare.
I genitori non sanno educare, manca loro il coraggio per farlo.
Un buon genitore non è solo quello che dà, men che meno è quello che sceglie la strada più facile e breve: spesso si concede per esemplificazione perché una concessione dell’ora e adesso equivale alla quiete del momento, evita una discussione e posticipa un impegno educativo;
un buon genitore è quello che offre il buon esempio, ma sovente questo è difficile perché impone una personalissima messa in discussione di se stessi;
un buon genitore non è un amico, ma è colui che detenendo un ruolo pretende il rispetto del figlio educando, contemporaneamente, alla reciprocità affettiva in un’ottica di accoglienza, incontro e condivisione.
I genitori non sanno educare se disconoscono il proprio ruolo concedendo al figlio di ignorare il rispetto.
Un genitore non può, e forse nemmeno deve essere, inflessibile e chiuso(questa è la mia opinione di figlia, di donna, di madre, di blogger e di studentessa in scienze della formazione), nessun adulto nel rapporto con un giovane deve essere rigido. Tuttavia il genitore, come qualsiasi adulto di riferimento, deve farsi paladino di valori importanti. E questi valori vanno difesi.
Educare equivale anche a seminare valori e a coltivarli, troppo spesso questo principio etico si dimentica e l’educazione si trasforma in un addestramento del bambino al mondo.
Ragioniamo attraverso qualche esempio pratico (esempio che finirà per richiamare problematiche moderne e importanti come il bullismo):
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- quando un genitore moderno evoca la violenza come legittima difesa, più che educare sta istruendo il figlio ad adattarsi al mondo rispondendo al negativo col negativo;
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- quando un genitore non pretende dal figlio altro che la promozione, più che promuovere la crescita del ragazzo lo sta educando all’assuefazione alla mediocrità e gli sta dimostrando che la cultura non è un valore primario;
- quando un genitore mente al figlio o gli nasconde le proprie debolezze, più che istruirlo alla verità emotiva e valoriale, lo sta spingendo ad alimentare l’inganno negando che la trasparenza sia una necessità e un motore della vita familiare.
I genitori non sanno educare i figli nella misura in cui negano loro di manifestare se stessi spontaneamente e genuinamente
Viviamo nella società del parallelismo, del confronto, della prepotenza come mezzo di affermazione personale e dell’apparenza. Perché ci siamo ridotti a questo?
Noi, così come siamo oggi, anche socialmente intesi, rappresentiamo il risultato di un processo di perdita e caduta di valori morali ed etici: perseguiamo un falso egualitarismo, figlio della massificazione in cui ci accontentiamo di somigliare al “tutti” più che di ricercare la nostra felicità.
E in questo la scuola è complice dei genitori: per educare un ragazzo bisogna trattarlo in modo da riconoscergli la sua unicità, cioè con rispetto dei suoi talenti e allo stesso modo dei suoi limiti.
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