Parlare da soli è naturale, a limitare il dialogo egocentrico sono le convenzioni sociali e il pregiudizio che l’auto-dialogo sia sempre il sintomo di una patologia mentale.
Vygohtskij (pedagogista del 900), specialista in psicologia dello sviluppo, ha ammesso che questo tipo di discorso autoreferenziale fa parte di un processo naturale di acquisizione ed evoluzione delle capacità linguistiche del bambino:
i cuccioli d’uomo prima sviluppano un linguaggio egocentrico (cioè parlano tra sé e sè mettendo in pratica il linguaggio appreso socialmente e affinandolo) e, solo successivamente, dialogano col mondo.
L’azione del parlare da soli è stata oggetto di approfonditi studi psicologici
I risultati scientifici escludono che il discorso a se stessi possa comunemente essere patologico.
All’opposto l’auto-dialogo è figlio di una costante e concreta capacità di introspezione che realizza una buona e proficua esternalizzazione dei sentimenti e un’ottima attenzione sul “sè”, inteso come complesso di aspettative e sentimenti.
La psicologa Isabel Larraburu ha concluso che le persone che usano parlare da sole non sono necessariamente solitarie o introverse, semplicemente sono capaci di non nascondere a se stesse emozioni e paure, recondite opinioni e stati d’animo.
Chi parla da solo ha bisogno di auto-ascoltarsi ovvero necessita di una pluralità di stimoli emotivo-sensoriali per soddisfare la comprensione del sè e degli avvenimenti in cui l’io si trova coinvolto.
Può capitare di parlare da soli anche occasionalmente, ovvero a chi comunemente non si sfoga in questo modo:
l’auto-dialogo occasionale può essere figlio di un frangente di solitudine: “Se costrette all’isolamento o alla solitudine (le persone, ndr), possono costruire il proprio ambiente parlando da sole, con gli animali o con le piante” – Isabel Larraburu.
Del resto lo stesso Vygohtskij afferma che il bambino impara a parlare da solo prima di imparare il linguaggio pienamente comprensibile agli altri. Così l’adulto parla da solo in quei momenti in cui sente il bisogno di auto-comprendersi, in quelle fasi introspettive in cui sta costruendo la propria coscienza delle cose e della realtà.
Parlare da soli gli esperimenti degli scienziati Daniel Swingley e Gary Lupyan
Secondo lo studio messo a punto da questa coppia di scienziati, le persone che parlano da sole potrebbero essere più intelligenti rispetto alla media, libere dal condizionamento sociale e più capaci di altri di sintetizzare e incamerare dati funzionali dalla realtà esterna.
Nell’aprile 2012, lo studio è stato pubblicato su Quarterly Journal of Experimental Psychology; gli psicologi Gary Lupyan (dell’Università del Wisconsin-Madison) e Daniel Swingley (dell’Università della Pennsylvania) hanno campionato i partecipanti sottoponendoli a una serie di esperimenti per l’effetto dell’azione di parlare da soli sulla psiche.
Le conclusioni della ricerca:
si è potuto osservare che le persone spesso borbottano tra sé (linguaggio auto-referenziale) quando cercano di trovare qualcosa – ad esempio, un barattolo di burro di arachidi sullo scaffale di un supermercato o il burro nel loro frigorifero.
Gary Lupyan e Daniel Swingley, in una prima tipologia di esperimento, hanno mostrato ai partecipanti 20 foto di vari oggetti chiedendo loro di trovarne uno in particolare.
In alcune prove, i partecipanti si sono trovati dinnanzi ad un’etichetta di testo che indicava loro quale oggetto avrebbero dovuto trovare (“Per favore cerca la teiera“, per esempio).
In altre prove, invece, agli stessi soggetti è stato chiesto di cercare un oggetto dando loro la possibilità di ripetere a voce alta il nome dello stesso durante la ricerca. Si è scoperto che parlare da soli (cioè ripetere il nome o i nomi degli oggetti da cercare) velocizzava notevolmente la ricerca stessa.
In una seconda tipologia di esperimento, i partecipanti hanno svolto un’attività di acquisto virtuale:
prima hanno visto fotografie di oggetti comunemente presenti sugli scaffali dei supermercati e successivamente gli è stato chiesto di trovarli il più rapidamente possibile durante il loro shopping virtuale. Nello specifico la richiesta riguardava ungenere di prodotto: ad esempio, ai partecipanti veniva chiesto di trovare tutti i sacchetti di mele o tutte le bottiglie di una specifica bevanda.
Anche in questo caso è stata registrata una particolare prontezza e una massima velocità in chi ha ripetuto a voce alta il nome dei prodotti durante la ricerca.
Perciò se usate parlare da soli, a parte la vergogna indotta da falsificazioni culturali, sappiate che probabilmente in voi si attivano meccanismi di sintesi della realtà non mediati, veloci e intelligenti, anche sopra la media.
Tutto ciò spiega, altresì, come parlare ad alta voce e parare da soli possa coadiuvare la memoria e l’apprendimento (non è un caso che nei bambini si stimoli la lettura a voce alta e la ripetizione delle materie orali in auto-dialogo).