Megan è oggi un angelo che nella vita della mamma ha lasciato un incolmabile vuoto e un sempre eterno dolore. La donna, che ha visto morire la figlia dopo la diagnosi di una rara e aggressiva forma di cancro al polmone, sapeva da tempo che c’era qualcosa di “anomalo” nella salute della figlia, eppure non riusciva a venire in contatto con uno specialista.
L’assistenza ospedaliera che le è stata offerta tutte le volte che ha portato Meghan in ospedale si è fermata al parere di medici generici, praticanti e infermieri.
Kelly Clarkson ha perso la figlia di due anni a causa di un cancro al polmone, oggi vuole dare un senso alla morte della sua bambina lottando affinché a nessun altra madre vengano negati accertamenti specialistici.
Questa donna ha portato la sua piccolo in ospedale più volte, pur chiedendo accertamenti e approfondimenti in molti mesi è stata visitata da sei medici generici e cinque infermieri, malgrado fosse piccolissima, la mamma avvertiva che nella sua salute c’era un imprecisato difetto o problema.
Megan aveva sviluppato una brutta tosse già nel settembre 2016. Era un sintomo, se fosse stato certificato e indagato la piccolina avrebbe potuto ambire a cure diverse, più pronte e in una condizione fisica non così degenerata come quella che presentava all’atto della scoperta del tumore, ovvero quando ormai era già troppo tardi.
La madre di Megan racconta che il cancro al polmone della figlia fu confuso con asma, il ritardo nella diagnosi ha significato tutto: ritardo nell’accertamento delle condizioni, nelle cure e nell’operazione
Le diagnosi che Megan otteneva non cambiavano mai, nonostante il ritmo respiratorio aumentasse fino a raddoppiare il livello normale e malgrado le costanti e evidenti difficoltà respiratorie.
Alla donna, ad ogni visita e ad ogni sollecitazione, veniva opposta una vaga risposta: l’unica diagnosi pronunciata parlava di asma, intanto, a detta dei medici, era necessario che il caso della figlia fosse “discusso”.
Si è addivenuti a una conclusione, però, molto tardivamente e grazie all’ennesima visita di un altro medico generico. Solo a quest’ultimo si deve l’intuizione e il coraggio di discostarsi dalle diagnosi dei colleghi che lo avevano preceduto.
Indirizzata da uno specialista al Victoria Hospital, la piccola Megan subì la sua prima radiografia: un polmone era “bianco”, ma questo sintomo, spesso segno di polmonite, costituiva il più preoccupante indicatore della patologia della piccola: un blastoma pleuropolmonare di tipo tre – una forma rara e aggressiva di cancro al polmone.
Nel gennaio 2018 la bimba fu operata ma un enorme emorragia e un arresto cardiaco hanno segnato la fine del suo dolore ed è morta il giorno successivo all’operazione dalla qual mai si è risvegliata.
Nella mia denuncia ho sottolineato che volevano avere una consulenza per una bambina di due anni con difficoltà respiratorie. Non mi è stato fornito un medico. Hanno dovuto discutere il mio caso. Mi hanno trasformata in una persona che non sono e sbattevo il telefono dinnanzi ad ogni rifiuto.
Mi sentivo giudicata perché lavoro: per questi appuntamenti devi telefonare ogni giorno dalle 8.30 del mattino e ci vuole un’eternità per parlare con un operatore.
Puoi telefonare da 40 a 50 volte solo per ottenere una visita medica
Così parla la mamma di Megan alla stampa.
La denuncia della mamma di Meghan è stata resa pubblica dal Mirror, i fatti, accaduti in territorio americano, aprono uno squarcio sulle lungaggini della sanità nel mondo come in Italia. Condividere il suo appello significa sensibilizzare tutti: un problema banale può rivelarsi vitale.