Negli ultimi anni sempre più spesso gli psicoterapeuti si trovano ad affrontare lo spinoso tema della trascuratezza emotiva. Un disturbo disfunzionale dell’infanzia, che fino a pochi anni fa era considerato minore, solo perché gli effetti certi si vedono in età adulta.
Ultimamente, invece, la trascuratezza emotiva sta destando molta attenzione.
La trascuratezza emotiva si verifica quando i genitori, pur occupandosi dei loro bambini in ogni bisogno primario, dimenticano completamente la sfera emotiva. Nasce così, per una estremizzata forma di noncuranza.
Sembra cosa da poco, eppure rischia di rovinare la vita.
Ma come si mostra la trascuratezza emotiva?
Questa patologia è una specifica configurazione del campo relazionale tra l’adulto e il bambino, che diventa potenzialmente patogena e che si verifica nel momento in cui si manifesta un’assenza di reciprocità emotiva da parte degli adulti di riferimento, per la quale i bisogni affettivi del bambino vengono sacrificati sull’altare delle loro ansie, dei loro conflitti, delle loro proiezioni. Volendo essere più specifici potremmo dire che in questi casi, i bisogni dei bambini sono esclusivamente subordinati a quelli dei genitori o di chi ne fa le veci.
La trascuratezza emotiva è oggi ufficialmente considerata in psicanalisi la base di numerosi disturbi psicopatologici. Vediamo perché.
Sappiamo che la personalità di un bambino è ancora in fieri così come il suo delicato equilibrio psicofisico. Il bambino per crescere ha bisogno di sperimentare il mondo circostante e allo stesso tempo di sperimentare le sue capacità e mentre questo particolare processo avviene, i suoi genitori rappresentano proprio il ponte di collegamento, di decodificazione potremmo dire, tra il mondo esterno e quello interiore del bambino.
Quando l’adulto di riferimento nega il suo appoggio emotivo per qualsiasi dei motivi elencati sopra, il bambino impara che non può avere fiducia del mondo esterno, che la realtà fuori da lui è qualcosa di cui aver paura, di cui diffidare.
Per gli psicanalisti la trascuratezza emotiva si basa per lo più su omissioni di gesti di incitamento, di abbracci, di sorrisi
A primo acchito queste mancanze potrebbero sembrare un’inezia rispetto all’esplicazione complessiva del difficile ruolo genitoriale, ma la loro mancanza proprio perché i bisogni materiali sono tutti soddisfatti ( ad esempio cibo, scuola, cure mediche) genera nel bambino un senso di colpa per non sentirsi compreso, amato, nonostante tutto quello che i genitori materialmente fanno per lui e che lo porterà a pensare di essere lui stesso il problema. È così che nasce quel profondo senso di inadeguatezza, di vergogna e una particolare sensazione di invisibilità, che il bambino rischierà di portarsi dietro per tutta la vita.
La trascuratezza emotiva va distinta dall’abuso emotivo
L’abuso emotivo si verifica nei casi peggiori, quando l’adulto non solo evita in assoluto qualsiasi forma di contatto emotivo con il bambino, ma soprattutto gli mostra con parole ed esempi che tutto ciò che il bambino fa è sbagliato, che è un peso, un intralcio alla corsa perenne della sua vita. Nell’abuso emotivo il genitore, preso esclusivamente da stesso, è totalmente distante dalla vita del bambino e per soddisfare i suoi bisogni emotivi nega al bambino la possibilità di sperimentare, di sbagliare. In questo modo il genitore sacrifica, dunque, la possibilità del bambino di crescere in maniera sana.
La totale assenza sul piano emotivo lascia che il bambino, che non è ancora in grado di riconoscere gli sbagli dei genitori, provi una sensazione di vuoto incolmabile, una sensazione molto simile al trauma di abbandono, per la quale sará portato a considerarsi da adulto una persona che vale poco o niente, incapace di considerazione da parte degli altri, perché incapace di ottenere quella dei suoi genitori.
Il bambino infatti è troppo piccolo per capire che il problema sono i suoi genitori e quindi costruirà la sua personalità sulla base di questi presupposti distruttivi, che possono essere l’avamposto di tante patologie di dipendenza.
Quali sono i sintomi dell’adulto che ha vissuto una trascuratezza emotiva nell’infanzia?
In un interessante articolo della dottoressa psicologa e psicoterapeuta Pamela Busonero vengono elencati i sintomi più comuni della trascuratezza emotiva:
- Paura dell’abbandono
- Sensazione di vuoto interiore
- Paura del giudizio
- Sentirsi spesso scoraggiati
- Perfezionismo
- Paura del rifiuto
- Bassa autostima
- Sensazione che manchi sempre qualcosa
- Aspettative ed obiettivi non chiari
- Sensazione di essere inferiore agli altri
- Vergogna
- Sensazione di essere inadeguato
- Ansia sociale
- Poca fiducia nelle proprie emozioni e nell’istinto
- Difficoltà a capire e riconoscere le proprie emozioni
- Sensazione di non essere degno di essere amato
- Sensi di colpa
- Problemi nella vita di coppia
- Difficoltà a scegliere il partner “giusto”
Dopo averli letti, chiudiamo gli occhi e immaginiamo i nostri figli da adulti. Siamo davvero sicuri che non proveranno niente di simile?
La risposta è complessa, ma proviamo comunque a darla.
Mangiare, dormire, studiare sono tutti bisogni primari dei nostri bambini, per i quali noi ci preoccupiamo, ci mettiamo in discussione, ci sacrifichiamo. E pure ce n’è uno altrettanto fondamentale che spesso presi dalla gestione degli altri o dell’altra quotidianità potremmo tendere a considerare come minore : il bisogno d’amore dei nostri figli.
Abbracciamoli. Ascoltiamoli. Chiediamoci, anzi chiediamogli cosa vogliono davvero. Ricordiamoci che il loro futuro si costruisce un pezzettino alla volta qui, ora mentre noi gli siamo accanto. E se vogliamo vederli sereni dobbiamo chiederci ogni sera:
Oggi mio figlio è stato un bambino felice?
E se ancora non bastasse possiamo tenere a mente queste parole:
Ogni bambino è come una carta bianca sulla quale tu inizierai a raccontare una storia e lui la continuerà, scrivendo i capitoli che gli piacciono; anche se in futuro spetterà a lui decidere come continuarla, oggi sei tu che tracci lo schema, che scrivi, che possiedi l’unico strumento che serve allo scopo: la penna. Il figlio è il foglio, una carta bianca sulla quale resta impresso tutto: parole, gesti, ricordi, ma se il foglio è bianco e puro, l’inchiostro è magico, di quelli simpatici. Quel che resta nel tempo, quando sbiadisce l’effetto dello scritto in sovrimpressione, sei tu. È il romanzo della tua vita.
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