“Mio figlio non mi sta a sentire, fa sempre i capricci, non so più come prenderlo“
“Mio figlio si arrabbia, piange e urla come un disperato e io non so che fare! Prima non era così, era un bimbo bravo e calmo.“
Queste frasi sono tipiche della mamme che insieme ai loro bambini stanno entrando nella fase dei “No” e dei capricci inconsolabili. Queste donne, stanche, disperate ed esasperate si chiedono come gestire i capricci dei bambini.
Diciamo subito che sono i 24 mesi, ovvero i 2 anni, il primo momento in cui l’esigenza di gestire i capricci dei bambini si affaccia nella vita di mamma e di papà in modo prepotente.
E’ in questa fase che i genitori distinguono nel bambino la rabbia, il capriccio, l’ingestibilità.
2 anni+, come gestire i capricci dei bambini
Quella che i genitori identificano come rabbia, intorno ai 24 mesi, è, in realtà, una fase fisiologica: è la fase della consapevolezza di sé e dell’affermazione dell’ “Io”.
Il bambino, che sino a quell’età si è sentito parte dell’abbraccio della mamma e a esso si è abbandonato, adesso si rende conto di essere un esserino autonomo e testa la sua forza relazionale col mando.
All’interno di questo processo di crescita, il figlio gioca a braccio di ferro con i genitori per stabilire cosa e quanto può ottenere da loro e fino a che punto può spingersi. Facilmente potrà cedere al capriccio urlando e piangendo senza lasciarsi persuadere ragionevolmente:
- quando non comprende qualche cosa,
- quando non arriva a conquistare qualcosa,
- quando qualche dinamica del mondo adulto gli sfugge,
- quando avverte il peso delle difficoltà,
- quando si sente inferiore o impotente.
Ai capricci dei bambini non c’è scampo, sono come gli acquazzoni d’estate, improvvisi e impetuosi, la migliore delle strategie è la prevenzione.
Prevenire le condizioni di crisi, aiutando il bambino a formare la sua consapevolezza e ad affrontare i suoi stati d’animo, rappresenta il modo migliore per gestire i capricci.
L’esperienza da mamma insegna questo!
Dall’educazione dolce, dall’ispirazione Montessoriana, da un filosofia di vita familiare empatica e dialogante è possibile trarre alcuni insegnamenti per prevenire, affrontare e curare i momenti di crisi e i capricci dei bambini.
Come gestire i capricci dei bambini con 6 parole magiche
- Attenzione
- Coinvolgimento
- Dignità
- Conforto
- Autonomia
- Motivazione
L’attenzione non è una pretesa, essa è un bisogno e incarna la necessità che il bambino avverte di avere un peso specifico nella vita del genitore.
Maggiore attenzione riceve il bambino più facile sarà per lui entrare in empatia con l’adulto instaurando un rapporto di confronto e dialogo.
“Io ho sempre da fare e non ho tempo di stare con mio figlio, mi preoccupa non dargli abbastanza attenzioni“, questa è invece una delle frasi tipiche delle donne lavoratrici.
L’attenzione non si calcola però col cronometro e non è misurabile in base al tempo trascorso col bambino.
L’attenzione rivolta al figlio è una questione di empatia, di incontro e confronto.
Un adulto può accogliere il bambino e i suoi bisogni in 10 minuti di vita condivisa come può non accoglierlo affatto malgrado passi un’intera giornata accanto al figlio e sotto lo stesso tetto.
In termini relazionali (adulto – bambino), il coinvolgimento è fratello gemello dell’attenzione:
cara mamma, tuo figlio si sentirà ancora parte di Te (pur progredendo nel suo percorso di crescita) se e quando tu saprai coinvolgerlo nella vostra vita.
Ho scritto vostra, né tua né sua! Perché?
La risposta è semplice: il bambino per crescere serenamente e trovare dentro se stesso la forza di affrontare gli ostacoli del quotidiano ha fortemente bisogno di sentirsi parte attiva di un progetto e di un percorso condiviso con l’adulto.
Vostra è la casa in cui abitate; vostra è la giornata che vivete; vostra è la cena che preparate; vostra è la scelta di cosa fare oggi e dove andare in vacanza domani.
Un bimbo che sia coinvolto all’interno dell’esperienza familiare, che sia (nella misura delle se possibilità) messo in condizione di scegliere cosa fare e cosa non fare, è un bimbo che sta vivendo un’esperienza sacra.
E’ sacra ogni esperienza di vita in cui il bimbo metta alla prova dignitosamente le sue capacità di interpretazione della realtà e quelle di scelta.
Per gestire i capricci dei bambini è necessario “rispettare” l’identità del bambino persino nei suoi momenti di crisi.
E’ sacra ogni esperienza di vita in cui il bimbo metta alla prova dignitosamente le sue capacità di interpretazione della realtà e quelle di scelta. Il peso della dignità anche rispetto ai capricci.
“Dignitosamente” è una condizione che riveste qui enorme importanza. Il genitore che voglia minimizzare l’ansia e il nervosismo di suo figlio deve educarlo alla dignità. Il primo modo giusto per fare questo è non sbeffeggiarlo, non sminuirlo, non mortificarlo.
Pertanto un bambino che piange, urla o sbraita non è uno scemo, un cretino o uno stupido e non merita che l’uomo nero venga a rapirlo.
Frasi come “Smettila, sei un cretino” oppure “Finiscila altrimenti viene l’uomo nero e ti porta via” non fanno altro che accrescere la rabbia, la frustrazione e gli stati d’ansia del bambino.
- “Perché stai piangendo?”
- “Cosa ti turba?”
- “Dimmi cosa sta succedendo?”
Sono questi gli approcci corretti per impedire ai capricci del bambino di prendere il sopravvento sulla sua delicata anima. Il conforto va verbalizzato, appunto con domande come queste (non demoralizzanti, non sminuenti, non aggressive), e va sintetizzato in gesti precisi come un’abbraccio contenitivo, cioè un abbraccio capace di accogliere il bambino insieme a tutte le sue paure il suo rammarico.
Il buon genitore non è quello che si sostituisce al bambino ma è colui che educa il bambino a fare da solo. Autonomia e auto-correzione, il nesso.
Posto che il capriccio ha origine nell’impatto negativo col mondo, cioè si scatena dinnanzi a un ostacolo o a un impedimento, più il bambino saprà fare da solo minore sarà la sua frustrazione e quindi minori saranno i capricci.
E’ compito del genitore favorire l’autonomia che viene dall’indagine del mondo, dalla sperimentazione e dalle prove (prove di equilibrio, di resistenza, di competenza, di forza e di intelligenza).
Lasciate i vostri figli liberi di provare, sbagliare e infine riuscire!
Il bambino autonomo è un bimbo che si è messo alla prova con successo. In questo senso è improbabile che un bimbo si vesta da solo se non viene motivato a farlo e messo in condizione di auto-correggere se stesso; allo stesso modo è difficile che il bimbo da solo scelga i suoi giochi o li metta in ordine senza condizioni di possibilità e mordente.
La motivazione è il sale dell’educazione, lo sprone all’autonomia e la migliore medicina contro la frustrazione.
Un premio non è una motivazione (laddove la gestione delle ricompense deve essere sempre molto attenta perchè si può correre il rischio di confondere ricompensa e “ricatto” o “pagamento”). La motivazione deve essere un’autonoma molla a fare bene e meglio:
è motivato il bambino che senta un positivo impulso a fare bene perché personalmente beneficia già del risultato del suo agire.
- “Vestiti da solo, sei grande. Le mamme vestono i bimbi piccoli!”
- “Apparecchia la tavola, intanto mamma cucina. Mi sarai di grande aiuto e mangeremo prima!”
- “Metti in ordine i giocattoli, quando ne avrai bisogno saprai dove trovarli e nessuno metterà le mani nelle tue cose”
Se un bimbo piccolo si veste da solo, per esempio, il rischio (quantomeno sin quando il bambino non impari a confrontare se stesso con gli altri e con le reazioni altrui) è quello di portarsi in giro un pagliaccetto colorato, vestito con un mix di stili non necessariamente uniformi.
Ma questo non importa! Ciò che conta è che il bambino si senta motivata a progredire verso la sua crescita autonoma.
Un bimbo che si veste da solo si sente grande, allo stesso modo si sente considerato il bambino che viene chiamato a decidere se mangiare la pizza o il panino e si sente responsabile quello a cui la mamma affidi il compito di mettere in ordine le tazze della colazione perché il fratellino o la sorellina non sono ancora abbastanza alti per farlo.
La regola d’oro è il coinvolgimento positivo del bambino nella vita quotidiana degli adulti con l’intento di portare il piccolo verso la consapevolezza e l’autonomia.
In quest’ottica conta che la casa sia a misura di bambino, abbastanza confortevole e sicura, cioè rispondente all’esigenza fondamentale del bimbo di accedere alle cose (gioccatoli, vestiti, utensili, ecc) in modo spontaneo e individuale ma in assoluta sicurezza.
Cosa fare se tutto va male?
Come comportarsi se malgrado le 6 parole magiche i bambini fanno comunque i capricci?
Sebbene la prevenzione sia essenziale e fondante, il capriccio in sè capiterà sempre nel percorso di crescita del bambino.
Gestite i capricci dei bambini con dolcezza, dialogando, senza abusare di NO e punizioni, a mani basse e mantenendo una stabile coerenza educativa.
Di fatto il bambino in preda al capriccio va in primis consolato (l’abbraccio, le giuste parole di conforto e lo sguardi sono essenziali).
Una volta consolato il bambino va stimolato alla autocritica; sulla base di un sistema di regole e valori, il bimbo va portato alla riflessione sui suoi comportamenti:
- “Urlare al ristorate è sbagliato perché chi viene qui paga, spende dei solini e cerca un momento di tranquillità. Come ti sentiresti tu se mentre sei parco giochi un bimbo ti inseguisse urlando e piangendo rovinandoti tutto il divertimento?”
Provate sempre a prospettare al bambino un esempio speculare al suo comportamento.
Non perdete la calma, non picchiate il bimbo e non mortificatelo, conducetelo, come davanti ad uno specchio, alla visione di se stesso: il bambino che impara a guardare dall’esterno (quindi con obiettività) ai suoi comportamenti sarà un bimbo sempre meno portato all’errore e sempre più propenso al buon comportamento.
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