Partito come un semplice progetto fotografico, il lavoro di Irina Popova, fotografa russa autrice del libro Another Family, ha ottenuto i favori della critica ma ha suscitato l’indignazione del popolo della rete.
Per diversi giorni l’artista ha seguito e fotografato una famiglia di tossicodipendenti mostrando al mondo intero il degrado nel quale è cresciuta la piccola Anfisa specificando però che il tutto era stato fatto per altro scopo.
Il progetto della Popova consisteva nel rappresentare i sentimenti, in questo caso specifico l’amore e le attenzioni che due genitori possono dare ad una figlia pur vivendo ai margini della società.
Irina Popova racconta l’infanzia di una bimba con i genitori drogati.
Tutto ha avuto inizio nel luglio del 2008, all’epoca la 21enne Irina Popova aveva preso parte al seminario sulla fotografia documentaria della Fondazione “Obiettivo Realtà”.
Decisa a diventare testimone oggettivo di alcuni aspetti degradanti della società, ha iniziato a vagare per le strade di San Pietroburgo, città portuale della Russia, armata di macchina fotografica.
La notte del 17 luglio 2008 Irina Popova incontra Lilya e la sua piccola Anfisa. La prima stava urinando in strada, era completamente ubriaca, la bambina invece era nel passeggino che la donna si trascinava dietro.
Da quell’incontro casuale è nata poi la collaborazione tra la fotografa e la coppia di genitori tossicodipendenti.
Dopo averle chiesto l’autorizzazione a scattarle alcune foto, Irina Popova ha seguito la donna fino a casa, una camera che la stessa condivideva con la figlia e il compagno Pasha e nella quale accoglieva gli amici quando volevano far festa, il che accadeva spesso.
Il bagno e la cucina invece erano in comune con i residenti di altre camere.
Ecco come la fotografa racconta e descrive la vita dei due genitori alcolizzati e tossicodipendenti:
“La loro intera vita è stata costruita secondo le leggi della cultura punk. Musica ad alto volume, molti amici e alcol. La “festa” è durata diversi giorni. Solo quella piccola figlia ogni tanto ricordava loro la vita reale. Pur essendo in uno stato di squilibrioo, erano pronti a trattare con la bambina, la chiamavano principessa”.
Nonostante vivessero in una situazione di forte degrado, e nonostante il loro comportamento avrebbe potuto mettere in pericolo la piccola Anfisa, Lilya e Pasha amavano la loro bambina e cercavano di proteggerla, in primis da loro stessi.
“Another Family per me è la gente che vive oltre i confini della società – spiega Irinia Popova – Queste persone potrebbero non avere una casa, non lavorare. Possono usare droghe o essere odiati dai loro vicini. Tuttavia, all’interno di queste famiglie ancora regna l’amore e l’atteggiamento riverente gli uni verso gli altri”.
Irina Popova è rimasta con quella famiglia per circa una settimana.
Durante questo lasso di tempo ha realizzato numerosi scatti che raccontavano la loro quotidianità fatta di feste a base di alcool e musica a tutto volume, di volti scavati e provati dalla dipendenza dalle droghe, da pavimenti ricoperti di bottiglie vuote, lenzuola sporche e escrementi di animali.
Ed in tutto questo vi era la piccola Anfisa, una bambina di due anni che ogni giorno assisteva a tutto questo, vagando tra quella sporcizia, tra i corpi di adulti nudi addormentanti, ritrovandosi a giocare con le sigarette o ad essere portata in strada come pretesto per suscitare compassione in coloro ai quali i genitori chiedevano l’elemosina.
Fotografie che quello stesso anno sono state esposte presso una galleria di San Pietroburgo, un evento al quale hanno partecipato anche Lilya e Pasha.
Il progetto Another Family ha ottenuto i consensi della critica ed ha permesso ad Irina Popova di ottenere nel 2009 il premio come miglior fotografo della Russia.
Un successo tuttavia oscurato dalle diverse critiche scaturite dopo la diffusione in rete di quegli scatti.
La fotografa infatti è stata brutalmente accusata di non esser intervenuta per salvare la bambina ma di assistere inerme a quella situazione di degrado e pericolo.
In particolar modo fu presa ad esempio la foto della piccola Anfisa che si sporgeva pericolosamente da una finestra.
Per rispondere in modo esaustivo a chi le puntava il dito contro, Irina Popova ha pubblicato nel giugno del 2013 il libro Another Family.
In questo secondo lavoro l’artista ha raccolto ulteriori immagini, e-mail, messaggi e tutto ciò che riguardava il suo progetto fotografico.
Tra gli scatti inediti ve ne era uno che chiariva la succitata situazione della finestra.
“Questa immagine è particolarmente importante per me – spiega Irina Popova – Questa è una delle foto che contraddice l’interpretazione data alla storia. Per una qualche ragione, i photo editor scelgono l’immagine più dura e terribile, quella che ritrae la bambina da sola sul davanzale della finestra”.
La seconda foto mostra invece che sotto la finestra vi è una griglia protettiva e che la madre è accorsa subito a prendere la piccola e tirarla giù dal davanzale.
A seguito della polemica insorta dopo la pubblicazione delle foto sul web, Irina Popova è stata contattata dalla polizia che voleva rintracciare la famiglia e sottrarle la piccola.
Nonostante ciò, Anfisa è rimasta con suo padre che, in seguito al clamore suscitato dal reportage, ha deciso di cambiare vita.
L’uomo si è disintossicato e ha cercato un lavoro stabile per poter mantenere la sua famiglia. Nel contempo la piccola ha iniziato a frequentare l’asilo.
Lilya invece ha deciso di lasciare la figlia con Pasha, ha abbandonato la piccola nel 2012 ed è tornata dai suoi genitori. Anche lei si è disintossicata ed ha iniziato a lavorare.
Fonte: The Guardian – Slate – Photographer – Rustoria – Artguide