La protesta delle commesse, in particolar modo la protesta di Valeria, lavoratrice dipendente part-time e mamma di un bambino di 2 anni e mezzo, è la stessa che molti lavoratori dipendenti portano avanti da diversi anni.
La loro richiesta, sicuramente condivisa da molti altri colleghi, anche uomini, è quella di poter avere almeno una domenica al mese di festa così da potersi dedicare per un’intera giornata alla famiglia ma soprattutto ai loro figli.
Purtroppo però l’azienda per la quale lavora Valeria non ha voluto assecondare tale desiderio, un rifiuto, unito ad un trasferimento improvviso, che ha dato vita per l’appunto alla protesta delle commesse che si è svolta mercoledì 18 ottobre.
Protesta delle commesse: basta lavorare la domenica.
Come riportato dalle fonti stampa, la protesta delle commesse ha avuto inizio poco dopo le ore 15:00.
Valeria, che lavora da 8 anni con l’azienda, concluso il suo turno di lavoro, l’ultimo che avrebbe svolto presso l’outlet McArthurGlen Designer Outlet di Castel Romano, sì è imbavagliata ed incatenata alla panchina posta di fronte al negozio presso il quale lavorava.
Insieme a lei molte sue colleghe e i loro familiari, finanche alcuni rappresentanti della USB (Unione Sindacale di Base), un sindacato indipendente che sta sostenendo la protesta delle commesse e supportando legalmente Valeria.
La richiesta delle lavoratrici non prevede la chiusura domenicale di negozi bensì una diversa organizzazione dei turni che consenta loro di poter stare a casa la domenica a turno.
<<Turnandoci ognuna di noi poteva stare a casa una volta ogni quattro settimane senza mettere in difficoltà le altre o lasciare sguarnito il negozio>> si legge su Il Manifesto.
Una richiesta non eccessiva dunque che tuttavia non è stata accettata dall’azienda che, secondo quanto riportato sul succitato giornale, ha avuto una reazione durissima nei confronti delle proprie dipendenti.
In particolar modo Valeria che, ai microfoni di Radio InBlu, ha spiegato di esser stata trasferita dalla sede di Castel Romano a quella di Valmontone lontana ben 70 km dalla prima, una distanza che le renderebbe difficile poter stare qualche ora in più con il suo bambino.
<<Nelle ultime settimane il fatto più eclatante – spiega Valeria – questo trasferimento inaspettato con motivazioni fantasiose. Per la mia alta professionalità dovevo essere spostata a Valmontone che richiedeva una persona esperta nel settore intimo ma io in realtà è un anno che sono nell’intimo, prima ero nei jeans>>.
Valeria inoltre specifica che la protesta delle commesse era più che altro una richiesta di aiuto mossa ai vertici dell’azienda iniziata a novembre dello scorso anno e che ha coinvolto più canali che però non hanno dato loro i riscontri sperati.
La richiesta era quella sopra citata, organizzare turni affinché si potesse offrire un efficiente servizio alla clientela durante i giorni festivi garantendo ai dipendenti di trascorrere a turno una domenica al mese a casa con i propri familiari.
Dopo vari incontri, colloqui, assemblee, etc., proseguiti nell’arco di tutti questi mesi, nulla è cambiato, salvo il trasferimento di alcune commesse, ultima Valeria che, in segno di protesta, si è legata alla panchina situata fuori dal negozio presso il quale lavorava.
<<Mi sento di rappresentare tante mamme che sono nella mia stessa situazione e che purtroppo non hanno la voce per poterlo fare. È stata dura perché le ultime settimane sono state difficili per le modalità in cui sono avvenute le cose>>.
Al momento dell’intervista, realizzata in seguito alla protesta delle commesse, Valeria ha dichiarato di essere a casa per malattia, la battaglia portata avanti insieme alle colleghe l’ha sfinita psicologicamente.
Resta ora un unico e solo interrogativo: tutto questo sarà servito a dar voce ai lavoratori?
Fonte: Il Manifesto – Radio InBlu
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