Compiti per le vacanze, sì o no? Questo è il dilemma!
La scuola italiana é tendente alla aggregazione degli alunni, trattando uniformemente i bambini si dà e si ha l’impressione di una uguaglianza che non esiste perché, di fatto, ogni bambino è a se.
E se ogni bimbo è a sé (ovvero segue un suo personale percorso di sviluppo e crescita) dovrebbe, nel rispetto della sua soggettività, essere trattato come unico, ciò anche nel momento dell’apprendimento.
Forse questo piccolo preambolo basta da solo a fare subito luce su un dato basilare:
i compiti, particolarmente i compiti per le vacanze, non dovrebbero essere uguali per tutti ma dovrebbero assecondare i bisogni del bambino tenendo conto del suo personale percorso di apprendimento.
Cosa sono i compiti per le vacanze? In linea di principio compiti e vacanze sono due concetti che divergono in modo rilevante e non relativo:
– il compito è una incombenza assegnata per essere svolta dal bambino col fine di ripetere e imparare, metabolizzare e strutturare;
– la vacanza, all’opposto, è (o dovrebbe essere il momento della spensieratezza).
Durante la vacanza dovrebbe essere la vita a trasformarsi in studio e non lo studio a irrompere nella vita. I bambini dovrebbero studiare la matematica comperando il gelato col soldino di carta e contando le monetine; dovrebbero ragionare di fisica sperimentando il peso del sasso che affonda; dovrebbero ascoltare la storia dei luoghi che visitano e conoscere quella delle persone che incontrano.
Tuttavia in modo uniforme e univoco tutti i bambini mettono in valigia il famigerato libricino per le vacanze, lunghezza media 100\120 pagine e costo medio dei compiti per le vacanze 7,00 euro.
Tiriamo in ballo il costo non per una ragione di spesa viva quanto piuttosto per sottolineare che un motore economico dietro i compiti per le vacanze potrebbe anche essere “ipotizzabile”.
Chi conosce le mamme sa quanto pesi quel libricino di compiti per le vacanze.
In realtà il peso specifico dei compiti é tanto maggiore quanto minore é la durata delle vacanze familiari e quanto minore è l’esigenza che il bambino studi.
Inutile negare che un bimbo bravo che abbia superato con successo l’anno scolastico non può e non dovrebbe essere privato del diritto di annoiarsi come di quello si lasciarsi affascinare da piaceri quali la lettura e l’arte, la scoperta e il gioco.
Insomma nessun bambino meritevole e senza lacune scolastiche dovrebbe essere distratto dal suo riposo.
Imporre al bambino di fare i compiti per le vacanze può suonare come una “persecuzione” o peggio come un “obbligo scolastico fuori stagione”, nell’uno e nell’altro caso lo studio viene così percepito come l’ingombro di cui liberarsi.
“Un piccolo ripasso sì, sarebbe giusto che il bimbo ripetesse qualcosina ma senza sovraccarico, impegni e stress non sostenibile”, è questa la posizione che molte mamme assumono rispetto allo studio estivo.
Visti così, però, i compiti per le vacanze dovrebbero essere mirati:
individuate le competenze del bambino, a ciascuno andrebbe assegnata la ripetizione di cui ha realmente bisogno.
In questo senso un bimbo potrebbe avere bisogno di leggere, un altro di scrivere, uno di fare le divisioni e un altro le moltiplicazioni, uno di riassumere e un altro ancora di svagarsi o socializzare.
Invece la scuola che accoglie i nostri figli esemplifica e massifica, ma questa sintesi non rischia di appesantire la vita di bambini e famiglie con centinaia di pagine che eventualmente restano senza nemmeno essere corrette?
Da mamma temo che la scuola italiana ha paura della differenziazione (tanto in positivo quanto in negativo) e con la massificazione anche il merito si disperde.