Se una fotografia è un solo istante cristallizzato per sempre, gli occhi immortalati in una foto altro non sono che la testimonianza di un momento, quel momento di cui l’immagine è eterna memoria. Ci sono fotografie di bambini che più di altre comunicano storie, emozioni, appartenenze, contesti e tal volta incarnano persino la disperazione, il dolore e la tragicità del mondo.
La società contemporanea veicola le informazioni attraverso le immagini, lo dimostrano quotidianamente i social network.
Complici gli smartphone e una comunicazione sempre più istantanea si dialoga facilmente per fotografie ovvero per impressioni visive, così, se un tempo questo linguaggio non verbale apparteneva solo alla pubblicità, alla tv e al cinema, oggi esso è un canale comunicativo a cui tutti hanno accesso.
4 fotografie di bambini che tutti dovrebbero vedere
perché gli occhi di questi figli del mondo sono un monito a guardare la vita a cuore aperto nel rispetto del futuro, delle differenze e delle fragilità altrui.
Fotografie di bambini: l’immagine degli effetti devastanti dell’agente arancio, qui è riflessa negli occhi di una bambina.
Se qualcuno ci parla di fotografie di bambini vietnamiti subito pensiamo alla guerra, alla distruzione, alla polvere e alla miseria, questo ritratto fotografico di Nguyen Thi Ly, una bambina 9 anni, è visivamente diverso da ogni immaginario comune: una figura deformata con lo sguardo perso nel vuoto, sembra un’anima in trappola.
La foto è firmata da Ed Kashi, giornalista e fotografo.
L’immagine cattura il dolore profondo di una piccola donna sfregiata dal cosiddetto “agente arancio”, erbicida capace di liberare diossina, in passato adoperato dalle truppe americane in Vietnam per desfogliare gli alberi e pregiudicare i raccolti, in pratica un’arma di “sterminio economico e politico” ma non senza conseguenze dirette sul genere umano.
Le fotografie dei bambini sono tutte belle, almeno quelle a cui siamo abituate noi mamme sono oggettivamente perfette e capaci di immortalare una bellezza angelica e iconica. Jonathan Pitre, invece, impressiona per la bellezza dei suoi occhi che si oppone alla cruenta fragilità del so corpo.
Questo è un ragazzino di 16 anni, originario dell’Ontario (USA), avrebbe voluto essere un atleta ma il suo corpo è in condizione di sfrecciare solo col cuore, i pensieri e lo sguardo perché Jonathan è nato prigioniero di una rara condizione fisica: l’epidermolisi bollosa.
Cos’è l’epidermolisi bollosa e come questo bambino convive con la malattia
La patologia di Jonatan determina una assoluta fragilità cutanea per cui il suo corpo si squarcia sotto il doloroso peso di profonde ferite. La cute va idratata curata e protetta in maniera del tutto speciale.
Sono pigmentati in maniera anomala gli occhi dei bimbi affetti da albinismo oculare, le foto dei piccoli dagli “occhi di ghiaccio” colpiscono direttamente al cuore.
Mentre la pigmentazione della pelle è comune quella degli occhi di queste creature speciali è abbagliante.
Le foto dei bambini colpiti da questo disturbo congenito ci presentano uno sguardo che solo in apparenza è diverso da quello di ogni altro figlio del mondo. Ciascuno di noi dovrebbe saper guardare oltre ogni apparenza!
L’albinismo oculare fa sì che negli occhi sia assente o ridotta la melanina, questo deficit non colpisce, però, cute e cuoio capelluto ma si concentra esclusivamente negli occhi.
Guardare foto di bambini come queste significa comprendere quanto profondamente diverso sia il mondo e quante realtà non comuni i nostri occhi possano incontrare e le nostre braccia racchiudere.
Questo vuole essere il senso dell’osservazione che qui vi proponiamo e certamente questo dovrebbe essere il senso dell’educazione da proporre e impartire ai bambini perché è dalla conoscenza del diverso da sé che parte l’accettazione delle mille sfumature del mondo.
Tra le fotografie di bambini non ci si aspetta di incontrare la more, eppure la foto di Omayra Sánchez è una foto che parla di fine, lutto e tragedia.
Il 13 novembre del 1985 il vulcano Nevado del Ruiz eruttò, 14 tra città e villaggi furono inondati dalla lava e dai detriti e di fatto scomparvero inghiottendo 25.000 vittime.
Omayra Sánchez aveva 13 anni quando morì bloccata tra i detriti dell’eruzione, rimase intrappolata per quasi tre giorni nell’acqua, nel fango e nelle macerie della sua casa.
I soccorritori, che lavorarono in condizioni terribili, tentarono in ogni modo di salvata, ma dopo 60 ore di agonia Omayra morì senza mai perdere la sua dignità.
La bimba parlò con i volontari, sorrise, interagì senza nascondere a nessuno i segni della sofferenza mentre la vita andava via da lei.
Lei è a tutt’oggi il simbolo di una tragedia, della povertà e dello smarrimento di una terra che non garantì né assistenza né consolazione ai suoi “ultimi”.