Ci sono mamme che fotografano di tutto: figli che piangono, figli che cadono, figli che urlano, figli che ballano, figli sul vasino, figli nel bagnetto, belli nudi e con tutto in vista … come tanto tanto altro ancora. Ovviamente ogni cosa viene pubblicata sui social accanto alle foto delle torte e insieme alla telecronaca della vita quotidiana.
Si dovrebbe fare un uso più attento dei social: Facebook, Instagram, YouTube e le piattaforme virtuali pubbliche non sono diari segreti. Le mamme che fotografano tutto (e pubblicano anche immagini private) dovrebbero tenerne conto, sopratutto dovrebbero considerarne la ricaduta sul percorso educativo dei figli.
Rispetto alle nostre immagini social, l’altra faccia della medaglia è un mondo che legge e vede tutto ciò che viene immesso in rete, un giorno anche i nostri figli (ora piccoli) e i loro amici potranno leggerlo e vederlo.
Sono una mamma blogger da più di 7 anni, praticamente quasi dallo stesso momento in cui sono divenuta mamma; da sempre, sin dalla prima parola pubblicata in rete e sul mio blog, mi sono fatta una promessa (l’ho fatta ai miei figli e alla mia famiglia prima che a me stessa):
non avrei mai abusato l’immagine, l’integrità morale e la privatezza dei miei bambini.
Le mamme che fotografano tutto e tutto immettono in rete sono quelle che non pensano di chiedere al figlio: “Posso pubblicare questa foto? Tu sei d’accordo?”.
Sono quelle che dinnanzi al figlio piccolo, non si interrogano su come reagirà quando sarà grande e potrà giudicare quella foto oppure su come reagiranno i suoi amici e su come giudicheranno le immagini postate in rete quando saranno pre-adolescenti o adolescenti (cattivi e ribelli come lo sono tutti i ragazzini a quell’età).
Permettetemi un momento di partire dall’esempio che dovrebbe venire dalla mia categoria professionale: per una mamma blogger i figli dovrebbero essere l’ispirazione del lavoro e non lo strumento dello stesso (sopratutto se il lavoro ha una resa economica), i nostri bambini dovrebbero essere il fine e non il mezzo. Eppure questo concetto è assai poco seguito e applicato.
I blog di maternità e le pagine pubbliche ad essi legate sui social (Facebook, Instagram e Youtube) diventano troppo spesso finestre aperte sull’intima vita familiare e le mamme blogger fanno aperto uso delle immagini dei propri bambini, modelli inconsapevoli di un’impresa personale non fondata solo su se stesse.
Le pagine pubbliche dovrebbero dare un buon esempio di misurata gestione della diffusione delle foto dei minori, questa è la mia opinione! E credo anche che andrebbero trattate diversamente dai profili personali, su cui il controllo può certamente rimanere più diretto e serrato.
La mia osservazione parte dalle mamme che in rete dovrebbero essere modello di comportamento (anche professionale) per estendersi, poi, a tutte le madri che praticano i social network:
Facebook, Instagram, YouTube e tutte le piattaforme di condivisone social, anche quelle pubbliche e senza limiti alla privatezza delle immagini, sono piene di fotografie di bambini ritratti non sempre nel rispetto della loro integrità morale e non sempre secondo principi ispirati alla tutela della privatezza.
Ai miei tempi ogni bambino aveva un diario segreto, grazie a dio anche mia figlia ne ha uno! In qualità di mamme, vi siete mai chieste come mai ogni bambino ha un diario privato, un quaderno dei segreti, una scatola oppure un cassetto dove non vuole che ficchiate il naso? La soluzione a questo dilemma è semplice e si chiama privacy.
Sin da piccolo l’essere umano ha bisogno di uno spazio di riservatezza. Le mamme che fotografano tutto spesso violano non solo questo spazio ma anche la sua costruzione mentale, ovvero l’importante convincimento che nella vita sia necessaria un po’ di tutela del sé e delle proprie cose.
Spesso nella condivisione social delle immagini viene a mancare il rispetto dell’integrità morale del bambino: foto di bambini affranti, sconfitti, in lacrime, nervosi o anche solo apparentemente buffi, video di cadute, piccoli incidenti goffi, eccetera.
Altre volte si intacca la costruzione dell’idea morale della privacy, ciò avviene quando si fotografano e si immettono in rete immagini che dovrebbero appartenere alla memoria privata facendo parte di intime circostanze che nemmeno andrebbero fotografate.
Faccio un esempio pratico: è tempo di comunioni e sulla home del mio profilo personale mi sono imbattuta addirittura in foto della prima confessione, immagini in cui i bambini erano immortalati in ginocchio dinanzi al confessore.
Quello che mi ha colpito, in modo particolare in una di queste foto, è stato lo sguardo di una bambina: era rivolto verso chi la immortalava e era lieto e sorridente, dinanzi a lei vi era, però, un ministro di Dio col capo chino.
L’uomo, cioè il prete, probabilmente stava esercitando il suo mestiere e pregava per intercedere con Dio. Il volto della piccola e il capo chino del ministrante hanno ispirato in me la riflessione che vengo a condividere con voi:
ci sono mamme che fotografano di tutto e forse anche troppo, facendolo trasmettono ai figli un valore “ipotetico” e difficilmente apprezzabile: apparire.
Io mi domando: questo può danneggiare i bambini?
Probabilmente sì, sopratutto quando si corre il rischio di ledere, nel percosso di crescita, l’autostima del bambino nonché i suoi convincimenti morali. Questa insidia colpisce non tutte le mamme che postano foto dei figli in rete ma certamente quelle mamme che fotografano di tutto e che non considerano la foto come potenzialmente lesiva (almeno nella misura in cui potrebbe essere o offensiva o non educativa).
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Fotografando questo, faccio il bene di mio figlio o gli trasmetto un principio sbagliato
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Fotografando questo, faccio il bene di mio figlio o rischio di metterlo in ridicolo oppure di offenderlo?
E’ questo quello che dovrebbero chiedersi le mamme che fotografano di tutto per immetterlo in rete e dovrebbero domandarselo anche i papà, i nonni, gli zii o gli amici prima di postare su Facebook, Instagram o Youtube foto e immagini video di qualunque minore.