Nell’ottobre del 2015, Saffie Johnson, una madre 19enne inglese, è stata trovata senza vita nella sua stanza in casa del genitori. Non era una ragazza madre, era sposata e, malgrado la giovane età, il bambino che aveva dato alla luce era frutto di una maternità scelta e cercata.
Saffie Johnson si era sposata circa due anni prima della sua morte: aveva 17 anni quando salì all’altare.
Tra lei e suo marito Daniel, appena 22enne, fu amore a prima vista. I due convolarono a nozze prestissimo (forse persino troppo repentinamente), infatti, Saffie e Daniel si giurarono amore eterno a sole 2 settimane di distanza dal loro primo incontro.
Daniel avrebbe anche atteso per diventare papà, lo ha dichiarato lui stesso nel corso delle indagini sulla morte della moglie. Tuttavia Saffie sembrava decisamente intenzionata a divenire presto, prestissimo, mamma: la giovane ha partorito ad appena 18anni.
La nascita di un bambino è una gioia immensa, questo è tanto vero quanto innegabile. Accanto alla felicità vi sono anche tanti “MA” ed effetti collaterali di cui troppo poco spesso si parla e che nessuno racconta con la verità e la spontaneità che meriterebbero. In una frase sola si può dire che fare la mamma è faticoso mentalmente e fisicamente, richiede sicurezza e sostegno.
Saffie Johnson era giovane; aveva appena cambiato la sua vita sposandosi; era ancora impegnata negli studi e la gravidanza fisiologicamente frenò il suo percorso di formazione professionale; per di più la donna aveva già affrontato il mostro della “depressione”.
Dopo il parto le paure di Saffie emersero piano piano, salirono in silenzio e insidiosamente, esattamente come entra l’acqua attraverso una piccola falla in una barca: quando il liquido aumenta la falla si allarga e il processo da solo è irrefrenabile! Se l’acqua non viene fermata e se la falla non viene chiusa la barca affonda.
Le ansie di Saffie si erano fatte paranoiche e la giovane mamma non riusciva a gestirle; il marito aveva cercato di supportarla, si era reso conto della sua fragilità, aveva lavorato di più per liberarla dalla paura di non riuscire economicamente a sostenere i carichi familiari e l’aveva persino strappata alla morte durante altri tentativi di suicidio.
Nulla è valso a salvare Saffie Johnson dalla sua depressione post parto.
La giovane madre rifiutava di farsi visitare da un medico, qui il rammarico del marito, e forse anche della famiglia di origine di questa donna morta tragicamente nel fiore dei suoi anni.
La depressione post parto allontanò Saffie e Daniel il loro “acerbo rapporto” non resse al dolore di quella mamma triste. E la ragazza torno a casa dei suoi genitori, riprese ad abitare in quella camera in cui era stata spensierata e che infine l’ha accolta angelo.
Appena pochi giorni prima della sua morte, Saffie si era rivolta ad un’associazione di supporto contro la depressione, lo svela la stampa internazionale. Durante le indagini relative alla sua morte, è stata sentita la persona con cui interagì Saffie nel suo primo ed unico colloquio. Saffie chiedeva aiuto confessando di sentirsi inadeguata, stanca, delusa da se stessa per avere interrotto i suoi studi e affranta per la fine del suo matrimonio.
La mamma era stata indirizzata verso chi l’avrebbe aiutata a riprendere gli studi,Saffie Johnson studiava educazione infantile e aveva già conseguito dei titoli riconosciuti. Inoltre la donna aveva manifestato la sua intenzione e la sua disponibilità a partecipare ai gruppi di sostegno. La consulente che accolse la giovane madre ricorda che si congedarono sorridendo.
Ma solo qualche giorno più tardi Saffie Johnson perse ogni forza di sorridere e qualunque speranza, scrisse sul suo diario: “Oggi morirò” e si impiccò. Il cadavere venne rinvenuto dal fratello.
Rientrando dal college il fratello di Saffie fece la macabra scoperta. Tra le pagine del diario della giovane madre i familiari ne hanno scoperto e recuperato tutto il dolore, insieme ad una lettera dal contenuto privato perché è indirizzata al figlio della donna e lasciata in sua memoria con la richiesta che sia aperta nel giorno del 18esimo compleanno del ragazzo. Ovviamente la lettera è stata oggetto di indagine, come è stato visionato l’intero diario, più semplicemente non è stata resa pubblica alla stampa per ovvi motivi di riserbo e rispetto della giovane mamma.
Daniel dice di Saffie che non era in grado di esprimere i propri sentimenti, la descrive come una donna buona sempre preoccupata di nascondere i moti del suo cuore. Aveva tentato di avvelenarsi e di annegarsi ma non voleva piegarsi ad una cura e temeva di lasciarsi aiutare.
Saffie Johnson ha lasciato un bimbo piccolissimo, un ex marito distrutto dl dolore per non essere riuscito a salvarla e una famiglia che forse non smetterà mai di chiedersi perché. Storie come questa vanno raccontate e condivise perché la depressione post parto merita attenzione, non è una vergogna ma è una patologia, non è una debolezza ma è una fatalità, non è una tristezza passeggera ma è un male che può uccidere.
Ecco Cosa Provoca la Depressione Dopo la Nascita di un Figlio