Mensa scolastica o pranzo da casa?
È questo l’acceso dibattito che sta coinvolgendo molte scuole dell’obbligo, primarie (elementari) e secondarie di primo grado (medie) d’Italia, nello specifico quelle a tempo pieno o che prevedono il rientro pomeridiano obbligatorio.
Panino a scuola: è polemica tra i genitori e le istituzioni.
Il tutto ha avuto origine con la sentenza n. 1049 del 21 giugno 2016 della Corte d’Appello di Torino che si è espressa in favore di un gruppo composto da 58 genitori piemontesi, rappresentati dallo studio legale G. Vecchione, e contro il comune di Torino e il Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).
Tali genitori rivendicavano il loro diritto di poter scegliere per i propri figli tra il pranzo scolastico e il pasto domestico consumato a scuola, durante l’ora di refezione, nei locali adibiti a mensa scolastica.
Lo scorso venerdì 9 settembre, il tribunale ha rigettato il reclamo presentato dal Miur riconoscendo il diritto di scelta che potrà essere così esercitato non solo dalle 58 famiglie che hanno vinto la causa.
<<Il tribunale di Torino ha riconosciuto un diritto che non vale solo per chi ha intrapreso l’azione legale – ha dichiarato lo studio legale Vecchione – Comune e ministero dovranno adeguarsi. Diversamente toccherà loro fronteggiare tanti altri ricorsi fotocopia. Le scuole devono far sedere i compagni tutti insieme, chi con pasto da casa, chi con menu standard>>.
In pochissimo tempo il fenomeno “panino a scuola” si è esteso in più regioni, tra cui Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna, generando il caos dovuto non soltanto alle polemiche che dividono i genitori e le istituzioni, ma anche alle informazioni non sempre precise che vengono riportate in rete.
Hanno provato a fare chiarezza sull’argomento i genitori che compongono la Rete Commissioni Mensa Genova attraverso un post pubblicato sulla loro pagina facebook ufficiale oggi, venerdì 23 settembre.
In primo luogo si è ribadito che il diritto a rinunciare alla mensa scolastica ed a consumare il panino a scuola, oppure un pranzo precedentemente preparato in casa, è valido per tutti i bambini che frequentano una scuola dell’obbligo.
Si è parlato anche di eventuali discriminazioni nei confronti di bambini che, non usufruendo della mensa scolastica, sono stati costretti a consumare il proprio “pranzo alternativo” lontano dai locali adibiti alla refezione.
In realtà si è registrato solo un caso simile in una scuola di Milano in quanto l’amministrazione comunale continuava a dichiarare che il diritto a consumare il panino a scuola spettava solo ai diretti interessati, ossia ai bambini figli delle 58 famiglie che avevano fatto causa al comune di Torino e al Miur.
Un evento isolato che ha richiesto l’intervento dell’assessora regionale all’Istruzione, Valentina Aprea, che ha così deciso di convocare istituzioni e associazioni coinvolte al fine di valutare dal punto di vista organizzativo tutti gli aspetti che l’ordinanza del tribunale di Torino comporta in quanto, come già detto in precedenza, la stessa è applicabile in tutte le scuole e non è circoscritta alla sola città piemontese.
Panino a scuola: cosa cambia?
Innanzitutto bisogna precisare che dal fenomeno “panino a scuola”, da molti battezzato “panino libero”, si è passati alla questione “pranzo preparato in casa”.
In altre parole, molti genitori hanno effettuato la scelta di esercitare il proprio diritto nel rinunciare alla mensa scolastica, fornendo ai propri bambini un pasto alternativo, al fine di garantire loro un cibo qualitativamente migliore ed un servizio più attento.
Per alcune famiglie dunque solo un problema economico (la tariffa piena è di circa 4/5 euro a pasto, valore che varia a seconda del comune) bensì una scelta che riguarda l’aspetto nutrizionale.
Per quanto concerne le istituzioni invece, la scelta di introdurre il panino a scuola, o anche un pranzo freddo preparato in casa, comporta problematiche di tipo logistico nonché un aumento di rischi di contaminazioni.
La curiosità dei bambini è nota a tutti, anche per quanto concerne il cibo, è quindi facile che un piccolo alunno che si appresta a consumare il pasto della mensa scolastica, notando il diverso pranzo che il compagno di banco ha portato a scuola, gli proponga un assaggio se non addirittura uno scambio.
E cosa accadrebbe se quel bambino così curioso fosse un soggetto allergico, intollerante o che segue una dieta speciale per specifiche patologie?
Molti dirigenti scolastici non si dichiarano pronti a tale evenienza e che la carenza di personale da adibire alla sorveglianza degli alunni durante il pranzo è solo il primo dei tanti problemi sorti in seguito all’ordinanza del tribunale di Torino.
Ma non è tutto.
C’è anche chi, pur non ostacolando il diritto al panino a scuola, continua a difendere il valore che le mense scolastiche rappresentano:
<<Partire con il cosiddetto “panino libero” è concretamente molto complicato – ha dichiarato Lorenza Patriarca, preside dell’Istituto Comprensivo Niccolò Tommaseo di Torino, nonché fondatrici dell’Asapi (Associazione Scuole Autonome Piemontesi) – Senza contare il valore educativo che andiamo perdendo, di equità sociale ed educazione alimentare>>.
Insomma, l’introduzione del panino a scuola, che per molti rappresenta una conquista mentre per altri è una triste sconfitta dal punto di vista educativo, si rivela essere molto più difficoltoso, sia per i genitori che per le istituzioni.
Nel frattempo si attende la decisione del Miur che potrebbe ricorrere in cassazione per far si che la sentenza di Torino venga ribaltata. Ma, come sappiamo, i tempi della legge italiana non sono famosi per esser brevi.