I delfini sono simbolo di libertà, quando si pensa ad un delfino l’immagine che la mente evoca e richiama è comunemente quella di una danza nell’acqua o di un salto verso il cielo fuori dai flutti delle onde. Negli ultimi giorni, invece, sono divenute virali le foto di un delfino morto.
Il delfino morto è stato immortalato in molte “foto ricordo” postate e condivise sui social ed è divenuto protagonista di un video.
Gli esperti chiariscono che si trattava di cucciolo che forse si era “smarrito” sulla spiaggia argentina di Santa Teresita, nota località balneare argentina.
L’esemplare apparteneva a una specie protetta conosciuta come la famiglia dei “delfini francescani”. La morte di questo piccolo ha fatto scattare un allarme rosso:
la Wildlife Foundation Argentina ha chiesto che venga fatta chiarezza sulla vicenda del delfino morto sulla spiaggia di Santa Teresita.
Molti bagnanti hanno toccato l’animale, lo hanno preso in braccio, fotografato e filmato (le immagini e i video che stanno circolando provengono da dispositivi differenti e hanno qualità disomogenee oltre a riprendere momenti diversi). Le immagini e le testimonianze dirette lasciano intendere che sia stata ipotizzata la morte del delfino già al momento del ritrovamento.
Tuttavia il corpo dell’animale non è stato rinvenuto e pertanto gli esperti non possono che considerare le immagini, al momento nella disponibilità anche della appena citata associazione per la tutela dei delfini.
Il sospetto che è nato dalla divulgazione di queste foto e dei video è importante è grave: pare che il delfino morto sia stato “sfruttato”, non si sa se già deceduto o agonizzante sulla sabbia; non è stato istintivamente “tutelato”; non sono stati immediatamente allertati i soccorsi e quel “presunto cadavere animale”, perduto tra una folla di bagnanti, è stato soggetto passivo (se non vittima) di selfie col delfino.
Molto tristemente le immagini del delfino morto (e forse prima ancora agonizzante) stanno facendo il giro del mondo.
La testata giornalistica locale Telefe Noticias Hernan Coria ha raggiunto l’autore del post Facebook da cui sono partite le foto choc del delfino morto: stando a quanto riportato dalla stampa internazionale e per ammissione diretta di questo testimone, il delfino era già morto (o quantomeno è stato considerato già morto) sin dai primi istanti del ritrovamento sulla spiaggia.
Il profilo Facebook da cui il tam tam mediatico è partito sarebbe stato oscurato e anche alcuni video caricati su youtube sarebbero stati rimossi.
Gli esperti considereranno le immagini per valutare la veridicità o meno delle ipotesi avanzate dai testimoni e qualsivoglia eventuale responsabilità. Ma l’allarme rosso lanciato dagli animalisti fonda anche sulla sparizione del cadavere dell’animale, ci si domanda dove sia finito e perché eventualmente sia stato gettato in mare (come qualche testimone avrebbe sostenuto) senza attendere l’arrivo delle deputate autorità.
Secondo l’esperto, il dottor Sergio Morón, biologo marino della Sea World Foundation, il cucciolo potrebbe aver raggiunto la spiaggia ancora vivo ma disorientato, le sue piccole dimensioni potrebbero suggerire un’età molto giovane e i piccoli esemplari spesso restano indietro rispetto al branco, talvolta addirittura perdendosi.
Il delfino morto potrebbe essere arrivato sulla spiaggia reduce da una disperata corsa in mare alla ricerca del suo branco, probabilmente si sentiva male e “cercava solo aiuto”.
Dinnanzi a questa spiegazione dell’esperto la domanda sorge spontanea: il delfino morto poteva essere salvato?
- Per salvare un delfino in casi come questo è indispensabile tenere l’animale dentro l’acqua e non tirarlo fuori, sollevarlo o prenderlo in braccio;
- il delfino respira, pertanto non è proficuo gettargli continuamente secchi d’acqua sul corpo, ciò potrebbe ulteriormente affaticare la respirazione, mentre è preferibile, in caso di spiaggiamento, allertare subito i soccorsi e nel frattempo coprire l’animale con un’asciugamano intrisa d’acqua;
- è bene non circondare mai un delfino spiaggiato, ma occorre fare sì che mantenga la sua tranquillità e, se necessario, creare su di lui una zona d’ombra.
Immagini come queste meritano di essere condivise non solo perché gli uomini vengano richiamati alle loro individuali responsabilità, ma anche perché cresca in tutti il senso fondamentale del rispetto per la natura.