Daniela e Marta sono due donne come ce n’è 3 miliardi nel mondo.
Ma sono le prime in Italia ad essersi viste riconoscere dalle autorità lo status di mamme del loro piccolo Ruben, il primo bambino con due mamme nel nostro paese.
Bambino con due mamme, la storia del piccolo Ruben, di Marta e Daniela
Marta, che di cognome fa Loi è cagliaritana, ha 32 anni e da 10 vive in Spagna dove ha fatto un dottorato di ricerca sugli studi di genere per l’Università.
Daniela Conte, 38 anni è un’artista napoletana, anche lei “emigrata” in Spagna dove ha conosciuto Marta.
Le due si sonno innamorate e, cosa che in Spagna è possibile, si sono sposate il 17 luglio di quest’anno.
Il desiderio di maternità era così forte che Daniela aveva deciso ancor prima di sposarsi di volere un bimbo: “Perché siamo una famiglia e volevamo crescere, amarci, fare progetti. E Ruben aveva tanta voglia di nascere. Al primo tentativo, infatti sono rimasta incinta” racconta a Repubblica la donna.
Daniela infatti si era sottoposta a inseminazione artificiale, sempre a Barcellona, in Spagna, e il 3 agosto è nato il piccolo Ruben.
Il bimbo è stato registrato in Spagna con le regole del paese, ovvero attribuendo il doppio cognome, il primo della madre, il secondo del padre.
Ruben era figlio di due donne, ma la legge non prevedeva questa opzione, così sul certificato di nascita Marta era diventata il papà di Ruben Conte Loi!
Ma i cavilli burocratici non finiscono qui, e la storia del bambino con due mamme si infittisce di arzigogoli.
In Spagna infatti vige lo lo ius sanguinis, la legge che in pratica prevede la cittadinanza dei nuovi nati secondo quella della madre.
La nascita di Ruben dunque sarebbe dovuta essere trascritta nel nostro paese, per far si che il piccolo potesse essere riconosciuto, e conseguentemente ricevere assistenza sanitaria, codice fiscale, passaporto e tutto quello che concerne l’esistenza di un individuo nella società civile.
Le donne hanno così fatto richiesta al Consolato italiano a Barcellona di trascrizione della nascita, seguendo la legge nazionale che prevedeva di mantenere soltanto un cognome: “Se non riconoscevano il piccolo in Italia, in Spagna non avrebbe avuto diritto a un pediatra e non lo avremmo potuto portare a Napoli o in Sardegna” racconta ancora Daniela.
E poi un vuoto legislativo durato due mesi, durante i quali le due donne si sono viste recapitare i più disparati consigli, dal fare appello ai tribunali, al passare il confine in auto, per potere portare in Italia un bambino apolide.
Infine la svolta: lo scorso 30 settembre infatti il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, forzando la normativa, e appellandosi al “diritto all’esistenza in vita” ha trascritto il piccolo Rubens all’anagrafe cittadina.
Il bambino con due mamme ha finalmente potuto calpestare il suolo italiano da cittadino in maniera ufficiale.
“Sono orgogliosa della mia città, e Ruben è napoletano prima di essere italiano, perché ha il coraggio di questa città” conclude Daniela.
Adesso Daniela e Marta hanno intenzione di far trascrivere a Napoli anche la loro unione, legale in Spagna e consentita nel capoluogo campano grazie alla direttiva del sindaco in vigore da giugno 2014, che consente anche alle coppie gay una unione civile regolare.
Prima di Ruben in Italia solo due bimbi, in situazioni analoghe ma diverse, erano stati oggetto di una trafila burocratica farraginosa, ma dall’esito positivo.
Leon, bimbo nato a Buenos Aires da una mamma italiana e una argentina, aveva ricevuto la trascrizione della sua nascita presso il comune di Roma, e lo scorso gennaio il tribunale di Torino, in via giudiziaria aveva obbligato il comune a trascrivere la nascita di un altro bimbo nato da due mamme, sulla base di un’istanza presentata dalle stesse
Ruben invece è il primo bambino con due mamme cittadino italiano regolarmente registrato da un sindaco.
“La nostra è una grande vittoria della realtà sulla legge“, affermano le mamme
E mentre il parlamento ancora discute su cosa sia giusto o meno fare e legiferare, a livello locale in Italia ci sono delle realtà più lungimiranti, per qualcuno forse troppo trasgressive, ma che sull’argomento unioni civili hanno senz’altro dimostrato di osare a dispetto della burocrazia, per garantire appunto il diritto all’esistenza in vita.
Fonte: Repubblica.it