I cambiamenti fisiologici legati alla gravidanza sono molteplici, il nostro corpo accompagna la crescita del piccolo con molte modificazioni atte ad accudirlo e a prepararsi al meglio al parto. In alcuni casi però possono esserci delle alterazioni che da fisiologiche diventano patologiche. E’ il caso della colestasi intraepatica in gravidanza (ICP intrahepatic cholestasis of pregnancy) che può verificarsi nella seconda metà della gestazione, nel 2° o 3° trimestre.
Colestasi intraepatica in gravidanza: sintomi
La colestasi intraepatica durante la gravidanza ha un’incidenza piuttosto bassa, si parla di un valore tra lo 0.4 e 1.5% delle gestazioni ma è bene parlarne perché, essendo poco nota, spesso non è immediatamente riconoscibile dalle mamme e i suoi sintomi possono essere sottovalutati.
A tal proposito è sempre bene ricordare che, pur non essendo la gravidanza una malattia, può avere delle complicanze che spesso possono essere risolte proprio dall’ascolto del proprio corpo e da un consulto precoce con il proprio medico, dunque ricordate sempre: non indugiate, se vi sono dei cambiamenti è sempre giusto riferirli al ginecologo e piuttosto essere rassicurate una volta di più!
La colestasi intraepatica come rivela il suo stesso nome colpisce il fegato e fa salire i livelli degli acidi biliari raggiungendo anche 20 volte il loro normale valore.
Il sintomo principale della colestasi intraepatica è il prurito. Badate bene che non si tratta di un prurito normale e frequente in gravidanza ma è intenso e generalizzato, tanto da poter provocare stress e disagio alla mamma.
Durante la gestazione capita di avere un prurito accentuato sul ventre, ciò è dovuto alla pelle che viene tesa dall’utero che si ingrandisce, inoltre, durante la gravidanza, vi è un afflusso maggiore di sangue negli strati superficiali della pelle e questo può portare dei pruriti localizzati ma di scarsa entità o saltuari così come quelli provocati da sbalzi ormonali fisiologici, tutto ciò è perfettamente normale.
Il prurito in caso di una patologia epatica come questa è invece molto forte, pressoché insopportabile e generalmente inizia dopo la 25° settimana. Viene avvertito soprattutto durante le ore notturne tanto da impedire o disturbare il sonno e principalmente su braccia, gambe, piante dei piedi e palme delle mani ma possono essere interessati anche la faccia, la schiena e il petto.
La mamma può addirittura presentare graffi ed escoriazioni che possono complicarsi, sanguinare ed infettarsi.
Questo sintomo può apparire anche diverse settimane prima che gli esami del sangue rivelino un’anomalia, per questo è importante segnalarlo quanto prima al proprio medico e porre la dovuta attenzione.
Nel 50% dei casi di donne colpite da colestasi gravidica si verifica anche la comparsa di ittero, ovvero pelle, letto ungueale e bianco degli occhi assumono un colorito giallognolo, ciò deriva da un accumulo di bilirubina; si possono anche notare urine di colore scuro e feci color argilla e di un bianco pallido nei casi più severi.
La bilirubina è come un prodotto di scarto del fegato che si forma per la maggior parte quanto le cellule del sangue finiscono il loro ciclo vitale e l’emoglobina presente viene convertita nel fegato in bilirubina che passa poi nella bile (un liquido giallo rilasciata dalla cistifellea nel tubo digerente). Se vi è una produzione anomala di bilirubina, questa va a depositarsi in modo eccessivo negli organi e nei tessuti causando pruriti e ingiallimento.
Altri sintomi paralleli possono essere: debolezza generale con sensazione di malessere e facile affaticamento accompagnati a volte da inappetenza nausea e vomito. Questi sintomi naturalmente, da soli, non costituiscono un campanello di allarme per questa patologia, rimanendo il prurito e l’ittero i principali segnali.
Colestasi intraepatica: i rischi per la mamma e il bambino
Il rischio principale legato a questa patologia riguarda la possibilità di parto prematuro, sofferenza fetale e morte improvvisa del feto a causa dei sali biliari in eccesso che passano attraverso la placenta. Inoltre la patologia aumenta il rischio di sanguinamento dell’utero nella fase post partum, fino a possibili serie emorragie.
Normalmente una donna colpita da colestasi epatica in gravidanza avrà un rischio ancora maggiore di svilupparla nuovamente nelle gravidanze successive.
Secondo alcuni studi recenti, fatti su più di 125.000 donne in stato interessante in Svezia, si è evidenziato come il rischio di sviluppare un cancro al fegato, malattie immunomediate o cardiocircolatorie, sia più elevato nelle donne che hanno sofferto di colestasi intraepatica in gravidanza.
Normalmente, dopo il parto, i valori epatobiliari della mamma si normalizzano ma pare che esse vengano predisposte maggiormente ad altre patologie: aumenta da 2,5% a 3,5% la possibilità di sviluppare un cancro al fegato o alle vie biliari, un rischio più alto del 30% di avere problemi alla tiroide, del 47% per quanto riguarda il diabete, del 27% per la psoriasi e ben il 55% di probabilità in più di essere colpiti dalla malattia di Crohn.
Per questo si raccomanda vivamente che le donne che hanno sofferto di colestasi intraepatica gravidica, anche in forma lieve, siano seguite fino a 6-12 settimane dopo il parto con test specifici della funzionalità epatica e, nel caso si presentino ancora anomalie, di essere seguite anche a lungo termine da uno specialista che sappia monitorare attentamente i possibili cambiamenti.
Secondo il Journal of Clinical Investigation, sembra dimostrato che i bambini nati da madri affette da colestasi intraepatica della gravidanza, possano maggiormente sviluppare la tendenza all’obesità durante la crescita e siano più a rischio di malattie metaboliche in età adulta. Probabilmente lo squilibrio della mamma compromette e si ripercuote poi su un’alterazione del metabolismo del bimbo.
Colestasi intraepatica gravidica: le cause
Non si conoscono esattamente le cause che fanno innescare questa anomalia gravidica nella mamma ma si presuppone che vi possano essere delle predisposizioni genetiche.
Si suppone anche che gli ormoni possano giocare un ruolo fondamentale per l’attivazione di questa patologia: possibilmente in alcuni casi i livelli ormonali durante la gravidanza aumentano a tal punto da non essere più gestibili dal fegato e facendo così salire i valori dei sali biliari.
Colestasi intraepatica: trattamento
La mamma a cui viene diagnosticata questa patologia dovrà essere attentamente monitorata e seguita dal medico durante tutta la gravidanza. Molto dipende dal grado di severità della patologia che può essere di lieve entità o ad alto rischio.
In ogni caso si verrà sottoposti a test di funzionalità epatica ogni una o due settimane e visite ed ecografie prenatali molto più frequenti della norma per monitorare l’avanzamento della gravidanza. Possono essere prescritte dal medico creme o lozioni adeguate per lenire il prurito e mantenere la pelle idratata. Anche farmaci per lo stesso scopo o per il miglioramento delle funzioni del fegato devono essere attentamente valutati e prescritti dal medico.
Viene di solito consigliata una dieta povera di grassi per aiutare il fegato, un’integrazione di vitamina K, docce fredde per lenire il prurito e l’uso di vestiti di cotone o tessuti naturali così come una maggiore assunzione di acqua.
Fonte: News-medical