Nella regione Campania è stato condotto uno Studio epidemiologico sullo stato di salute e sui livelli d’accumulo di contaminanti organici persistenti nel sangue e nel atte materno; la ricerca nota anche come SEBIOREC, ha considerato diversi gruppi di popolazione differentemente collocata sul territorio e in diverso modo esposti ai fattori inquinanti.
Lo studio nasce con lo scopo di considerare l’esistenza di un rischio per la salute determinato dalla esposizione ai rifiuti nella regione.
Il risultato scientifico raggiunto dal SEBIOREC è il seguente:
chi vive in prossimità dei luoghi di giacenza dell’immondizia ne porta le tracce nel sangue e nel latte materno, infatti la popolazione che conduce la propria esistenza nelle immediate vicinanze di sversatoi o discariche presenta nel proprio sangue e nel latte materno un incremento di agenti contaminanti.
Il livello di contaminazione ematica e del latte umano resta nei limiti della media, non supera i livelli di tollerabilità e quindi non esiste un pericolo immediato o in corso per la popolazione.
Ma l’esito complessivo della ricerca non può certo dirsi rassicurante.
Il SEBIOREC accerta l’esistenza di un pericolo inquinamento che pretende approfondimenti e piani di azione per ridurre rischi ulteriori e più gravi conseguenze per la salute. Non bisogna trascurare che lo studio ha articolato una indagine su campioni pool, ovvero, dati medi, ottenendo risultati di massima che comunque, già da soli, evidenziano un primo problema socio sanitario.
In Campania la popolazione convive con il grave disagio della gestione e dello smaltimento dei rifiuti, questo è un dato di fatto inequivocabile e tristemente noto: lo scorso Natale 3 mila tonnellate circa di immondizia “rovinavano la festa” napoletana e campana. Allora per rimuovere la spazzatura dalle strade intervenne persino l’esercito, lo fece a ridosso del capodanno, anche sotto la pressione del rischio di incendi che avrebbero potuto avere luogo a causa dei festeggiamenti per l’ultimo dell’anno.
Ad ispirare il SEBIOREC è stata proprio l’”Odissea rifiuti” che da anni vede nera protagonista la regione Campania.
Sin dai primi anni 2000 si impose la necessità di un monitoraggio del rapporto salute – immondizia, questa esigenza di approfondimento si affermò esattamente dopo la constatazione della presenza di livelli anomali di pericolosi contaminanti – diossine e policlorodibenzofurani (PCDF) – nel latte ovi-caprino, bovino, e bufalino in alcuni allevamenti campani.
Da allora in Campania molte sono state le indagini epidemiologiche volte ad accertare lo stato di salute della popolazione, le “condizioni di sicurezza” degli animali allevati e in diversi modi destinati alla produzione alimentare, nonché l’esposizione ai rischi di inquinamento delle coltivazioni.
Le ricerche e gli accertamenti, dunque, si sono mossi su tre canali di indagine: uomini, animali e vegetali. Questa vastità di approfondimenti si è resa necessaria in considerazione del fatto che il corpo umano dimostra di assorbire i fattori inquinanti in prima istanza attraverso il cibo, in altre parole il massimo rischio sanitario per la popolazione arriva dalla catena alimentare, quindi quest’ultima va monitorata con attenzione e lo Stato deve farsi carico di garantirne la “pulizia” e l’affidabilità. Spesso nella regione Campania si sono evidenziati problemi di rilievo riconducibili alle condizioni di degrado ambientale, in larga parte determinate dalla gestione dei rifiuti.
Nello specifico, lo studio SEBIOREC si è soffermato sulla valutazione delle concentrazioni nel sangue e nel latte umani delle seguenti sostanze :
- PCDD e PCDF;
- policlorobifenili (PCB);
- polibromodifenil eteri (PBDE, opzionali);
- i metalli pesanti arsenico (As, propriamente un metalloide), cadmio (Cd), mercurio (Hg), e piombo (Pb)
Queste sono tutte sostanze chimiche, inquinanti e pericolose;
hanno una portata nociva assai alta anche perché esse si caratterizzano per una elevata da stabilità chimico-fisica, una lunga capacità di permanenza ambientale, ed una marcata tossicità, riescono con facilità a contaminare terreno, vegetali, ed animali, entrando, quindi, nella catena alimentare sino ad arrivare all’uomo.
Lo studio SEBIOREC ha confermato che la maggiore esposizione della popolazione agli agenti inquinanti predetti aumenta il così detto body burden, ovvero Il carico inquinante corporeo.
Al momento i carichi inquinanti nel sangue e nel latte umano dei cittadini campani non superano i livelli di allarme, quindi la popolazione non è “contaminata” e allo stato attuale non si può parlare di una condizione di allarme sanitario.
Tuttavia, le sostanze considerate ed esaminate dallo studio SEBIOREC sono per loro natura altamente pericolose ed inquinanti, vanno considerate come “indesiderabili” in quanto potenzialmente pericolose per la salute umana.
È per questo che è pressante in Campani l’esigenza di una vera e concreta soluzione per la costante emergenza rifiuti
Lo studio tutto è stato condotto nel rispetto dei massimi standard qualitativi: l prelievi dei reperti stato effettuati dal personale addetto delle ASL delle Provincie di Napoli e Caserta.
Il programma di campionamento è stato realizzato tra Gennaio 2008 e Ottobre 2009. I reperti sono stati trasferiti all’Istituto Superiore di Sanità.
I soggetti campionati hanno rilasciato anche una intervista tramite questionario atto ad indagare le abitudini di vita e le condizioni ambientali, nonché a tracciare la storia medica dell’individuo e le sue abitudini alimentari.
Il latte umano campionato proveniva da neo mamme tra la quarta e ottava settimana dopo il parto.
Lo studio ha esaminato ben 840 soggetti diversificati per sesso, età e collocazione geografica.