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Beta Bloccanti in Gravidanza, Sì o No

di Alessandra Albanese

25 Febbraio 2015

 

Beta Bloccanti in gravidanza, sì o no

I betabloccanti sono una classe di farmaci utilizzati nelle patologie cardiache come ipertensione, aritmie, angina, infarto del miocardio o scompensi cardiaci.

Il nostro cuore è un organo che si muove (batte) senza un nostro preciso comando.

Esso viene regolato dal sistema nervoso simpatico.

Il sistema nervoso simpatico è una parte del sistema nervoso organizzato in cosiddetti gangli, e posizionato lungo la colonna vertebrale.

Da essi si diramano delle fibre che innervano alcune ghiandole e muscoli, i quali attraverso dei “neurotrasmettitori” (sostanze che veicolano informazioni fra le cellule del sistema nervoso,) come la noradrenalina e l’adrenalina controllano a loro volta la dilatazione di pupille, bronchi, arterie, vasi sanguigni, ghiandole salivari e ancora molte altre funzioni tra cui le contrazioni cardiache.

Questi neurotrasmettitori, interagiscono con dei recettori, ovvero molecole (proteine o altro) che divengono il bersaglio dei farmaci quando l’organismo necessita di un loro intervento.

In pratica il nostro cuore viene gestito da un meccanismo posto nella colonna vertebrale che attraverso delle sostanze veicolate da un intenso sistema di trasmissione batte regolarmente, e ci consente di fare quello che facciamo.

cuore 01

Quando il nostro cuore non funziona più bene, a causa di malattie sopra descritte, è necessario l’intervento questo gruppo di farmaci che attraverso complicate reazioni blocca questi recettori attraverso le varie molecole utilizzate (antiaritmici, antipertensivi e antianginosi) e consente all’organismo di riequilibrare il malfunzionamento.

In sintesi, quando il cuore soffre è a causa di neurotrasmettitori che inviano impulsi sbagliati. Avendo i neurotrasmettitori al loro interno una sorta di bersaglio (recettori β -beta-), i farmaci betabloccanti intervengono per “bloccare” appunto questo flusso e consentono al cuore di lavorare meglio

  • Come funzionano i betabloccanti?

La storia di questi farmaci inizia non molto tempo fa, nel 1962, quando il dottor James Black mise a punto una molecola, il propanolo, in grado bilanciare il flusso di beta-recettori e regolare il ritmo cardiaco.

Black ottenne poi il Nobel per la medicina nel 1988.

Dicevamo dunque che i recettori sono delle molecole oggetto di azione dei farmaci.

Nel caso del funzionamento cardiaco, quest’organo che viene azionato da ormoni neurotrasmettitori come la noradrenalina, può soffrire di un sovraccarico che si traduce appunto in aritmie, ipertensione fino ad infarto.

Questi farmaci inibiscono l’azione dei recettori e regolano in tal modo la contrattilità del muscolo e del suo battito.

cuore 02

I betabloccanti hanno anche influsso sulla vaso e bronco dilatazione grazie alla loro azione miorilassante (ovvero sui muscoli).

In questo modo il cuore pompa meno sangue in circolo ad ogni battito, con conseguente miglioramento di tutto il sistema.

Alcuni farmaci betabloccanti invece hanno azione chiamata simpaticomimetica.

Questo vuol dire che “imitano” il sistema simpatico e hanno un’azione positiva sulla contrattilità cardiaca.

I beta recettori principali oggetto dei betabloccanti si chiamano beta 1 e beta 2.

Di questi il primo è presente nei reni e nel cuore mentre il secondo regola fondamentalmente i muscoli vascolari.

A cosa servono i Betabloccanti

I farmaci betabloccanti possono essere selettivi, ovvero bloccare appunto l’uno o l’altro, mentre altre molecole non selettive legano un ampio spettro di recettori.

Oltre alle patologie cardiache questi farmaci hanno utilizzo anche in casi di ipertensione localizzata (glaucoma o emicranie) o in presenza di stati d’ansia o di panico, per ridurre alcuni sintomi come tachicardia, sudorazione o tremori.

cuore

Inoltre essi per molto tempo furono considerati di prima scelta per molte terapie, al punto che viste diverse controindicazioni (insorgenza di diabete) in alcuni paesi come la gran Bretagna, il governo ne limitò le indicazioni.

Le molecole messe a punto per l’inibizione dei recettori sono oggi molte (acebutolol, il atenolol, il bisoprolol, il carvedilolo, il celiprolol, il labetalol, il metoprololo, il natolol ecc.),e oltre che effetti sul cuore alcuni di essi hanno anche effetti su altri organi del nostro corpo.

Sui reni i betabloccanti esplicano un effetto antipertensivo bloccando la renina, un enzima secreto dai reni che interviene nella pressione arteriosa.

Effetti collaterali e reazioni avverse.

Come tutti i farmaci anche queste molecole hanno delle controindicazioni e degli effetti indesiderati.

Tra le reazioni avverse si possono riscontrare:

  • affaticamento
  • bradicardia
  • blocco atrio-ventricolare (in pazienti con preesistente disfunzione della conduzione)
  • bronco costrizione in pazienti affetti da BPCO o asma (per questi soggetti sarebbe opportuno utilizzare dei betabloccanti selettivi o con attività simpatico-mimetica intrinseca)
  • disfunzioni erettili
  • ipoglicemia (in pazienti diabetici)
  • diabete mellito
  • insonnia
  • allucinazioni
  • Vertigini
  • Estremità fredde

cuore 00

Inoltre la somministrazione codesti farmaci deve essere attentamente valutata quando si parla di pazienti con insufficienza cardiaca, pregresso blocco atrio-ventricolare, asma e BPCO.

I Betabloccanti in Gravidanza.

Come è risaputo, l’ipertensione durante la gravidanza causa spesso stati patologici sia nella mamma che nel feto, arrivando addirittura a determinare il rischio della stessa vita per ambedue.

Ciò nondimeno è importante sapere che i farmaci ipertensivi possono attraversare la placenta e arrivare al feto, causando possibili effetti avversi.

Proprio per questo motivo ogni indicazione medica deve essere attentamente valutata dallo specialista.

Soprattutto nei casi dei betabloccanti non simpatico-mimetici, studi scientifici avrebbero addirittura causato ritardo nello sviluppo intrauterino del feto (leggi l’articolo qui), ma altrettante ricerche (leggi qui) hanno escluso che questo possa accadere, soprattutto quando questi farmaci vengono assunti per un numero di settimane inferiore a 6, durante il terzo trimestre di gravidanza.

Purtroppo dati che escludono totalmente effetti avversi, in periodi di uso prolungato non esistono, se non nel caso dell’atenololo, beta-bloccante cardioselettivo, il cui uso all’inizio della gravidanza è vietato perché causa una riduzione del peso del feto significativa. (fonte San Raffaele).

In casi gravidanze con patologie cardiache che presuppongono l’uso di farmaci beta bloccanti, dunque si consiglia di:

  • Evitare farmaci durante il primo trimestre
  • Scegliere farmaci il cui utilizzo è ben sperimentato nel tempo
  • Ricordare che ogni farmaco può avere effetti avversi sulla madre e sul nascituro, e anche non contemporaneamente
  • Monitorare lo stato di salute della madre e del feto con costanza
  • Valutare gli effetti a lungo termine delle terapie (fonte: farmacovigilanza)

 

I farmaci betabloccanti si trovano in commercio sotto varie forme (capsule, soluzioni, colliri, iniezioni).

Essendo specifici per determinate patologie la loro prescrizione deve essere valutata da uno specialista e la somministrazione deve avvenire dietro stretto controllo medico.

In ultimo, alcune ricerche hanno appurato che i betabloccanti agiscono da protezione per il cuore in caso di trattamenti chemioterapici.

Questi farmaci dunque, sebbene avversati spesso dai pazienti e persino dai medici a causa della lunga lista di effetti collaterali e reazioni indesiderate, riducono ancora oggi in modo significativo la mortalita di pazienti affetti da insufficienze cardiache e restano così farmaci di prima linea contro malattie mortali.



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