Ciascuno di noi è una persona ed ogni persone è corpo ed anima.
Chiunque, infatti, dispone di un corpo fisico per muoversi nel mondo e, all’interno del corpo, possiede un anima capace di manifestare emozioni e sentimenti attraverso parole, sguardi, scelte e azioni.
Tanto il corpo quanto l’anima concorrono all’espressione del sé, sono cioè gli strumenti attraverso cui l’individuo, relazionandosi con i suoi simili, esprime il proprio universo interiore.
All’esterno la persona si presenta come un corpo caratterizzato da una struttura fisica precisa e sempre uguale: tutti abbiamo gambe, braccia, mani, occhi, orecchie, ecc.
La nostra fisicità materialmente e sostanzialmente è funzionale alla vita, alla relazione sociale, alla produttività (materiale ed emozionale) e alla procreazione.
All’interno la persona è un labirinto di emozioni che nella loro essenza primaria e originaria sono sempre le stesse e sono sempre uguali tra loro.
Dentro il nostro animo alberga l’amore e l’odio, la forza e la paura, il coraggio e la vigliaccheria, la rabbia e il perdono, l’aggressività e la dolcezza; nessun individuo è un assoluto ed “a nessuno manca qualche emozione!”
Da un punto di vista emozionale ciascuno di noi è un pianoforte con tutti i suoi tasti, la musica che il pianoforte produce sarà unica (non perché unico è lo strumento) ma perché uniche sono le dita che suonano la melodia della vita ed unico è il cuore che le ispira.
In psicologia si parte da un assunto (che potremmo dire quasi “estremo” se non scioccante):
dentro ogni persona c’è un potenziale assassino ma anche un potenziale santo.
A determinare l’emersione dell’io assassino o dell’io santo è l’individuo stesso attraverso la sua personale reazione agli stimoli della vita (ovvero a tutti gli accadimenti di carattere estrinseco ma capaci di avere una ricaduta diretta o indiretta nel quotidiano dell’individuo).
Ogni sentimento che l’uomo prova dipende non dall’oggetto su cui il sentimento ricade ma dall’uomo stesso e dalle energie che l’uomo raccoglie e concentra sull’oggetto in questione.
L’amore è un sentimento che ha un oggetto.
“Ti amo”, quando lo diciamo a qualcuno individuiamo nell’amore (amo) il sentimento e nella persona (Ti) l’oggetto della nostra emozione.
In realtà l’amore non è qualche cosa che promana direttamente dalla persona che abbiamo eletto a rappresentanza del nostro amore, quella persona, cioè, non è il nostro sole ma è la nostra stella!
Mi spiego: l’amore è un sentimento che alberga nell’anima di chiunque, per emergere ha bisogno di una larga ed articolata coincidenza di eventi e “fatalità” (empatia, affinità fisica, corrispondenza di azioni e interessi, cura, col tempo dialogo, confronto, rispetto, pazienza, ecc.). Quando viene fuori l’amore prende una direzione precisa che illumina ed inquadra colui o colei che ha stimolato il sentimento, ma in realtà l’amore è la reazione dell’io interiore a degli stimoli esterni, proviene, cioè, da noi e si riflette su chi amiamo.
In questo senso noi siamo il sole e colui che amiamo è la nostra stella, quell’astro che brilla riflettendo la luce “sparata” dal sole!
Quando l’amore è reciproco chi si ama è contemporaneamente sole e stella, sta in un rapporto di reciprocità affettiva con l’amato e, quindi, i soggetti attivi dell’amore si possono specchiare l’uno nei sentimenti dell’altro.
Spesso le liti più importanti, quelle più violente e più difficili da sanare sono causate proprio dall’inconsapevolezza di questo dato centrale dell’amore:
ciascuno di noi con i propri comportamenti è responsabile dell’amore dell’altro (sia esso partner o figlio), maggiore è il rispetto, la cura, la capacità di immedesimarsi nell’altro, più a lungo e più fulgidamente splenderà il sole che ci illumina e ci riscalda. E laddove quel sole dovesse spegnersi non potremo solo sentirci vittime del mancato amore ma sarebbe indispensabile assumere su se stessi un ruolo di responsabilità viva e vera, sentendosi anche causa del disagio, del disamore, della rottura o della ferita del sentimento.
L’altro non è la nostra emozione ma è lo schermo su cui proiettiamo le emozioni suscitate in noi dalla vita e le energie raccolte e nutrite dal nostro cuore.
Complici i legami affettivi, le aspirazioni ed i desideri l’amato può divenire elemento indispensabile dell’esistenza, cardine, fulcro e centro del vivere quotidiano.
L’altro, per quanto oggetto del nostro amore, non ci appartiene, è e resta “diverso, separato ed altro” da noi, individuo singolo e singolare.
In questo senso, considerata la specialità e la singolarità dell’alto, ciascuna donna e mamma per essere felice nella sua vita intima e personale deve considerare ed ammettere tre cose:
- l’amore di coppia “è una questione di responsabilità (reciproche)”
- i figli possono diventare, crescendo, “diversi” da come li abbiamo sempre desiderati
- la felicità non ammette invidia
L’amore di coppia “è una questione di responsabilità (reciproche)”
L’amore necessita sempre di una partecipazione attiva dei suoi protagonisti; nessuno, nemmeno chi per anni ha lavorato per la famiglia e per il suo benessere, può smettere di cooperare all’amore altrui e pretendere solo di ricevere. La regola della partecipazione all’amore vale in assoluto e per tutti, all’interno del rapporto familiare coinvolge persino i figli.
Quando la donna e l’uomo perdono di vista l’importanza della reciprocità l’affetto si trasforma in egoismo, diventa, cioè, una pretesa ad avere basata su una delega di responsabilità impossibile da sostenere.
Se si litiga per qualche cosa di non fatto, se si evidenzia nell’altro il “non compiuto”, il “non portato a termine” o la promessa non mantenuta probabilmente si sta innescando, all’interno della coppia, un pericoloso meccanismo di “deresponsabilizzazione” in forza del quale ciascuno vuole vedersi riconosciuto il ruolo di “vittima”. L’amore non comprende il vittimismo, non c’è un colpevole ma ci sono 2 complici.
Solo l’autocritica e la partecipazione alla cura dell’altro possono chiudere il pericoloso processo di accuse reciproche che si apre quando nella coppia i partner scaricano l’uno sull’altro le proprie responsabilità.
Il saggio dice guarda te stesso negli occhi di chi ami.
Per sanare i conflitti in amore e nella famiglia bisognerebbe guardare negli occhi dell’altro come dentro uno specchio pensando all’amato non come ad un antagonista ma come ad un alleato capace di fotografare non le nostre debolezze ma le nostre emozioni, scavando dentro il cuore laddove ci sono le risorse dell’amore.
I figli possono diventare, crescendo, “diversi” da come li abbiamo sempre desiderati
Il figlio non ci appartiene, nostro è solo l’amore per lui. Amare, però, vuol dire rispettare e rispettare significa ammettere che crescendo il nostro bambino sviluppi caratteri, gusti e passioni diverse da quelle che noi ci aspettavamo da lui o sognavamo per lui.
Il saggio dice gioisci non per quello che tuo figlio fa ma per la gioia che costruisce nel suo cuore.
La felicità non ammette invidia e questa è una regola generale che non può essere violata.
Spesso, camminando nel mondo, incontriamo persone ammirevoli, altre volte incontriamo individui riprovevoli. Il giudizio che nutriamo e\o esprimiamo sulla persone è il risultato della proiezione dei nostri sentimenti:
- ammiriamo le persone che fanno cose per noi mirabili e detestiamo quelle che fanno cose che giudichiamo non etiche, scorrette, cattive o brutte. Ma quando l’ammirazione diventa negativa e si traduce in invidia?
L’invidia nasce dalla cattiva stima di sé e si concretizza ogni qualvolta, dinnanzi ad una persona o ad una cosa mirabile l’individuo, pressato dalla frustrazione del “non essere”, del “non avere” e del “non riuscire”, scavalca l’ammirazione e scade nell’odio. L’invidi arriva quando il desiderio è tale da assottigliare la ragionevole considerazione delle cose liberando l’insoddisfazione.
In questo senso l’invidia porta a criticare, a deplorare, a sottolineare il negativo (o presunto tale); chi prova invidia tende, attraverso un processo di accusa e critica, a togliere valore all’altro e d’istinto si colloca in una posizione di antagonismo.
Il saggio dice non invidiare ma impara a fare ciò che non sai, osserva e imita, forgia la tua spada sul fuoco dell’altrui esperienza.
In definitiva nessuno è vittima delle sue emozioni ma tutti ne siamo responsabili.