Fino a che punto può arrivare la severità di un insegnante?
L’ambiente scolastico che dovrebbe supportare la funzione educativa della famiglia, non solo dal punto strettamente didattico e nozionistico ma anche formativo, si rivela una gabbia dove un povero bambino perde la vita strattonato e sbattuto su un muro.
Alcuni parlano anche di tragica fatalità ma senza dubbio l’atto di forza è accaduto realmente, sotto gli occhi di testimoni, e non può trovare nessuna ragionevole giustificazione.
La spiegazione addotta a tale comportamento suona ancora di più una beffa triste e quanto mai sgradevole, visto che la furia del preside, protagonista della storia, sembra essersi innescata per il mancato pagamento della retta scolastica in una scuola indiana di Bareilly, nell’Uttar Pradesh.
Sembra infatti che la famiglia del bambino fosse in ritardo di due mesi con i pagamenti.
Una causa materiale che, se accertata, renderebbe l’accaduto ancora più tragico e insensato, un accanimento che davvero lascia senza parole e con un’amarezza che cede il passo anche alla rabbia.
Araj, un bimbo di soli sette anni sembra che fosse stato redarguito dal preside anche per non aver fatto i suoi compiti, il colpo contro il muro sembra essere stato fatale: il povero piccolo ha perso coscienza e iniziato a sanguinare dal naso secondo le testimonianze di alcuni presenti e i racconti tutti concordi citati dai media locali.
Possiamo solo immaginare lo sguardo di Araj di fronte ai rimproveri, alle urla e al gesto violento del preside, le ultime immagini che questi occhi pieni di vita hanno dovuto sopportare di vedere.
L’amministrazione ha immediatamente chiamato i soccorsi e il bimbo è stato trasportato in ospedale in ambulanza. E’ stato presto raggiunto dai suoi genitori avvertiti di venire a prendere Araj perché non si era sentito bene ma purtroppo l’epilogo è stato molto più tragico: Araj non ha più ripreso coscienza.
Secondo la NDT, New Dehli Television e la CNN – Indian Broadcasting Network sarebbe addirittura morto lungo il tragitto in ambulanza, trasportato dall’ospedale locale ad uno più attrezzato a 45 chilometri da Bareilly.
Nel piccolo villaggio di Nankara, dove il bambino viveva, è in corso una piccola rivoluzione civile, la gente si è asserragliata davanti al commissariato di polizia per chiedere l’immediato arresto ed incarcerazione del preside che è stato denunciato ma, per ora, risulterebbe solo indagato, in attesa di verificare tutti i fatti presumibilmente accaduti.
Il medico legale ha accertato che la causa della morte sono state le gravi ferite riportate alla testa.
Queste immagini sembrano lontane, impossibili da concepire ma i fatti anche più vicini a noi, hanno dimostrato che a volte possono essere crudelmente reali.
Se è pur vero che spesso la scuola dà segni di eccessivo lassismo rispetto ai tempi passati e che qualcuno può dirsi nostalgico di un rispetto che spesso si è andato perdendo, di una certa disciplina che poteva dare qualche frutto, questo non ha nulla a che vedere con un atteggiamento di questo tipo, con una violenza che non può in alcun modo trovare un senso ed è assolutamente da disprezzare in modo assoluto.
Sono molti i genitori che chiedono l’uso delle telecamere negli istituti scolastici, soprattutto negli asili dove i bambini hanno meno possibilità di trasmettere i fatti, vengono meno creduti o semplicemente non riescono a raccontare in modo coerente ed attendibile ciò che succede.
Potrebbe senza dubbio essere un deterrente auspicabile visto che il buon senso e lo spirito del lavoro di insegnante che dovrebbe essere stato ispirato dalla propria passione, oltre che l’appartenenza al genere umano, considerata specie intelligente e dotata di compassione, sembra non servano a molto in certi casi.
Fonte: Indiantoday, Ndt, CNN-Ibn